La Nuova Sardegna

«Senza conflitto non c’è democrazia»

«Senza conflitto non c’è democrazia»

Come uscire dal tunnel della crisi: l’economista parla del suo nuovo libro, “Disuguaglianze Conflitto Sviluppo”

02 gennaio 2022
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Parlando dalla sua casa romana al Ghetto («ci abito da quarant'anni»), l'economista Fabrizio Barca mette l'accento sulla parola conflitto che oggi latita assai nella accomodante politica italiana. La denuncia parte dal titolo del libro “Disuguaglianze Conflitto Sviluppo” con un sottotitolo eloquente: “La sinistra e il partito che non c'è” (Donzelli, pagine 199, euro 15). Tre parole in maiuscolo, niente virgole, una parola tira l'altra e tutte si tengono.

«Conflitto sta bel nel mezzo proprio per trovare la soluzione ai drammi che oggi si chiamano disuguaglianze crescenti e lo sviluppo che proprio non si vede. Viviamo tra ingiustizie sociali. Le soluzioni – certo difficili – si trovano col conflitto acceso: le aspirazioni, i saperi si diffondono solo col dibattito. Siamo invece davanti al nulla politico sui grandi temi: è misteriosa la mobilità dei capitali, la necessaria transizione digitale è una babele, il controllo delle conoscenze è concentrato in poche mani. Regaliamo milioni o miliardi di nostri dati e non li governiamo, la nostra vita è nei data base di poche grandi imprese. Il digitale non è al servizio dei cittadini, è al servizio dei big della finanza. E i governi tacciono».

Dirigente della Banca d'Italia, studi tra Cambridge e King's College, presidente del Comitato Ocse per le politiche territoriali, ministro nel governo di Mario Monti, docente in atenei italiani e francesi, Fabrizio Barca coordina oggi il Forum Disuguaglianze e Diversità. Il libro è un dialogo con Fulvio Lorefice, docente all'università di Bologna. Si cita il caso della United States Steel Corporation che aveva chiuso i suoi impianti lasciando migliaia di famiglie sul lastrico, furono rivendicati i doveri delle imprese verso i propri dipendenti, verso la società. Ma non vinsero la battaglia.

Vediamo una macroscopica, terrificante disuguaglianza: c'è chi col lavoro degli operai specula e realizza profitti a Wall Street e chi nel lavoro trova la morte.

«Quanto sta succedendo in questi mesi nei cantieri grandi e piccoli italiani è terrificante. Né si trova una soluzione. Proprio perché manca il conflitto, cioè il confronto dialettico, non si va al nodo dei problemi, si dimentica dell'articolo 3 della Costituzione, le ingiustizie esplodono. È un'ingiustizia la condizione delle donne, la loro discriminazione perenne. La massima delle ingiustizie sta poi nell'accesso ai vaccini: noi occidentali garantiti a parte le follie dei no-vax. E in Africa? In Asia? Siamo all'idiozia pura».

Lei scrive che manca una visione globale della realtà. davanti ai guai dell'oggi non si vede né ragion pura né ragion pratica. viviamo tra slogan e frasi fatte.

«Si evoca un pretestuoso principio di realtà. Quasi con rassegnazione. Si dice: sì, è certo che manca il lavoro, ma come possiamo crearlo davanti alla globalizzazione? Quale futuro ha oggi la nostra industria? Non si hanno risposte perché non c'è dialogo. Per stare ai giorni nostri in Italia: non possiamo prevedere se una gru regge o se crolla? Non possiamo sapere se un ponte sopporta il traffico? Non si va alla base delle cose. C'è più chiacchiericcio che analisi. E così si è vittime di un reality, di una fiction infinita. Subentra la sfiducia nel non poter fare le cose necessarie».

Mancano i leader che portino a sintesi queste esigenze.

«I leader nascono quando si discute, se uno prevale con la forza del ragionamento. Oggi dov'è la discussione? Nei talk show? Tranne rarissime eccezioni, non ci sono leadership. Emergono qua e là capi solitari, temporanei, si consumano come candele, pian piano si spengono e svaniscono. Succede perché alla base non c'è uno studio serio e una conoscenza globale dei problemi della società contemporanea. Inoltre: gli attuali cosiddetti leader parlottano fra loro. I dirigenti dei partiti vivono in una bolla, vedono sempre se stessi, è come si parlassero allo specchio. Sfugge la realtà: di chi è senza lavoro, di un ricercatore universitario in balia di assegni da elemosina, di una scuola popolata da demotivati tra docenti e studenti, una sanità che di pubblico ormai ha pochissimo perché tutto è delegato ai privati. Si potrebbe continuare perché la lista d'attesa è davvero lunghissima. C'è – irrisolto – un contenzioso di cose non affrontate da decenni. La famiglia? La denatalità? I trasporti? Si fanno discorsi infiocchettati ma non si è pronti a scelte radicali».

Dal testo emerge che anche chi è oggi al comando non ha un un linguaggio capace di catalizzare consensi tra i cittadini.

«Verissimo. L'assenza soprattutto a sinistra di un linguaggio mirato, di una comunicazione efficace, la si avverte tutti i giorni. Ciò rovina spesso buone idee che vengono mal narrate, mal proposte. Anche la comunicazione – soprattutto in questa fase – è un'arte, non si può improvvisare e usare frasi spot. Qualche dirigente capace c'è, c'è chi studia, chi sa portare a sintesi ragion pura e ragion pratica. Ma viene tenuto in disparte».

Che cosa non fanno in particolare i dirigenti dei partiti di oggi?

«Non è un male solo italiano. Si è a corto di un pensiero strategico. E poi non si vuol trasferire il potere ai giovani. Guardiamo la tivù e sentiamo parlare sempre le stesse persone, in questo caso in particolare nelle destre populiste. Soluzioni? Si fanno regalie ma non si codificano diritti. Insomma: manca una visione che sappia precedere e accompagnare l’azione politica. Manca perché non si discute. Senza discussione non c'è conflitto. E tutto ristagna».

La sinistra italiana ha rimosso dal suo pantheon i nomi di Antonio Gramsci ed Enrico Berlinguer. Nessuno, da anni, li cita. Perché?

«Semplicemente inspiegabile. È grave la rimozione di Berlinguer – l'ultimo leader – che aveva capito il valore della questione morale e la necessità di rinnovare le classi dirigenti, liberando il partito da uomini da politburo resistente. È ridicola la rimozione di Gramsci che oggi nel mondo è una guida per antropologi, economisti, sociologi, perfino per biologi ed ecologisti. Rimozione assurda, avvenuta quando la sinistra si è suicidata ritenendo che fosse una vergogna citare anche Botteghe Oscure. Oggi Gramsci ritorna per la sua visione politica ma anche per la sua umanità che era stata messa in disparte. Gramsci è sempre più attuale, sempre citato, tra Cambridge e Oxford, da Anthony Atkinson, uno dei fari del Forum Disuguaglianze e Diversità».

Nel 1984 suo padre, Luciano, aveva scritto un libro dal titolo “L'economia della corruzione”. Aveva la sfera di vetro?

«Stava dentro la società di quegli anni, gli anni nei quali Enrico Berlinguer denunciava, con dissensi anche nel Pci, la questione morale. Capiva che la corruzione era figlia del venir meno di sani principi etici, non era degenerazione di pochi ma la causa del malessere politico».

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