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Sanità

Nuoro, primo intervento in Sardegna per impiantare un pacemaker bicamerale senza fili

di Luciano Piras

	Il team medico dell'ospedale San Francesco 
Il team medico dell'ospedale San Francesco 

Cardiologia, all’ospedale San Francesco l’innovativo dispositivo leadless. È il sesto caso in tutta Italia

08 agosto 2024
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Nuoro Il suo nome in codice è Aveir: è un nuovo pacemaker dr senza fili, “a due camere”. Regola il battito cardiaco agendo in maniera fisiologica sia nell’atrio sia nel ventricolo destri. «Un dispositivo che presenta caratteristiche innovative destinate a cambiare il panorama della cardiologia interventistica e della cardiostimolazione» sottolinea il dottor Enrico Mura poche ore dopo il primissimo intervento eseguito in Sardegna (sesto in Italia), all’ospedale San Francesco, per impiantare su una paziente un “pacemaker leadless bicamerale”, appunto. Nuovissimo dispositivo, ancora in limited release in Italia, utilizzato in anteprima in pochissimi centri: uno di questi è l’ospedale civile di via Mannironi. Il pacemaker è composto da due componenti separate, direttamente impiantate all’interno delle camere cardiache, il ventricolo destro e l’atrio destro.

La tecnologia Le due componenti sono in grado di comunicare tra loro, senza elettrodi e senza generatore esterno. Entrambe sono ricatturabili in caso di sostituzione della batteria, evitando al paziente i rischi connessi ai reimpianti, alle infezioni e all’usura degli elettrodi dei pacemaker tradizionali. «Grazie a questo sistema peraltro – sottolinea ancora Mura –, il paziente non presenta alcun segno esterno relativo alla presenza del dispositivo e permette una stimolazione cardiaca più fisiologica possibile». La Cardiologia di Nuoro raggiunge così un altro prestigioso traguardo, scelta tra i pochissimi centri italiani che hanno avuto la possibilità di impiantare questo innovativo sistema di cardiostimolazione avanzata dopo aver già eseguito nel 2022 il primo trattamento in Sardegna dell’insufficienza tricuspidale per via percutanea, la prima cardioneuroablazione e la prima “alcolizzazione della vena di Marshall”.

Il successo L’intervento, eseguito martedì scorso dall’équipe del dottor Enrico Mura, insieme al dottor Stefano Guarracini, arrivato appositamente a Nuoro da Pescara, si è concluso senza complicanze, tant’è vero che la paziente verrà dimessa oggi. Protagonista di questo primissimo impianto sardo “Aveir”, la donna tornerà presto a casa. «Ad oggi la Cardiologia interventistica, persegue con successo l’obiettivo delle 300 procedure di ablazione annue – spiega ancora Enrico Mura, direttore della struttura –, traguardo che ci proietta tra i centri ad alto volume del panorama italiano, pur contando su soli due operatori». «Da poco più di un mese è stata affiancata alle altre tecniche di ablazione anche l’elettroporazione, metodica fortemente voluta all’interno del centro per il trattamento della fibrillazione atriale. Per questa procedura viene peraltro utilizzano un protocollo di sedazione che non prevede l’anestesia generale risultando così Nuoro tra i tre soli centri in Italia che abitualmente utilizzano questo protocollo». «La cardiologia di Nuoro – continua il dottor Mauro Pisano, direttore del Dipartimento di Area medica e della Cardiologia-Utic –, ancora una volta mostra capacità innovativa e numeri da centro di prim’ordine nonostante lo squilibrio delle forze evidente dalla mappatura degli specialisti e dei medici in formazione presenti all’interno delle diverse realtà della rete ospedaliera regionale».

Il percorso «Continuiamo a pensare – rimarca – che l’unica via per offrire risposte tangibili alla popolazione sia creare innovazione e cambiare il sistema di formazione». «La Cardiologia della Asl di Nuoro – continua Pisano – è la dimostrazione che la maggioranza delle procedure e dell’assistenza può essere erogata con la qualità non inferiore o finanche superiore rispetto ai centri maggiori del paese». Viene tuttavia ancora rilevato che ad esempio nel mese in corso, nessun specializzando frequenta la struttura, al contrario di altri centri che hanno ambulatori affollati di medici in formazione specialistica. Medici che si trovano tuttavia nelle condizioni di non potersi affacciare attivamente al percorso di crescita assistenziale e soprattutto interventistico. «Ora non resta che attendere l’arrivo di personale – chiude –, auspicando che gli specializzandi si possano avvicendare alle vere innovazioni della cardiologia moderna attraverso una diffusa e capillare attività nell’ambito della rete regionale».

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