La Nuova Sardegna

Intervista con Barbara Bouchet: «Musa di Tarantino, icona dei film sexy e disastro ai fornelli»

di Alessandro Pirina
Intervista con Barbara Bouchet: «Musa di Tarantino, icona dei film sexy e disastro ai fornelli»

L’attrice madrina al Lovers di Torino si racconta: «Ho lasciato Hollywood per l’Italia: mai pentita»

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Icona della commedia sexy, musa di Tarantino, signora del fitness, mamma di Alessandro Borghese. Quante tappe nella vita artistica di Barbara Bouchet, che a 78 anni si trova ora a Torino madrina del Lovers film festival diretto da Vladimir Luxuria. Un altro ruolo da aggiungere alla lunga carriera iniziata in Germania, proseguita a Hollywood e Cinecittà, diventando una star del cinema nostrano anni Settanta e Ottanta. Con puntate in tv nella Canale 5 degli esordi. E oggi i registi continuano a contendersela, da Scorsese a Checco Zalone.

Signora Bouchet, com’è diventata madrina del più antico festival Lgbt italiano?
«Con Vladimir ci siamo incontrate alla stazione e mi ha detto: “ho un’idea: vieni a Torino come madrina del festival”. E io ho accettato con grande piacere».

Parlando di diritti, inclusione l’Italia di oggi è molto diversa da quella che lei ha conosciuto nei primi anni Settanta.
«C’è ancora strada da fare, ma sono stati fatti molti passi avanti. Lo vediamo anche dalle pubblicità, dai film, dalle fiction. Quando sono arrivata in Italia non c’erano persone di colore, gli unici stranieri erano francesi, tedeschi e spagnoli. Le persone Lgbt esistevano, ma dovevano stare nascoste».

Quando è scoccata la scintilla con il cinema?
«A 15 anni ho deciso che volevo fare l’attrice. Avevo vinto un concorso di bellezza, mi avevano promesso un provino ma poi non me lo hanno fatto fare. Allora sono partita per Los Angeles. Sono arrivata in California, mi sono iscritta a una scuola e per mantenermi facevo qualche lavoretto: vendevo scarpe, pollo fritto. Ho iniziato ad avere piccoli ruoli che piano piano crescevano. Poi a 17 anni ho firmato il contratto con Otto Preminger per “Prima vittoria” (con Henry Fonda, John Wayne e Kirk Douglas, ndr)».

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Com’era Hollywood?
«Era un paese enorme, centinaia di ragazze per un’unica parte. Se avevi fortuna la ottenevi, se no c’era tanto da aspettare. Io non avrei retto per tanto tempo. Infatti a 24 anni me ne sono andata dopo averne trascorsi nove a combattere per i ruoli, vivendo sempre in quel limbo di attesa tra un film e un altro».

In Italia non ha avuto questo problema.
«Per me Hollywood è l’Italia. Nel 1972 ho girato 11 film».

Cosa l’ha spinta a lasciare l’America per Roma?
«Un regista e un attore erano andati a Hollywood per cercare l’attrice del loro film (era “Colpo rovente” di Piero Zuffi, ndr) e videro una mia foto su “Variety” fatta in occasione di “Sweet charity” di Bob Fosse. Dissero: “questa sarebbe perfetta per noi”. Così sono arrivata a Roma e non me ne sono più andata».

In Italia è stata protagonista di due filoni di cinema: il poliziesco e la commedia sexy.
«Io come attrice cerco di cambiare, non mi piace fermarmi su unica cosa».

Che ricordo ha di quei film con Banfi e Montagnani?
«Ci divertivamo tanto».

E la rivalità con la Fenech?
«Ma neanche un po’. C’era talmente tanto lavoro che non stavi a guardare cosa faceva l’altra».

Quei film erano considerati di serie B, poi Quentin Tarantino li ha sdoganati. Cosa ha provato quando ha saputo che il regista di “Pulp fiction” era il suo fan numero uno?
«All’inizio non ci avevo creduto. Non avevo mai visto un suo film perché non amo il genere splatter. Lo conoscevo di nome ma figuriamoci se potevo pensare di essere la sua icona. Poi mi hanno fatto vedere l’intervista in cui diceva che guardava i miei film perché la sua attrice preferita era la Bouchet. Mi sono detta: “ma guarda un po’ (ride, ndr)”. E quando è venuto al festival di Venezia ha chiesto di conoscere la Bouchet e ci siamo incontrati».

Ma non avete mai lavorato insieme.
«Un giorno mi chiamò la sua segretaria e mi chiese se parlavo francese. E io: “Quentin sa che parlo tedesco, italiano e inglese, ma mi mandi il copione che se non c’è molto dialogo lo imparo”. Invece, era troppo e ho deciso di rinunciarci. Il film era “Bastardi senza gloria”. E quando lui è venuto a Roma mi ha detto: “sono contento che hai rifiutato, il film era troppo lungo e ho dovuto tagliare proprio la parte che avresti dovuto fare tu”. “Questo ti insegna che non devi offrimi ruoli che possono essere tagliati”, è stata la mia risposta».

Invece Martin Scorsese l’ha voluta in “Gangs of New York”.
«Un gran signore, quando sono arrivata sul set mi ha baciato la mano e mi ha detto: “grazie di essere venuta”. “Amo tutti i suoi film, per lei sarei venuta anche nuda”, gli ho risposto (scoppia a ridere, ndr). È stata un’esperienza breve ma bellissima. Scorsese e la moglie hanno passato anche il Natale a casa mia».

Bouchet e la Sardegna.
«Quando avevo i figli piccoli restavo anche tre mesi. La Sardegna è bellissima, mare stupendo, cibo meraviglioso. Ma all’epoca c’erano troppi paparazzi. Mi toccava arrivare con i bauli per avere cambi per pranzi, cene, caffè. Così quando i ragazzi sono diventati più grandi ho abbandonato la Sardegna».

A proposito di figli, oggi per molti lei è la mamma di Alessandro Borghese: cosa prova?
«Prima era il figlio di Barbara Bouchet, ora la situazione si è capovolta. Sono fiera come una pasqua, ha trovato la sua strada e si sta trovando bene. E anche il fratello Max lavora con lui».

Ma come è Barbara Bouchet ai fornelli?
«La mia cucina la possono anche murare, non ho pazienza e brucio tutto. Talvolta penso che mio figlio sia diventato uno chef proprio perché la mamma non sapeva cucinare».

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