Culurgionis: è pasta ricamata non semplici ravioli
di Giusy Ferreli
Il disciplinare e l’indicazione geografica mettono d’accordo tutti
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Non chiamateli ravioli. I “culurgionis”, la tipica pasta fresca ripiena dell’Ogliastra, sono qualcosa di più: sono la sintesi perfetta di un territorio che ha fatto della sua tradizione agricola una carta vincente. E trasformato materie prime povere come le patate e il formaggio in un piccolo capolavoro di gusto, capolavoro che da qualche tempo può fregiarsi anche del marchio Igp (Indicazione geografica protetta).
Un traguardo raggiunto dopo tanti anni e non senza difficoltà grazie alla battaglia condotta dal comitato per l’ottenimento del marchio che a breve, assolto il suo compito, si trasformerà nel Consorzio di tutela del “culurgione” ogliastrino. Le materie prime sono identiche ovunque: per la pasta si utilizza la semola di grano duro e farina di grano tenero, sale, acqua ed una componente grassa che può essere strutto, burro o olio extravergine d’oliva. Patate e formaggio per il ripieno. Con l’aggiunta di menta, aglio, cipolla e basilico a seconda delle varianti. Sebbene il disciplinare sia rigidissimo le gustose varianti non mancano e rappresentano le mille sfumature del gusto. Depositarie dei segreti della pasta, sottile ma non troppo, così da impedire che si rompa durante la cottura, del ripieno, che deve raggiungere l’ equilibro perfetto tra i diversi componenti, e della chiusura a spiga, fatta rigorosamente a mano, sono le donne più anziane che tramandano di generazione in generazione le ricette di casa. A Barisardo zia Grazia Angius, 90 anni a settembre, ancora dispensa consigli e chiude le sue piccole opere d’arte con straordinaria velocità e accuratezza. Ed è soprattutto grazie ai suoi insegnamenti se il figlio, Vito Arra, che ha preso in mano l’azienda agricola di famiglia, ha avuto la felice intuizione di avviare un laboratorio per la produzione della pasta fresca e, da produttore, di guidare il comitato per l’Igp.
«Il segreto sta nella qualità degli ingredienti» racconta mentre si concentra sull’esecuzione del “ricamo” che chiude il “culurgione” con a fianco sua nipote Stefania alla quale ha tramandato la ricetta bariese. «A Bari Sardo – spiega – si usa l’aglio che va tolto dopo averlo fatto soffriggere. Il formaggio deve essere di ottima qualità: io ne metto anche tre tipi diversi». A casa il formaggio non mancava. «Questo – racconta – mi permetteva di fare “culurgionis” non solo per le feste comandate ma molto più spesso». Per il condimento zia Grazia non si discosta dalla tradizione ogliastrina che vuole il gustoso primo piatto velato da un sugo leggero con pomodori (meglio se freschi) e basilico. Una proposta altrettanto gustosa è quella dei “culurgionis incasaus” che vengono scolati e passati a più riprese nel formaggio. Basta spostarsi di qualche chilometro, a Tortolì, per gustare un’altra variante. C’è sempre il soffritto ma al posto dell’aglio si usano le cipolle. Ad Arzana, centro dell’entroterra, il ripieno, quasi una crema, è composto da patate, formaggio e appena un sentore d’aglio. A Villagrande l’impasto per i “culurgionis”, che vengono serviti anche arrosto, è praticamente lo stesso di quello arzanese: patate, diversi tipi di formaggio e aglio ma qui si aggiunge il basilico. Il disciplinare concede piccole licenze anche su forme e dimensioni. A Talana, dove il ripieno è quello tipico dei paesi montani, la forma è a borsetta e si discosta leggermente dagli altri paesi. Per ciò che riguarda le dimensioni queste sono variabili. Se in alcuni comuni i “culurgionis” sono piccoli e se ne possono mangiare tranquillamente una dozzina, Urzulei riserva una sorpresa: sono molto più grandi. L’areale di produzione dell’Igp racchiude l’intera Ogliastra (Arzana, Bari Sardo, Baunei, Cardedu, Elini, Gairo, Girasole, Ilbono, Jerzu, Lanusei, Loceri, Lotzorai, Osini, Perdasdefogu, Seui, Talana, Tertenia, Tortolì, Triei, Ulassai, Urzulei, Ussassai, Villagrande Strisaili) ma per tradizione consolidata ci sono alcuni comuni della provincia di Cagliari: Esterzili, Sadali ed Escalaplano.
