La Nuova Sardegna

La vicenda triste ed esemplare della scrittrice Irène Némirovsky

La vicenda triste ed esemplare della scrittrice Irène Némirovsky

La vicenda di Irène Némirovsky, dentro il secolo cosiddetto breve, resta emblematica e singolare. Emblematica: perché riassume in sé molte situazioni e vicissitudini che furono propri, in quegli anni...

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La vicenda di Irène Némirovsky, dentro il secolo cosiddetto breve, resta emblematica e singolare. Emblematica: perché riassume in sé molte situazioni e vicissitudini che furono propri, in quegli anni terribili, di tanti altri scrittori.

Nata l’11 febbraio 1903 a Kiev, in Ucraina, da una ricca famiglia di origini ebraiche (il padre è banchiere), si trasferisce in Russia, da dove è costretta a fuggire, nel 1918, a causa della rivoluzione bolscevica, proprio come Nabokov, prima in Finlandia, poi in Svezia, quindi in Francia. E come Nabokov si troverà a scrivere i suoi libri in una lingua non sua: quel francese che aveva appreso dall’amatissima tutrice, Zézelle, la quale, a Pietroburgo, licenziata dall’anaffettiva e fatua madre, Fanny Margoulis in Némirovsky, si suiciderà. Arrestata dalla guardia nazionale francese il 13 luglio 1942 in quanto ebrea, nonostante la conversione al cattolicesimo di tre anni prima, morirà poco più d’un mese dopo ad Auschwitz, pare di tifo. Singolare: perché, in un’esistenza che si bruciò velocemente, riuscì a scrivere 16 romanzi, una biografia e altri tre scritti più brevi tutti dedicati a Čechov, molti racconti e alcune sceneggiature. Arrivano ora, per l’editore Theoria, in due volumi, Tutti i racconti. Da leggere.

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