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Il salto di Jurifai ombelico del mondo nuorese. «L’economia prosperò con i monaci benedettini»

di Luciano Piras

	Una immagine simbolo di Lollove (foto di Massimo Locci)
Una immagine simbolo di Lollove (foto di Massimo Locci)

Antonio Farina svela i segreti lungo il confine medioevale tra Giudicati: «Ecco perché la nostra città era sede di Pievania già nel corso del XIV secolo»

23 giugno 2024
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Nuoro «Oggi è una distesa di vigne e di erbai irrigui mentre nel Medioevo fu una immensa proprietà pubblica, denominata Salto di Jurifai, donata intorno al 1160 da un giudice di Gallura ai monaci benedettini». Antonio Farina parla della vallata di Isalle, compresa grosso modo tra il ponte di Marreri e l’inizio della piana del Cedrino. Un’area prossima a Nuoro, ma anche a Bitti, Lula, Onanì e Dorgali. Una culla economica vera e propria, un crocevia di piccole comunità, di contatti e rapporti che sono stati poi determinanti per lo sviluppo successivo dell’intero circondario. Farina lo spiega bene, prove storiche alla mano e soprattutto deduzioni logiche, nel suo libro “Nuoro e Jurifai” (sottotitolo: “Territori dominati dal Monte Ortobene lungo un confine medioevale tra due Giudicati”), uscito per le Edizioni Solinas appena qualche mese fa.

Ingegnere civile, già direttore tecnico del Consorzio di bonifica della Sardegna centrale e poi ancora direttore del Consorzio Govossai, Antonio Farina conosce a menadito confini, sentieri, itinerari di epoca romana, mulattiere, anfratti, orografia e cartografia del Nuorese tutto. Figlio di Luigi Farina, l’indimenticato veterinario autore di un fondamentale “Bocabolariu sardu nugoresu-italiano/italiano-sardo nuorese”, Antonio Farina ha dalla sua anche la profonda conoscenza della toponomastica, spesso fonte di informazioni altrimenti introvabili. «Le annotazioni fiscali trecentesche del Liber Fondachi combinate con le registrazioni di poco posteriori delle decime riscosse dal clero ed altre notizie riguardanti le assegnazioni feudali aragonesi consentono di valutare l’importanza economica e la consistenza sociale nel medioevo della vallata di Isalle o, per meglio dire, della porzione di territorio compresa tra i due fiumi (Cedrino sul lato sud, Marreri-Isalle-Sologo sul versante nord: l’antico Jurifai) e chiusa a ovest dal crinale del Monte Ortobene che rappresentò un confine tutt’altro che impermeabile alle comunicazioni ma, anzi un punto di contatto vitale per lo sviluppo di Nuoro e del suo circondario».

«Osservo che sono individuabili con chiarezza diverse tracce materiali, suscettibili di indagine archeologica mirata, che consentirebbe di confermare o reindirizzare le conclusioni del quadro indiziario eliminando le incertezze residue: mi riferisco, in particolare – sostiene ancora Farina –, ad alcuni ruderi presenti nella zona dell’abitato di Lollove e ad altri attribuibili al villaggio di Muro, oggi in agro di Orune, nei pressi di Nunnale». Da qui l’impegno per riportare alla luce fatti e vicende antichissime anche se «la perdita della memoria storica sembra una nostra costante caratteristica... » è l’amara considerazione che fa Antonio Farina. «Contemporaneamente alla crisi della vallata di Isalle – spiega – che, alla fine del medioevo, produsse uno spostamento degli abitanti dei piccoli centri agropastorali verso i centri montani, un fenomeno simile dovette verificarsi anche nelle zone intorno a Nuoro contribuendo alla sua crescita urbana». Paese resiliente, paese di confine, crocevia. «Si comprende quindi che Nuoro, certamente già nel XIV secolo, fosse sede di Pievania, se non anche di curatoria e che avesse potuto annoverare, già da prima, personaggi importanti per cultura e ricchezze come si deduce anche dall’elenco dei maggiorenti cittadini convocati da Eleonora d’Arborea per la firma di un trattato di pace nel 1388 e dalla presenza di nuoresi registrata in antichi atti pubblici documentati»

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