Un traguardo raggiunto dopo tanti anni e non senza difficoltà grazie alla battaglia condotta dal comitato per l’ottenimento del marchio che a breve, assolto il suo compito, si trasformerà nel Consorzio di tutela del “culurgione” ogliastrino. Le materie prime sono identiche ovunque: per la pasta si utilizza la semola di grano duro e farina di grano tenero, sale, acqua ed una componente grassa che può essere strutto, burro o olio extravergine d’oliva. Patate e formaggio per il ripieno. Con l’aggiunta di menta, aglio, cipolla e basilico a seconda delle varianti. Sebbene il disciplinare sia rigidissimo le gustose varianti non mancano e rappresentano le mille sfumature del gusto. Depositarie dei segreti della pasta, sottile ma non troppo, così da impedire che si rompa durante la cottura, del ripieno, che deve raggiungere l’ equilibro perfetto tra i diversi componenti, e della chiusura a spiga, fatta rigorosamente a mano, sono le donne più anziane che tramandano di generazione in generazione le ricette di casa. A Barisardo zia Grazia Angius, 90 anni a settembre, ancora dispensa consigli e chiude le sue piccole opere d’arte con straordinaria velocità e accuratezza. Ed è soprattutto grazie ai suoi insegnamenti se il figlio, Vito Arra, che ha preso in mano l’azienda agricola di famiglia, ha avuto la felice intuizione di avviare un laboratorio per la produzione della pasta fresca e, da produttore, di guidare il comitato per l’Igp.
«Il segreto sta nella qualità degli ingredienti» racconta mentre si concentra sull’esecuzione del “ricamo” che chiude il “culurgione” con a fianco sua nipote Stefania alla quale ha tramandato la ricetta bariese. «A Bari Sardo – spiega – si usa l’aglio che va tolto dopo averlo fatto soffriggere. Il formaggio deve essere di ottima qualità: io ne metto anche tre tipi diversi». A casa il formaggio non mancava. «Questo – racconta – mi permetteva di fare “culurgionis” non solo per le feste comandate ma molto più spesso». Per il condimento zia Grazia non si discosta dalla tradizione ogliastrina che vuole il gustoso primo piatto velato da un sugo leggero con pomodori (meglio se freschi) e basilico. Una proposta altrettanto gustosa è quella dei “culurgionis incasaus” che vengono scolati e passati a più riprese nel formaggio. Basta spostarsi di qualche chilometro, a Tortolì, per gustare un’altra variante. C’è sempre il soffritto ma al posto dell’aglio si usano le cipolle. Ad Arzana, centro dell’entroterra, il ripieno, quasi una crema, è composto da patate, formaggio e appena un sentore d’aglio. A Villagrande l’impasto per i “culurgionis”, che vengono serviti anche arrosto, è praticamente lo stesso di quello arzanese: patate, diversi tipi di formaggio e aglio ma qui si aggiunge il basilico. Il disciplinare concede piccole licenze anche su forme e dimensioni. A Talana, dove il ripieno è quello tipico dei paesi montani, la forma è a borsetta e si discosta leggermente dagli altri paesi. Per ciò che riguarda le dimensioni queste sono variabili. Se in alcuni comuni i “culurgionis” sono piccoli e se ne possono mangiare tranquillamente una dozzina, Urzulei riserva una sorpresa: sono molto più grandi. L’areale di produzione dell’Igp racchiude l’intera Ogliastra (Arzana, Bari Sardo, Baunei, Cardedu, Elini, Gairo, Girasole, Ilbono, Jerzu, Lanusei, Loceri, Lotzorai, Osini, Perdasdefogu, Seui, Talana, Tertenia, Tortolì, Triei, Ulassai, Urzulei, Ussassai, Villagrande Strisaili) ma per tradizione consolidata ci sono alcuni comuni della provincia di Cagliari: Esterzili, Sadali ed Escalaplano.