La chitarra d’oro va al liutaio di Cabras amato dai grandi musicisti
Rinaldo Vacca premiato a Milano con il prestigioso riconoscimento. Il racconto di com’è nata questa passione trasformata in lavoro
Cabras La grande passione per quello che è diventato il suo lavoro nacque all’improvviso, ma, nel momento in cui arrivò, è stata una forza inesauribile che l’ha spinto a non accontentarsi mai, in una continua ricerca del suono più armonioso e bello. Le chitarre di Rinaldo Vacca sono oggi conosciute e apprezzate in tutto il mondo e, per la sua arte, il liutaio cabrarese è stato premiato lo scorso 7 ottobre a Milano con la Chitarra d’oro.
IL PREMIO «Costruisce da anni chitarre con dedizione incrollabile e instancabile anelito alla ricerca – ha detto il presentatore della serata, leggendo le motivazioni del riconoscimento –. La sua abilità nel bilanciare potenza sonora e qualità timbrica con l’utilizzo del solo legno ha conquistato il cuore di molti chitarristi italiani e stranieri». Successivamente ha aggiunto: «Ciò non gli ha fatto perdere l’innata modestia, che gli consente di ascoltare, vagliare e accettare consigli dai suoi chitarristi di riferimento. Ogni strumento che esce dalle sue mani è una sinfonia di bellezza che si esprime attraverso una voce robusta, calda e appassionata. Il suo design moderno è rappresentato dalla riconoscibile rosetta e dall’inconfondibile paletta. La Chitarra d’oro per la liuteria 2023 va a Rinaldo Vacca per il suo fattivo contributo alla musica e alla cultura della chitarra».
A consegnargli materialmente il riconoscimento è stato il chitarrista Frédéric Zigante. «Mi hanno chiamato a luglio per dirmi che avrebbero dato a me il premio per la liuteria - racconta Rinaldo –. Naturalmente mi ha fatto grande piacere riceverlo, ma come sempre in queste situazioni mi sentivo un po’ a disagio. Io resto sempre lo stesso, a me piace fare questo lavoro e la soddisfazione più grande per me è sentire i chitarristi contenti per le chitarre che acquistano da me». E ripete ancora una volta quanto detto anche sul palco milanese: «Il mio segreto è aver sbagliato tante volte».
LA STORIA L’amore di Rinaldo Vacca per la chitarra classica nasce quando svolgeva il servizio di leva: «Mi sono appassionato alla chitarra classica quando facevo il militare. Da giovane ascoltavo i Deep Purple e i Pink Floyd, per cui è stata una scoperta. Qui subentra il mio amico Sandro Vargiu, nato nella mia stessa via. Insieme a lui siamo andati a Oristano dal maestro Tore Erdas e abbiamo iniziato a studiarla. E un bel giorno a Sandro venne l’idea di provare a costruirne una».
Rinaldo Vacca lì per lì restò sorpreso: «Mi diceva che aveva pensato a un metodo per costruirla, io lo ascoltavo, ma in quel momento a me non interessava. Era il 1985, internet era lontano e all’epoca facevo il muratore». Un episodio fa sì che i due amici dalla teoria passino alla pratica. «Graziella, la sorella di Tore Erdas, era andata nella penisola a ritirare una viola e ci aveva dato un libricino intitolato “La costruzione della chitarra classica”. Sandro lo lesse e da lì ci cimentammo nella costruzione di una chitarra».
All’inizio, però, la strada fu tutta in salita. «Il primo tentativo andò male – sottolinea Rinaldo Vacca –, fu un fallimento totale, tanto che alla fine ci siamo saltati sopra. Dopo un po’ di tempo, però, ci regalarono dei legni molto stagionati. Dissi a Sandro di provarci da solo, a me non interessava. Poi mi convinse a fargli da aiutante. Tutto era approssimativo, tanto che il disegno attorno al foro armonico lo facemmo col pennarello. Il risultato non fu eccezionale, ma lì in me scattò la scintilla». I tentativi continuarono: «Pian piano iniziammo a realizzare altre chitarre. Andavano un po’ meglio ma c’era sempre qualche difficoltà. Fin quando un giorno, nel 1987, decisi di smettere di fare il muratore per dedicarmi completamente alla mia passione. Era il periodo di Natale e rientravo con mastro Giovanni da Sorradile in camioncino. Così è iniziata l’avventura. Dall’avere uno stipendio mi ritrovai senza soldi, non fu semplice».
