La Nuova Sardegna

Nuoro

Disastro ferroviario: condanna a sei anni

di Enrico Carta
Disastro ferroviario: condanna a sei anni

Il capostazione Giuseppe Sanna responsabile dello scontro fra treni del 15 giugno 2007 in cui morirono tre persone

01 dicembre 2016
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BORTIGALI. C’è un uomo condannato a sei anni. È l’operatore dirigente della movimentazione dei treni in servizio la mattina del 15 giugno del 2007. C’è poi un intero sistema di trasporti e di sicurezza che finisce sotto accusa. Sono due storie che viaggiano sullo stesso binario, quello insanguinato delle ex Ferrovie della Sardegna, oggi gestite dall’Arst. È lì che nove anni e mezzo fa, il sole del mattino di giugno divenne nero come la morte che chiuse gli occhi di tre persone strappate ai loro cari nel più grave incidente ferroviario della storia della Sardegna.

Viaggiavano a bordo dei convogli che si scontrarono lungo la tratta che collega Macomer a Nuoro. Una curva tra Bortigali e Birori divenne la succursale dell’inferno di lamiere. Dentro rimasero intrappolati numerosi passeggeri e chi, ovviamente, su quel treno era salito per una tranquilla giornata di lavoro. Viaggiavano su quei binari dove i sogni di alta velocità sono appunto solo tali, ma anche due treni che si schiantano a settanta chilometri orari possono generare effetti devastanti.

Purtroppo è quel che avvenne e per i giudici l’unico responsabile è anche l’unico imputato. Giuseppe Sanna era il capostazione che avrebbe dovuto consegnare ai colleghi del treno in partenza da Nuoro il telegramma con una prescrizione particolare: veniva impartito al macchinista e al capotreno l’ordine di fermare il convoglio AT 622 alla stazione di Bortigali dov’era previsto l’incrocio con il treno speciale TL 919 che viaggiava in direzione opposta. Per i giudici del tribunale di Oristano – presidente Francesco Mameli, a latere Andrea Mereu ed Enrica Marson – fu l’omissione che generò la tragedia. Nello schianto rimasero ferite numerose persone, con segni che ancora oggi portano sul corpo. Ma soprattutto quell’incidente causò la morte di Cosimo Serra, 42 anni di Macomer, macchinista del convoglio AT 622 che avrebbe concluso la sua corsa proprio nel suo paese natale, e dei passeggeri Bachisio Arca, 53 anni di Silanus, ed Elisabeth Beaver, turista inglese che col compagno canadese Marc Howard stava compiendo il viaggio che anticipava le nozze che sarebbero avvenute poche settimane più tardi.

Il pubblico ministero Marco Ulzega, appena due settimane fa, aveva chiesto la condanna a sette anni per il doppio reato di disastro ferroviario colposo e di omicidio colposo. Sulle spalle di Giuseppe Sanna ricade ora tutta la responsabilità penale che l’arringa dell’avvocato Angelo Battista Marras non è riuscita a smontare. Il legale dell’unico imputato ha infatti parlato di un precedente errore che avrebbe di fatto reso secondario quello commesso dal capostazione. Il capotreno aveva comunque ricevuto l’ordine di attendere per la partenza. Sino alle 7.24 sarebbe dovuto rimanere fermo nella stazione di Bortigali, invece il convoglio si mise in moto diversi minuti prima, tanto che lo schianto avvenne addirittura alle 7.16 del mattino. Otto minuti che avrebbero cambiato tante vite.

Non andò così e ieri questo argomento non è bastato per evitare la condanna a sei anni che non riguarda però solo colui che commise l’errore fatale. Sotto accusa, durante tutto il processo, c’è stata anche l’Arst. L’Azienda regionale dei trasporti è responsabile per il capitolo del risarcimento dei danni. Per la morte di Cosimo Serra ha già subito una condanna a diversi zeri in sede civile. Dovrà quindi risarcire i familiari, in più ieri solamente di provvisionali ha subito una seconda mazzata. L’avvocato Carlo Pilia ha chiesto che l’azienda non venisse coinvolta nella questione risarcitoria, perché le Ferrovie della Sardegna avevano lavorato nel pieno rispetto delle regole. Anche in questo caso le sue parole non hanno trovato accoglimento. Gli avvocati di parte civile Franco Stara, Riccardo Uda, Roberta Melas, Gianfranco Congiu e Giovanni Antonio Fara hanno avuto motivazioni migliori e il risarcimento per una decina di persone – ancora parziale in attesa del giudizio civile – raggiunge già 720mila euro. Nove anni e mezzo intanto sono già passati.

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