Tommaso Ragno: «Quando lavoro non penso mai al successo: sarebbe la fine»
L'attore di "Vermiglio" e "Siccità" a Sassari con "Le Metamorfosi di Ovidio"
Negli ultimi anni lo abbiamo visto al cinema in alcuni dei film più acclamati da critica e pubblico. Da “Nostalgia” di Mario Martone a “Siccità” di Paolo Virzì, fino a quel piccolo miracolo cinematografico che è “Vermiglio” di Maura Delpero, Leone d’argento alla Mostra di Venezia, arrivato a un soffio dalla nomination agli Oscar. Domani Tommaso Ragno sarà a Sassari, alle 20.30 al Teatro Verdi, dove all’interno della stagione de “I Grandi Interpreti della musica” organizzata dalla Cooperativa Teatro e/o Musica, sarà la voce narrante delle “Metamorfosi di Ovidio” con Domenico Nordio al violino e Orazio Sciortino al pianoforte.
Ragno, parliamo delle “Metamorfosi di Ovidio”. Come descriverebbe questo testo?
«È un testo formidabile, di quelli che, per chi ha fatto gli studi classici, fanno parte delle memorie scolastiche. A me dà grande energia, felicità, allegria leggere questo testo di Ovidio. E non parlo da critico letterario, ma da persona che deve riferire queste storie. Il testo è di una modernità strepitosa. Se penso a tutte le fantasie messe in atto per l’immaginazione di chi legge, toccando miti già conosciuti e trasformandoli, metamorfizzandoli».
Tra le storie quale l’affascina di più?
«Sono molto affezionato a quella di Orfeo ed Euridice. La trovo struggentissima. Perché leggere le Metamorfosi? Perché sono il poema della adolescenza, intesa come fragilità. Non è una formula che ho inventato io. È un poema veramente legato a quel momento della vita. È un libro con una disperata vitalità, parla di quel momento della vita in cui non sai più chi sei perché il corpo non fa che cambiare sotto i nostri stessi occhi».
“Vermiglio” è uno dei suoi ultimi film: immaginava un successo tale?
«Non mi immagino mai queste cose, quello che conta è che il film sia stato fatto. Non mi immagino mai nulla perché sono troppo impegnato a lavorare e pensare ad altro distruggerebbe la natura del mio lavoro. Se mi preoccupo di piacere a qualcuno è la fine. Penso solo che il lavoro sia fatto bene».
Al cinema è richiestissimo da registi giovani e affermati: un personaggio che ha amato più di altri?
«Non ce n’è uno che ho interpretato più volentieri di altri. Ognuno di essi ha rappresentato una sfida. Ognuno è stato come un figlio. Se proprio devo sceglierne uno preferito allora dico “Il miracolo” di Niccolò Ammaniti, anche perché è quello che mi ha esposto di più, e poi per la qualità, anche “Vermiglio”, “Nostalgia”. Li cito semplicemente perché conosco il grado di difficoltà che contenevano queste sfide. Più alto è il grado di difficoltà, più interessante è la sfida».
Domani sarà a Sassari. Tra le tante cose che la legano alla Sardegna c’è la serie americana “Fargo”, la saga dei Fadda…
«Lavorare in America, e soprattutto in quella serie, era un sogno dell’infanzia che si realizzava. Mi sono trovato all’interno di una produzione di altissimo valore per come è stata fatta e costruita. La rifarei domani».
Il 2024 è stato un anno molto ricco di lavoro. Come sarà il 2025?
«Ci sono delle cose tra cinema e teatro che ancora non si possono dire perché non ancora ufficializzate. Ma mi preme sottolineare il dramma che sta vivendo il cinema con il blocco del tax credit. Dei quaranta film in programma se ne stanno facendo 17. Questo significa che tanta gente resta a casa. Dietro ogni film ci sono centinaia di persone che non si vedono. Quanto sta accadendo è molto grave».