Un’app per vedere Tharros in 3D
di Pietro Marongiu
Presentato e testato ieri a Cabras il progetto dell’Università di Bologna
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CABRAS. A breve sarà sufficiente scaricare una semplice applicazione sullo smartphone per rendersi conto, attraverso la ricostruzione in 3D, di come fosse la città di Tharros nel periodo punico e romano. Tutto questo grazie a un dispositivo capace di aumentare la realtà attuale del sito presentato ieri mattina da Anna Chiara Fariselli, professoressa associata di archeologia fenicio punica e Michele Silani, docente a contratto di archeologia delle città romane, entrambi dell’Università di Bologna.
Il dispositivo, testato ieri per la prima volta, si compone solo di un visore, realizzato con materiale economico, purché sia in grado di ospitare uno smartphone. Il sistema consente di vedere la ricostruzione verosimile di una tomba a camera, come doveva essere nel settimo secolo a. C., al cui interno sono visibili il defunto avvolto nel sudario e il suo corredo funerario. Il progetto messo a punto dall’Ateneo bolognese, realizzato rigorosamente con metodo e finalità scientifica, ha preso il via circa cinque anni fa. «L’obiettivo primario – ha spiegato Anna Chiara Fariselli – è quello di cristallizzare la situazione del sito così come è adesso, e valorizzarlo ulteriormente e renderlo fruibile ai visitatori non in grado di percorrere tutta l’area. Ma soprattutto preservarlo dai rischi dovuti da una presenza troppa elevata. Con questa ricostruzione tridimensionale vogliamo mettere a parte tutti di ciò che abbiamo rinvenuto nelle aree indagate e fornire, attraverso i dati storici in nostro possesso, delle ricostruzioni di quelli che dovevano essere i corredi e i rivestimenti sepolcrali». Il progetto è esteso a tutta l’area archeologica, ma al momento la zona interessata è quella rivolta verso il mare aperto. Quella cioè maggiormente interessata all’azione erosiva del terreno. Nella necropoli meridionale, estesa per diversi ettari della collina di Capo San Marco, sono state rinvenute centinaia di tombe. «In quell’area – spiega ancora Fariselli – , probabilmente, venivano tumulati personaggi importanti riconducibili all’elite della colonia cartaginese insediatasi nell’area».
I fondi necessari per la realizzazione del progetto, compreso l’acquisto dei visori, sono stati messi a disposizione dall’Università di Bologna. Michele Silani è l’archeologo che si è occupato della ricostruzione degli ambienti in 3D, sulla base dei dati scientifici disponibili.
Il dispositivo, testato ieri per la prima volta, si compone solo di un visore, realizzato con materiale economico, purché sia in grado di ospitare uno smartphone. Il sistema consente di vedere la ricostruzione verosimile di una tomba a camera, come doveva essere nel settimo secolo a. C., al cui interno sono visibili il defunto avvolto nel sudario e il suo corredo funerario. Il progetto messo a punto dall’Ateneo bolognese, realizzato rigorosamente con metodo e finalità scientifica, ha preso il via circa cinque anni fa. «L’obiettivo primario – ha spiegato Anna Chiara Fariselli – è quello di cristallizzare la situazione del sito così come è adesso, e valorizzarlo ulteriormente e renderlo fruibile ai visitatori non in grado di percorrere tutta l’area. Ma soprattutto preservarlo dai rischi dovuti da una presenza troppa elevata. Con questa ricostruzione tridimensionale vogliamo mettere a parte tutti di ciò che abbiamo rinvenuto nelle aree indagate e fornire, attraverso i dati storici in nostro possesso, delle ricostruzioni di quelli che dovevano essere i corredi e i rivestimenti sepolcrali». Il progetto è esteso a tutta l’area archeologica, ma al momento la zona interessata è quella rivolta verso il mare aperto. Quella cioè maggiormente interessata all’azione erosiva del terreno. Nella necropoli meridionale, estesa per diversi ettari della collina di Capo San Marco, sono state rinvenute centinaia di tombe. «In quell’area – spiega ancora Fariselli – , probabilmente, venivano tumulati personaggi importanti riconducibili all’elite della colonia cartaginese insediatasi nell’area».
I fondi necessari per la realizzazione del progetto, compreso l’acquisto dei visori, sono stati messi a disposizione dall’Università di Bologna. Michele Silani è l’archeologo che si è occupato della ricostruzione degli ambienti in 3D, sulla base dei dati scientifici disponibili.