Lodè riscopre il rito de “sa mesa de sos mortos”, il banchetto frugale per le anime dei cari defunti
Allestimento nel centro storico in occasione di Ognissanti del gruppo folk “Sant’Anna”. «Fondamentali le testimonianze degli anziani, l’usanza era ormai scomparsa da tempo»
Lodè «È una delle più sentite e struggenti tradizioni andate ormai in disuso». La modernità e il mondo globalizzato hanno avuto la meglio nel corso del tempo. «Ma la memoria resta, le testimonianze orali degli anziani di Lodè sono preziosissime». Salvatore Farris parla a nome del Gruppo folk “Sant’Anna”, sodalizio di giovanissimi e giovanissime che hanno riscoperto e appena riproposto «la dolorosa “mesa de sos mortos”». «La vigilia di Ognissanti – spiega Farris –, veniva imbandito un’umile e basso tavolo (sa banchitta) con una cena frugale a base di pane, formaggio, frutta secca, fichi, olive e vino. Il banchetto veniva lasciato così per tutta la notte perché c’era la convinzione, questa era la credenza, che i propri cari defunti (sas animas) sarebbero passati a consumare il pasto».
A recuperare l’antica tradizione ci hanno pensato Rachele Mele, Fabiana Nanu, Laura Sanna e Cristina Sanna, che per l’occasione hanno indossato l’abito tipico del lutto e inscenato la vecchia usanza in una casa del centro storico, sa domo in sa roca. Con loro, a rimboccarsi le maniche per fare prima le interviste e poi l’allestimento, c’erano lo stesso Salvatore Farris e Antonello Farris, attenti a curare ogni dettaglio e particolare della rappresentazione. A documentare l’evento con un servizio fotografico, ci ha pensato Piera Chessa.
«Dopo tanti anni, abbiamo così ripristinato un rito ancestrale che suscita sempre forti emozioni e sentimenti unici e bellissimi» sottolinea ancora il capogruppo del “Sant’Anna” di Lodè. Salvatore Farris coglie l’occasione per «esprimere i più sinceri ringraziamenti ai nostri compaesani che hanno collaborato con noi mettendoci a disposizione pezzi di costume e gioielli ultracentenari, che finora erano stati tenuti gelosamente nascosti». L’elenco è presto fatto: Angela Maria Canu, Lina Canu, Maria Cristina Carta, Piera Chessa, Franca Depalmas, Francesca Piras, Laura Sanna, Liana Tuvoni e Lucia Usai. Sono loro che hanno messo a fornito pezzi di storia «che ci permetteranno di ricostruire e riprodurre fedelmente l’abito lodeino originale».
«Fondamentale è stata Maria Antonietta Scanu che ci ha procurato costume e gioielli molto antichi, completamente dimenticati dai lodeini. Un doveroso grazia va anche al nostro parroco, don Emanuele Martini, per essersi fidato e reso disponibile sin dal primo momento a darci in mano canti antichi in sardo, conservati con cura in chiesa. Grazie alla nostra sindaca Antonella Canu per averci dato la possibilità di usufruire di una delle più antiche case del nostro centro storico. Un ringraziamento particolare va anche ad Anna Cristiana Farris, preziosissima, che ci segue in questo nostro lungo percorso di ricerca e di studio intenso».