La Nuova Sardegna

L’intervista

Carlo Cracco: «I culurgiones sono un gioiello ma non ho mai cucinato il porcetto»

di Enrico Gaviano
Carlo Cracco: «I culurgiones sono un gioiello ma non ho mai cucinato il porcetto»

Legato all’isola da quando era giovane, lo chef ha passato anche mesi in vacanza poi a causa degli impegni lavorativi i tempi si sono ridotti

21 giugno 2024
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È veneto ed è diventato uno degli chef più famosi al mondo. Eppure la Sardegna è nel suo cuore. Carlo Cracco, 58 anni, è tornato a Cagliari per un’iniziativa all’Osteria del Forte, il ristorante di Palazzo Doglio, e non nasconde il suo amore per l’isola definendola come Marcello Serra quasi un continente.

«C’è tanto da scoprire in Sardegna e scopri sempre cose nuove nei paesaggi, nei luoghi, nelle persone e negli ingredienti da utilizzare in cucina». Un’isola che lui sceglie regolarmente per le vacanze. «È stata una passione giovanile e non l’ho più mollata. Magari in passato mi capitava di trascorrere qui anche mesi. Ora devo ridurmi a poche settimane, oltre al ristorante in Galleria a Milano c’è anche quello nuovo a Portofino. Ma il mio viaggio prosegue e qui è bello anche lavorarci e l’appuntamento al Doglio è ormai una tappa che piace a me e ai miei collaboratori. Siamo qui per il quarto anno».

A Cracco i sardi piacciono proprio «perché sono accoglienti e allo stesso tempo ognuno ha una sua caratteristica, trovo sempre persone diverse unite però dal grande amore per la loro terra». Posto del cuore? «Amo le spiagge del sud, Cagliari, Alghero, la Gallura, le sugherete straordinarie della zona di Tempio Pausania, la Barbagia, ogni territorio è una scoperta e una esperienza nuova». È tempo di parlare di cibo. Tutti i grandi chef valutano con entusiasmo i prodotti alimentari sardi. «E hanno ragione. Ma perché qui evidentemente il territorio regala unicità, sapori che non ritrovi da nessun’altra parte. La bottarga di Cabras, le ostriche di Tortolì, il tonno di Carloforte, il carciofo spinoso sardo. Le ricette poi magari cambiano spostandosi di pochi chilometri e conservano sempre qualità straordinarie».

Cracco fa una deviazione per lui obbligata sull’artigianato. «La Sardegna è fonte di ispirazione grazie agli ingredienti ma anche per altro. Ad esempio i coltelli che uso per la carne, sono fatti a Pattada. Intendiamoci, ci hanno impiegato un paio d’anni, ma sono lame perfette». Il piatto a cui è particolarmente legato sono invece i culurgiones. «Uno scrigno di tesori – aggiunge –. Una meraviglia. Una ricetta che viene tramandata nel tempo insieme a quella incredibile manualità per chiuderli con la spiga che si resterebbe tanto tempo a guardarli. E poi il sapore. Ne ho mangiati tanti. Di diverse parti dell’Ogliastra. Anche quello che magari poteva sembrare il peggiore, era sempre buono».

Pasta fresca, formaggio, olio e patate. Una ricetta semplice. Evidentemente per fare buona cucina basta poco. Cracco annuisce. «Proprio così. La cucina semplice è legata all’unicità dei prodotti: mangi una cosa e ti esplode in bocca». Gli chef sardi stanno crescendo in qualità, in molto guadagnano riconoscimenti, stelle Michelin e successo. «Ne conosco diversi, tutti bravi. Ad esempio il macomerese Simone Tondo al Racines di Parigi. Lui fa della semplicità il suo tratto distintivo ed è emerso in una città dove francamente non è facile. Con queste persone si dimostra che la cucina non è solo Instagram o Internet. Bisogna viaggiare e conoscere per crescere». Mai cucinato il porcetto. «Mi è capitato tante volte di gustarlo e anche lì ognuno fa la sua versione. Sempre buono perché, lasciatevelo dire, il porcetto buono si mangia solo a casa». E se lo dice Cracco…

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