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Condanne ingiuste che cambiano le esistenze

di Sara Farci e Marcella Murgia Gelsomino*
Condanne ingiuste che cambiano le esistenze

Una catena di errori ha bloccato in carcere per 33 anni Beniamino Zuncheddu

06 febbraio 2024
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Mentre studiamo la riflessione sulla "banalità del male" di Hanna Arendt, storica e filosofa ebrea, all’imbrunire della vigilia della Giornata della Memoria, arriva una notizia che in tanti non osavano neanche più desiderare: Beniamino Zuncheddu, incarcerato ingiustamente da 33 anni, è finalmente libero. È il 1991. La sera dell’arresto inaspettato, Beniamino guarda, come altri milioni di italiani, il Festival di Sanremo, e come tutti i sardi si sarà chiesto perché i brani folk napoletani e siciliani sono sempre ammessi tra i big, mentre i Tazenda vengono considerati esordienti e devono appoggiarsi a Pierangelo Bertoli per eseguire “Spunta la luna dal monte”, quando all’improvviso irrompe la banalità del male. Bussa la Criminalpol, nella sua casa di Burcei, piccolo paese del sud Sardegna, preleva Beniamino che non farà più rientro a casa fino a questo venerdì sera. É l’inizio di un incubo kafkiano per l’allevatore di 27 anni, un iter giudiziario che ricorda la tragedia umana di Enzo Tortora, il conduttore di Portobello programma molto popolare negli anni ’80. L’accusa è la più pesante che si possa immaginare, Beniamino sarebbe l’autore della strage di Sinnai, consumata alle pendici di punta Serpeddì, dove l’allevatore conduceva il proprio pascolo. Muoiono tre uomini, l’assassino, con il viso coperto, scappa e non si accorge di aver lasciato un superstite, che crederà di riconoscere in Zuncheddu l’autore dell’esecuzione spietata. Sono gli anni in cui ancora si vive l’insofferenza storica all’Editto delle Chiudende dei Savoia, la suddivisione delle terre del Regno di Sardegna, voluto da Vittorio Emanuele I nel 1820, quello stravolgimento burocratico che invita alla lotta dei confini, che ancora accende faide e veleni tra allevatori con terreni lacanantes e che da subito fece insorgere il popolo sardo al ritorno de su connottu, cioè il ripristino delle consuetudini soprattutto sullo sfruttamento dello spazio agrario.

Gli inquirenti appoggiano la china giudiziaria dell’inimicizia – la disamistade – agropastorale, che sfocia spesso nel delitto di sangue. La condanna all’ergastolo avviene con una velocità eccezionale per la legge italiana, tanto da far sospettare che non tutti gli elementi siano presi nella stessa considerazione, ma venga dato privilegio a un riconoscimento sconfessato nei mesi scorsi grazie al lavoro lungo e complesso dell’ex procuratrice di Cagliari Francesca Nanni e dell’avvocato Mauro Trogu, i quali hanno condotto un’indagine alternativa che collega la strage di Sinnai ai sequestri coevi. Arriva quindi il ribaltamento della sentenza della Corte d’appello: revoca della condanna all’ergastolo e assoluzione «per non aver compiuto il fatto». Beniamino ha lo sguardo affaticato dalla troppa gioia. La sua fronte è l’intarsio di anni di dolore, un ricamo di rughe che tradiscono la lotta ma non la disperazione: «Credo nella giustizia. Ho perdonato tutti». E queste sono le parole di un cuore veramente libero. *Sara e Marcella, ’Istituto De Sanctis-Deledda, Cagliari
 

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