Comunicare l'arte ai non vedenti
Inclusione è raccontare un'opera attraverso tutti i 5 sensi
Tra i banchi della quinta liceo ci si trova a fare i conti con una sfida quotidiana tra due emozioni prevalenti, la gestione di una certa apprensione per l’esame imminente ma non troppo e la sensazione di doversi misurare con il pensiero che tanti anni di studio debbano avere una certa coerenza con il pezzo di strada percorso e l’universo lavorativo e universitario che abbiamo davanti. Uno dei momenti in cui mi sono trovata a realizzare di aver intrapreso un percorso in cui l’emozione per le vicende umane di chi ho di fronte è qualcosa di essenziale è stato durante un progetto scolastico molto intenso, molto più che un semplice appuntamento didattico. Ho accettato di compiere un viaggio emozionante: descrivere un’opera d’arte famosa a una persona non vedente. È stato come stabilire una connessione molto profonda con l’arte, ma soprattutto farla vivere fuori dalla teoria dei manuali di testo per renderla viva, scegliendo una a una le parole che potessero farla apparire concreta. Invito tutti a compiere questo esercizio, cioè cercare di evitare di usare termini visivi per dialogare con una persona che non ha la vista.
Ci rendiamo immediatamente conto di quanto sia arduo e di come il nostro linguaggio quotidiano sia intrinsecamente e inconsapevolmente legato alla vista, mi ha spinto a esplorare nuove modalità di espressione, coinvolgendo i sensi oltre la vista. Ho coinvolto l'udito, il tatto e persino l'olfatto nel mio tentativo di far vivere il dipinto attraverso le parole, questo ha anche sollevato domande profonde sul modo in cui possiamo veramente comunicare l'arte a chi vive in un mondo senza immagini. Mentre cercavo di far immedesimare gli altri nella mia descrizione, ho scoperto una nuova prospettiva sulla potenza dei cinque sensi nell'arte.
Questa sfida non solo ha aiutato ciò che prima era una più teorica applicazione dell'inclusività, ma ha anche rafforzato il mio impegno nel promuovere la diversità sensoriale nelle conversazioni quotidiane e nella società. Prima di svelarvi quale fosse il quadro da me "dipinto" per altri occhi, vorrei invitarvi a immaginarlo. Ora quello che voglio che voi immaginiate è un treno passeggeri di terza classe senza un tetto che vi protegga la testa, e dei signori che indossano cappelli cilindrici al loro interno, un’umidità fredda che vi scivola addosso, il sapore della pioggia in bocca, forse la fuliggine che vi entra negli occhi; ma anche i suoni che ci sarebbero intorno a voi, quindi suoni delle urla del vento, del temporale, del rimbombo del treno sui binari che viene verso di noi, e forse anche il suono del fischio, il paesaggio che scivola via in modo confuso. e una lepre che corre per salvarsi la vita, l’uomo contro la natura, sì, magari oggi può essere poco ovvio che una lepre corra quanto un treno, ma ricordiamoci che parliamo degli inizi, un cavallo in corsa andava più veloce. L’opera (nella foto) è Pioggia, vapore e velocità di William Turner, che ritrae il primo treno a vapore inglese .
*Claudia studia al De Sanctis – Deledda, Cagliari