La scelta fu coraggiosa, ma continuando a seguire il famoso libretto i risultati finali non furono soddisfacenti. Alla fine, Rinaldo Vacca decise di fare a modo suo, personalizzando il metodo di costruzione: «Un giorno alla Casa della Musica di Oristano vidi un libretto di un rappresentante della famosa ditta Alhambra: i disegni davano ragione al metodo che avevo intrapreso e presi fiducia. Gli inizi sono stati molto difficili, c’era sempre qualcosa che non andava. Ci sono voluti tanti anni di studio, ricerca e perfezionamento. Alla fine il suono ha iniziato a piacermi e sono migliorato sempre di più. Nel frattempo, per sei anni, ho anche insegnato chitarra ad Ortueri». Pian piano la qualità delle chitarre realizzate da Rinaldo Vacca cresceva sempre di più: «Una volta ho sognato un suono bellissimo e mi dissi: “Come mi piacerebbe fare una chitarra con un suono così armonioso”. Inizialmente era il suono delle chitarre degli altri ad avvicinarsi a quella magnifica melodia, oggi, devo dire, anche quello delle mie».
Rinaldo Vacca iniziò così a portare le sue creazioni alle mostre ed è in questo modo che i musicisti fecero conoscenza delle sue chitarre classiche: «Non ho mai fatto pubblicità – assicura l’artista cabrarese –, ho partecipato alle mostre e da lì, con il passaparola, i musicisti hanno cominciato a conoscerle. Dapprima i musicisti locali: ricordo che la prima chitarra l’ho venduta a un mio allievo di Ortueri. Poi, via via, ho iniziato a vendere in tutta la Sardegna, in Italia e anche all’estero, grazie sempre a chi suona e apprezza le mie chitarre».
SCELTO DAI GRANDI CHITARRISTI Ci sono voluti anni, ma le soddisfazioni per il liutaio cabrarese sono arrivate numerose e il premio ricevuto a Milano è soltanto l’ultima di queste: «Sicuramente quella più grande è stata quando il famoso chitarrista giapponese Kazuhito Yamashita nel 2017 ha scelto di suonare le mie chitarre ai suoi concerti e poi è venuto anche qui in Sardegna. Un altro mio cliente è il musicista milanese Enea Leone. Rimase estasiato dal suono di una mia chitarra e la scelse come suo strumento, abbandonando il suo primo liutaio Jacopo Giussani. Talmente gli piacque quella chitarra che mi disse di non cambiare mai le caratteristiche del progetto, ma io feci con lui una scommessa: gli dissi che lo avrei convinto a cambiare ancora strumento. Vinsi io, riuscendo a crearne una con un suono ancora più bello. Attualmente Enea Leone ha quattro mie produzioni». Pur essendo strumenti di alta qualità, le chitarre di Rinaldo Vacca restano ancora oggi alla portata di tutti i musicisti: «Il costo si aggira attorno ai seimila euro, voglio che anche gli studenti del conservatorio possano permettersele».
LA RICERCA DEL SUONO PERFETTO Ancora oggi Rinaldo Vacca, nella sua officina di Via Brigata Sassari a Cabras, continua a sperimentare con attrezzi spesso da lui stesso creati, e a ricercare nelle sue chitarre quel bellissimo suono che una notte aveva sognato: «Sono arrivato a capire certe cose e oggi il sistema di assemblaggio mi permette di essere certo della qualità dello strumento, tanto che a differenza di altri colleghi vernicio le chitarre direttamente senza necessità di provarle prima. Magari ne faccio cinque e ognuna ha un suono leggermente diverso, perché dipende anche dal legno, dalla materia prima. Ma il mio lavoro è come quello di un cuoco: se un cuoco è bravo sa riprodurre sempre quel determinato tipo di piatto. Magari un giorno non trova il pomodoro che prende sempre, cambia la materia prima ma è in grado comunque di fare un piatto con un gusto che si avvicina. Lo stesso vale per un bravo liutaio».
L'artista cabrarese però non si accontenta: «Cerco sempre di migliorare il suono, anche se certamente, ora che la qualità delle chitarre è alta, è più difficile. Ma io dico che non si finisce mai di sbagliare, a me piacciono le sfide».