La Nuova Sardegna

“Chiedo scusa”, un film sulla voglia di sopravvivere

di Fabio Canessa
“Chiedo scusa”, un film sulla voglia di sopravvivere

Francesco Piras parla del suo prossimo lavoro Storia tratta dal romanzo di Abate e Mastandrea

17 gennaio 2017
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Il regalo di Natale è arrivato con qualche giorno di ritardo, ma è di quelli che segnano un momento importante. Con la pubblicazione a fine dicembre delle graduatorie relative ai bandi per lo sviluppo del cinema in Sardegna, e il primo posto tra i lungometraggi d’esordio assegnato al progetto del regista Francesco Piras, è nato un film: “Chiedo scusa”, adattamento cinematografico dell'omonimo libro scritto da Francesco Abate insieme a Saverio Mastrofranco (pseudonimo di Valerio Mastandrea) e pubblicato da Einaudi.

Romanzo autobiografico dello scrittore e giornalista cagliaritano che ruota intorno a un momento particolare della sua vita, il trapianto di fegato. Un film che muove ora i primi passi concreti. Una creatura ancora fragile, ma che può contare su basi importanti. Il contributo regionale arriva infatti dopo la presentazione del progetto con un produttore come la Partner Media Investment di Andrea Stucovitz, già dietro a film come “Michel Petrucciani. Body and Soul” di Michael Radford e al nuovo lavoro, al momento in fase di post-produzione, di Andrea Pallaoro che qualche anno fa con il suo esordio “Medeas” aveva incantato la critica. «E poi – aggiunge Francesco Piras – sento un vero interesse collettivo, il sostegno di tante persone che si sono appassionate all'iniziativa di trasformare un libro molto amato come “Chiedo scusa” in un film».

Ma quando ha pensato la prima volta all'idea di fare un film dal libro?

«Avevo letto il libro all’uscita ed era stata una forte emozione. Anni dopo l’ho riletto e come un’illuminazione ho pensato che quella storia doveva diventare un film. Ho sentito Abate, che già conoscevo, e mi ha detto che i diritti si erano liberati. Ho quindi acquistato personalmente l’opzione del libro e poi ho iniziato a lavorare alla sceneggiatura, con lo stesso Francesco Abate».

È stato difficile completare la stesura della sceneggiatura?

«Per me è un libro scritto per immagini, per essere girato. C’è un protagonista, Valter, che è straordinario, ma è accompagnato nel suo percorso da una serie di personaggi che una volta entrati in scena hanno un ruolo chiave. Valter affronta una specie di viaggio dantesco e il suo cammino è costellato di incontri, ognuno dei quali ha il ruolo preciso di condurlo verso la strada della guarigione ma anche verso una nuova coscienza, un nuovo sguardo sulla vita e sul mondo».

Come avete lavorato con Francesco Abate?

«Prima di tutto c’è stato un momento principale di dialogo, con il quale abbiamo cominciato a parlare del film e del modo in cui pensavo di girarlo. Poi è iniziato il lavoro di trasposizione, da romanzo a sceneggiatura. Scrittura che ha le sue peculiarità. Quindi l’esigenza di spostare alcuni pesi del racconto e cambiare l’ordine delle carte per costruire una drammaturgia adatta. Questo però mantenendo una coerenza con il libro».

È entrato anche Valerio Mastandrea in questa fase di scrittura?

«Nella sceneggiatura no. Però c’è una piena adesione al progetto. Penso sia perfetto per il ruolo. Anche se non fosse stato coinvolto nella scrittura del libro, per la sua fisicità è il protagonista naturale».

Avete già pensato ad altri interpreti?

«Il casting sarà un momento fondamentale. Accanto al protagonista principale ci sono davvero tanti personaggi secondari, ma importanti. Coinvolgeremo sicuramente molti attori sardi».

Dove sarà girato il film?

«A parte una piccola parte in un Paese dell’Europa orientale, per la quale abbiamo già una bozza di accordo definita con una società di produzione estera, il resto sarà tutto girato a Cagliari. Il percorso del protagonista è profondamente legato ai luoghi in cui è nato e cresciuto. Il Poetto non costituisce soltanto lo scenario dove si verificano i fatti, ma anche la culla culturale all’interno della quale si sviluppa la personalità di Valter. Le giornate in ospedale si alterneranno così alla realtà piena di vita di quella spiaggia dove la società si mischia, dove l’avvocato e il disoccupato sono uguali».

Il mare quindi avrà un ruolo importante?

«Il protagonista nasce in una famiglia che ha un legame profondo con il mare. Una delle scene iniziali del film sarà il battesimo di Valter che nemmeno a un anno viene buttato in acqua e deve tornare a galla da solo, secondo una tradizione familiare. Un battesimo che condensa il concetto fondamentale della storia, cioè l’istinto alla sopravvivenza. Quell’istinto che porta Valter ad accettare il percorso del trapianto esattamente con la stessa forza con la quale da bambino, in piena incoscienza, cerca di tornare in superficie».

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