Detenuto olbiese muore in cella, la famiglia: «Non è suicidio»
La Procura di Sassari ha aperto un’inchiesta, l’autopsia sarà svolta il 30 aprile
Olbia Più ombre che luci sulla morte improvvisa di un giovane olbiese detenuto nel carcere di Bancali, avvenuta lo scorso 21 aprile. Un caso di suicidio, come subito si è sostenuto? L’ipotesi non ha convinto i familiari del giovane che, assistiti dagli avvocati Abele e Cristina Cherchi, hanno presentato con urgenza una richiesta di indagini alla Procura di Sassari che ha già disposto accertamenti sulle cause della morte. A cominciare dall’autopsia, che il sostituto procuratore Paolo Francesco Piras, pubblico ministero, ha affidato al medico legale Francesco Lubinu. L’esame si svolgerà il 30 aprile a Sassari.
Secondo una prima ricostruzione dei fatti, il 21 aprile il detenuto olbiese – 24 anni, in carcere per una serie di furti commessi in città – sarebbe stato trovato morto nella sua cella dal personale di sorveglianza. Sempre secondo la prima ricostruzione, la morte sarebbe stata causata dall’inalazione del gas di una bomboletta usata per riscaldare le vivande. Ipotesi tutte da verificare, infatti la Procura di Sassari ha aperto un fascicolo di inchiesta contro ignoti mentre i familiari del detenuto hanno presentato una dettagliata richiesta di indagini.
Tra poche certezze e molti legittimi sospetti, gli avvocati della famiglia hanno chiesto alla Procura di Sassari titolare dell’inchiesta di procedere al sequestro della cella dove è stato trovato il giovane e di tutto il materiale contenuto all’interno. Non solo, gli avvocati hanno chiesto alla Procura di sentire per sommarie informazioni, anche videoregistrate, i compagni di cella del giovane e tutti i detenuti della sezione. Quest’ultima richiesta è stata puntualizzata con la necessità che a svolgere questa attività siano ufficiali di polizia giudiziaria diversi da quelli della polizia penitenziaria che operano nel carcere di Bancali. Allo stesso modo, gli avvocati hanno richiesto alla Procura di sentire i detenuti previo trasferimento in altro carcere, in una sezione protetta, in modo da evitare condizionamenti di alcun genere.
Infine la richiesta alla Procura di sentire per sommarie informazioni, anche videoregistrate, il personale medico e infermieristico in servizio a Bancali. Insomma, sentire tutti quelli che possono aver avuto un ruolo nella vicenda. Sono tutte richieste stringenti che spalancano le porte su inquietanti interrogativi. Come dire, il 21 aprile in quella cella di Bancali può essere successo di tutto. «Chi sa parli – è l’appello lanciato dagli avvocati Abele e Cristina Cherchi – rivolgendosi direttamente al nostri studio legale anche in forma riservata. Perché ogni informazione è utile per ricostruire l’accaduto».