La Nuova Sardegna

L’intervista doppia

Gino Castaldo e Paola Turci: «Dal 1979 al 1981 fu il Rinascimento della canzone d’autore»

di Alessandro Pirina
Gino Castaldo e Paola Turci: «Dal 1979 al 1981 fu il Rinascimento della canzone d’autore»

Il giornalista e la cantautrice in scena martedì 27 agosto a Carbonia con il loro spettacolo che omaggia quella stagione resa magica da Dalla, Battiato, Daniele, De André, Guccini, Vasco, Gaetano e Battisti

22 agosto 2024
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Da un lato, una delle più importanti firme del giornalismo, dall’altro una delle voci più talentuose del cantautorato. Gino Castaldo e Paola Turci portano nell’isola uno spettacolo dedicato a una delle più belle stagioni della musica italiana, forse la più intensa sotto ogni punto di vista, quel triennio d’oro che va dal 1979 al 1981, che ha visto esplodere Dalla, Battiato, Daniele, Gaetano, De André, Guccini, Battisti, fino a Vasco.

Questa stagione magica sarà al centro di “Il tempo dei giganti”, in scena il 27 agosto alle 21.30 a Carbonia all’interno della rassegna “Notte a Monte Sirai”.

Come nasce il vostro incontro?

CASTALDO: «È una vecchia idea. Io ho preso lo spunto narrativo da un libro che ho scritto un anno fa e ci è sembrato bello raccontare un periodo preciso della storia della canzone. Con Paola ci conosciamo da una vita, ha un talento da interprete pazzesco. Tutti la conosciamo per i suoi dischi da cantautrice, ma è una interprete fuori dal comune. Così abbiamo montato questo racconto e ci siamo anche molto divertiti».

Paola, che esperienza è questo tour?

TURCI: «Non faccio concerti da un po’ di anni, da prima del Covid. Ritornare sul palco e non fare i miei pezzi ma cantare altri artisti è una ripresa salutare benefica. Mi fa credere che un altro mondo della musica è ancora possibile».

Perché quel triennio è così importante per la musica?

CASTALDO: «Non è l’unico, ma l’idea di individuare quello nasce da una domanda: c’è stato un periodo che è stato importante più di altri? Se vai a vedere dal punto di vista quantitativo e qualitativo quei tre anni lì sono stati impressionanti. Come fu nel Rinascimento dove c’erano contemporaneamente Leonardo, Michelangelo, Raffaello. E un po’ è successo così. Quello è stato il rinascimento della canzone d’autore. Contemporaneamente abbiamo visto al massimo livello Dalla, De Gregori, Guccini, Battiato, Daniele. Per alcuni è stato proprio il periodo del trionfo».

Lei ai tempi era già il critico di Repubblica: come visse quell’epoca?

CASTALDO: «Non infieriamo… scherzi a parte, a me capita spesso di raccontare storie sui Beatles, sui Pink Floyd. Ma la differenza forte è che queste altre sono storie vissute di prima mano. Dei Pink Floyd posso raccontare vita, morte e miracoli, ma questi altri li ho conosciuti tutti. Ero già al lavoro. Proprio recentemente ho trovato vecchie bobine che contengono mezz’ora di prove di “Banana repubblic”. Quel periodo l’ho vissuto con una certa esaltazione ma anche con normalità, perché solo più avanti mi sono accorto di quello che stavamo vivendo».

Lei invece era ancora una ragazzina…

TURCI: «Io l’ho vissuto senza rendermi conto che sarebbe stato un periodo oggi irripetibile. Si avvertiva comunque che c’era una magia, una carica artistica potente che si distribuiva facilmente tra tutti noi ragazzini che amavamo la musica. A 11-12 anni eravamo ancora sul melodico. Poi sono arrivati Dalla, Daniele, Battiato…».

Avete un vostro podio?

CASTALDO: «No, e non lo dico per diplomazia, ma ognuno di loro era un mondo interamente a sé. Non si somigliano per niente, sembrano appartenere a mondi diversi: Dalla, Battiato, Gaetano, De André. Alcuni li ho conosciuti meglio. Forse Lucio Dalla è quello che ho frequentato di più e dal punto di vista umano mi manca molto». TURCI: «Non c’è una gerarchia, per me le classifiche sono orizzontali e non verticali. Battiato però era il culmine».

La vostra canzone di quel triennio magico?

CASTALDO: «Con le canzoni è ancora più difficile che con i cantanti. Sono legato a tantissimi brani, è impossibile tirarne fuori uno o due».

TURCI: «Quasi tutte. In alcune mi sento più distante, in altre ci sono dentro con tutte le scarpe. Tra queste “Cara” di Lucio Dalla, “L’avvelenata” di Guccini e quelle di Rino Gaetano».

Più avanti questi artisti sono diventati colleghi, avete diviso lo stesso palco…

TURCI: «Per fortuna è successo poche volte perché mi sarebbe scoppiato il cuore. Già conoscere, avvicinarmi affettivamente a Battiato è stato qualcosa di immenso. Ma anche incontrare una volta De André è stato indimenticabile. L’approccio non è mai stato tra colleghi, ma ho avuto il grande privilegio di trovarmi in determinati momenti a poter ascoltare la loro voce, conversare con loro, magari farci anche due risate. Di Franco ricordo la grande ironia, voglio molto bene anche a De Gregori, Dalla è stato molto accogliente. Altri non li ho mai conosciuti».

Nello spettacolo parlate di canzoni e artisti immortali. Oggi spesso si sottolinea come il successo sia mordi e fuggi.

CASTALDO: «Quella storia che andiamo a raccontare è una storia che è già finita. Le cose di oggi non vanno paragonate, se paragonassimo gli artisti di oggi ai maestri che hanno inventato il modo di fare la canzone significherebbe infierire. Oggi stiamo vivendo una nuova era. Dobbiamo aspettare, capire. Nessuno sa come si evolverà. Ma il racconto che noi facciamo non vuole essere nostalgia. È esattamente il contrario: vogliamo tenere vivo il tempo dei giganti».

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