La Nuova Sardegna

L’intervista

Elena Arvigo: «Nagasaki e Cernobyl, due tragedie figlie della superbia umana»

di Alessandro Pirina
Elena Arvigo: «Nagasaki e Cernobyl, due tragedie figlie della superbia umana»

L’attrice sarà a Cagliari con lo spettacolo “I Monologhi dell’Atomica”

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Due eventi tragici lontani nel tempo, molto diversi tra loro, ma con un aspetto comune: entrambi figli dell’arroganza dell’uomo. Parliamo della bomba atomica a Hiroshima e Nagasaki sganciata dagli americani nel 1945, e dell’incidente alla centrale nucleare di Cernobyl del 1986. A metterli insieme in uno stesso spettacolo è Elena Arvigo, attrice eclettica che passa dal cinema di Alberto Lattuada, Paolo Virzì e Daniele Luchetti alla tv della serie Usa “Mental”. “I Monologhi dell'Atomica” (Premio ETI / Le Maschere del Teatro 2023), ideato, diretto e interpretato appunto da Elena Arvigo, in scena con Monica Santoro, sarà messo in scena giovedì e venerdì alle 21 al Teatro Alkestis di Cagliari per l’ultimo appuntamento con la rassegna Discovery firmata da Bam Teatro.

Come nasce lo spettacolo?

«Lo spettacolo è figlio di un altro spettacolo, come spesso accade nei progetti indipendenti. Il primo veniva da un testo di Anna Politovskaja. Mi ero appassionata a questa storia, finché non ho trovato “Preghiera per Cernobyl” di Svetlana Aleksievich e me ne sono innamorata. È stato un viaggio anche nei miei ricordi, quasi mi ero dimenticata di quanto accadde nel 1986. Poi tra le mie mani è capitato un altro libro, “Racconti dell’atomica” di Kyoko Hayashi. Ho trovato che questi eventi, per quanto diversi, somigliassero molto».

Nagasaki e Cernobyl: cosa hanno in comune questi due episodi, oltre ad avere seminato morte e distruzione?

«Da un lato, c’è la bomba, dall’altro la centrale che esplode. Due eventi che sono entrambi figli della superbia umana. Il filosofo tedesco Günther Anders con la sua filosofia della discrepanza cercò di descrivere la divergenza tra ciò che è diventato tecnicamente possibile, come la distruzione del mondo con le bombe atomiche, e ciò che la mente umana è in grado di immaginare, diventando un grande esponente del movimento anti-nucleare. Proprio perché un traguardo dell’antropologia filosofica fu quello di notare come la differenza tra l’uomo e l’animale si ascriva nelle terrificanti capacità esclusive dell’uomo: l’uomo è l’unico animale in grado di distruggere la terra».

Cosa c’è nei monologhi?

«Al centro dello spettacolo ci sono le persone, le loro emozioni, i loro sentimenti, i loro drammi. Vite interrotte di uomini, donne e bambini drasticamente mutate , quotidianità stravolta e distrutta».

Dalla atomica sono passati quasi 80 anni, da Cernobyl quasi 40. Quanto è importante oggi coltivare la memoria?

«È fondamentale. Per fortuna sul passato c’è poca censura, ma anche poca attenzione. Se io oggi dovessi fare uno spettacolo sull’Ucraina o sul Medioriente sarebbe più complesso, tante cose entrerebbero in gioco, diventerebbe subito una posizione politica. Invece, il passato permette di visualizzare meglio i meccanismi. È come fare una autopsia. Vai a vedere cosa è successo non su un corpo vivo che chiede giustizia, ma su un corpo a riposo che ormai fa parte di un’altra fase della storia».

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