La Nuova Sardegna

il cervello vetrificato di ercolano 

«Dentro il teschio frammenti brillanti»

L’antropologo Petrone spiega come si è arrivati alla scoperta

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ERCOLANO. Il custode della Casa degli Augustali, il cui cervello ha restituito frammenti di vetro, era completamente carbonizzato, il corpo inglobato in una sostanza solida dall'aspetto spugnoso. Prono, a faccia in giù nel suo letto, forse dormiva, quando all'improvviso fu raggiunto dalla nube ardente che avvolse la città di Ercolano e la seppellì di ceneri e lapilli nel 79 d.C. A svelare i dettagli della scoperta è l'antropologo Pier Paolo Petrone, primo autore dello studio pubblicato sulla rivista medica The New England Journal of Medicine. Petrone racconta le fasi della scoperta: «Nel corso degli anni mani ignote avevano sottratto parte della calotta cranica e, nel togliere la cenere vulcanica, ho potuto osservare l’interno del cranio. In tal modo ho notato al suo interno dei frammenti neri, vetrosi che scintillavano. Dopo averne raccolto un frammento e averlo osservato ho pensato che non poteva trattarsi che dei resti vetrificati del cervello anche perché nel corpo non ve ne era traccia, e nel sito neanche». Tuttavia, andava dimostrato che si trattasse davvero di resti di cervello. In seguito, Petrone ha coinvolto il laboratorio del Ceinge rivelando acidi grassi tipici dei trigliceridi del cervello e dei capelli umani. A quel punto Petrone ha sottomesso i risultati della ricerca alla rivista scientifica che però ha chiesto ulteriori approfondimenti.

«Ci hanno risposto che i risultati presentati non erano sufficienti in quanto questo genere di grassi si possono trovare anche nei tessuti animali e vegetali anche se, come ho poi chiarito - dice Petrone –, in quel sito erano del tutto assenti. Mi serviva qualcosa di definitivo e così le ulteriori analisi hanno evidenziato sette enzimi altamente rappresentati in tutti i tessuti cerebrali umani come amigdala, ipotalamo, corteccia frontale».

Dunque, non vi erano più dubbi che si trattasse di cervello vetrificato. «La vetrificazione è un effetto dell’esposizione ad elevata temperatura seguita da un rapido raffreddamento» dice. «È la prima volta in assoluto che si trovano resti di cervello vetrificati. Il processo di vetrificazione, come abbiamo dimostrato, anche dopo duemila anni può lasciare intatte tracce biologiche». Infine, altro dato importante: «Le analisi che abbiamo svolto a Roma 3 con il prof. Guido Giordano hanno stabilito una temperatura sui legni rinvenuti tra 480 e 520 gradi centigradi».

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