La Nuova Sardegna

L'intervista

Anna Mazzamauro: «Villaggio era geniale, oggi sono barzellettieri. La Silvani è la rivincita delle donne atipiche»

di Alessandro Pirina
Anna Mazzamauro: «Villaggio era geniale, oggi sono barzellettieri. La Silvani è la rivincita delle donne atipiche»

La grande attrice in tour con lo spettacolo dedicato a Fantozzi: «Vogliamo venire in Sardegna, ma nessuno ci risponde: forse non ci vogliono»

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La sua chioma rossa, il suo accento romanissimo, quella sua raffinata volgarità. “Fantocci, non faccia il pagliazzo”. Anna Mazzamauro è nella storia del cinema. La sua signorina Silvani è uno di quei personaggi iconici che hanno segnato per sempre la grande commedia italiana. Per il terzo anno di fila la grande attrice è in tournée con il suo spettacolo, “Come è umano lei, caro Fantozzi”, prodotto da Nicola Canonico. Un omaggio a Paolo Villaggio, al ragionier Fantozzi, al grande cinema, ma soprattutto a lei, alla sua bravura, alla sua originalità, al suo genio.

Signora Mazzamauro, la sua prima volta sul palcoscenico?
«Io non ho mai detto voglio fare l’attrice: io sono attrice. Non so fare nient’altro. Ho sempre coltivato questo senso del mio dna disegnando locandine già dalle elementari. Anna Maria Mazzamauro mi sembrava lungo, ci sarebbero voluti dei manifesti. Provavo Anna Mauro, ma era troppo banale. Un giorno ebbi una botta di genio e in classe urlai: Anna Mazzamauro. Mi beccai un mese di sospensione. I miei per esorcizzare questo demone del teatro mi mandarono dalle suore dall’asilo al liceo. Ho anche rischiato l’università cattolica, ma mi sono ribellata».

L’amore per la recitazione era talmente forte che diventò impresaria di sé stessa.
«Quello molto dopo. All’inizio facevo l’attrice normale nelle compagnie, da Albertazzi allo Stabile di Torino. Ma quando si è atipiche come me - il termine brutta non mi piace, sa di sporco e volgare - non puoi aspirare a diventare una primadonna. E così venivo relegata in parti di contorno. Ma io sono nata primadonna e non lo accettavo. Dopo anni di radio e tv ho trasformato un locale notturno di pessima estrazione in teatrino, scritturando Elio Pandolfi, i Vianella, Bruno Lauzi. A un certo punto questo teatrino me lo hanno bruciato. So chi è stato ma non posso dirlo. Spero che sia morto. Volevo dire suppongo...».

Fu difficile ripartire?
«C’è un episodio che mi piace ricordare. Avevo scritturato il Quartetto Cetra per il lunedì musicale proprio quando mi avevano bruciato il teatro. Tutti i loro strumenti erano andati in fumo. Il giorno dopo li chiamai: “vi restituisco tutti soldi a rate”. “Chiamami domani”, mi disse Felice Chiusano. Con il cuore sbattuto telefonai e loro: “abbiamo parlato e siccome hai questo amore per il teatro non vogliamo niente”. Gente così non esiste più».

1975, la svolta: Fantozzi. È vero che lei si presentò al provino per il ruolo di Pina?
«Avevo fatto teatro con Luciano Salce, che stava cercando un’attrice bravina ma bruttarella da mettere come moglie. Io non sapendo che voleva un’attrice bruttarella mi presentai con una cotonatura tipo cocomero, un vestito esagerato, calze a rete, tacchi a spillo. Salce mi vide e con imbarazzo disse: “perdonami Anna, ma ti ricordavo più brutta”. Questa cosa mi fece scivolare dai tacchi. Allora intervenne Paolo: “senti Luciano, sì è brutta, è piena di difetti ma li porta sui tacchi. C’è la parte della donna dei sogni di Fantozzi”. E così ho cominciato».

Paolo Villaggio era burbero come molti dicono?
«Era un uomo geniale che ha inventato un personaggio un po’ chapliniano. Non siamo mai diventati amici ma eravamo ottimi colleghi. Di lui ricordo una cosa che non ho poi ritrovato nelle “pernacchie” che sono stata costretta a fare cinematograficamente anni dopo: il rispetto».

Chi è la signorina Silvani?
«Una stronza paurosa. Ma una stronza la cui stronzaggine è giustificata dalla solitudine. È un personaggio terribile. È una donna che finge di essere bellissima, intelligente, piena di corteggiatori, che viaggia in tutto il mondo. Poi un giorno a Fantozzi chiede di portarla alla riunione condominiale. Io ho l’illusione di avere regalato alle donne una sensazione meravigliosa: anche la atipica può vincere».

Com’era il clima sul set con Milena Vukotic, Gigi Reder?
«Gigi lo chiamavo Gigi Rider, con lui mi sono fatta le più grandi risate, che diventavano sghignazzi, poi lacrime: povero truccatore! Con Milena, invece, il primo vero dialogo lo abbiamo avuto un mese fa da Geppi Cucciari. La stimo molto, ma il cinema è una brutta bestia, non hai il tempo per legare. Non è come il teatro, dove l’attore con cui lavori devi conoscerlo anche umanamente, se no non viene fuori niente. Io non è che preferisco il teatro, io sono una attrice teatrale e non so fare cinema. Fantozzi era come fare teatro».

“Come è umano lei caro Fantozzi”: che spettacolo è?
«Sul palco siamo io e il musicista, Sasà Calabrese, ma in scena siamo io, la signorina Silvani, Paolo, Gigi Reder, Milena. La gente lo intuisce. Io tendo a provocare emozioni e a riceverle».

Lo porterà in Sardegna?
«Non ci vogliono. Lo desideravo tanto, ma alle nostre tante richieste nessuno ha risposto».

Con Villaggio anche in “Fracchia la belva umana” dove era la signorina Corvino.
«Era sempre la Silvani. Se Arlecchino va in un altro spettacolo con un altro nome sempre Arlecchino resta».

In tv fu la centralinista del “Grand hotel”di Canale 5 ideato da Silvio Berlusconi.
«Rimpiango quei tempi. Quando andavo a Canale 5 mi sentivo una regina, trattata con rispetto. Quando vado in Rai sembra faccia un favore a loro».

Fausto Brizzi l’ha riportata sul set: quanto è cambiato il cinema rispetto a Fantozzi?
«Sono riuscita da attrice atipica, lottando contro il conformismo, a diventare una primadonna a teatro. Ma quando fai cinema la tua atipicità non è rispettata, ti relegano a carattere italiano. Oggi al cinema funzionano i barzellettieri, ma la comicità vera è quella alla Totò, alla Fantozzi, alla Troisi, alla De Filippo».

Oggi chi la fa ridere?
«Me stessa quando mi guardo allo specchio».

Sperava che la signorina Silvani si concedesse a Fantozzi?
«L’epilogo c’è stato senza volerlo, quando andò a Cortina solo per mantenere la promessa fatta alla moglie in cambio di qualche gioiellino. E fu una sorpresa: “Mortacci sua! Che me so’ persa per trent’anni! ”»

Come sarebbero stati Fantozzi e la signorina Silvani nell’epoca dei social?
«Fantozzi, troppo umile, ignorante, ne sarebbe stato alla larga. La Silvani no, avrebbe partecipato eccome ai social. Sarebbe stata la Silvagni».

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