Viaggio nel medioevo di Lodè con il nuovo romanzo di Anna Cristiana Farris
“I cento uomini d’armi” intreccia libera fantasia e documenti storici in una vicenda corale del XIV secolo
Lodè «Due figure corrono trafelate lungo un sentiero di campagna, si inerpicano su un terreno roccioso lasciando ruzzolare, sotto di loro, sassi, foglie secche e radici di piante». È con questo incipit che prende piede il nuovo libro di Anna Cristiana Farris, “I cento uomini d’armi”, uscito lo scorso ottobre per i tipi delle Edizioni Solinas. Un romanzo con una forte connotazione storica, benché basato sulla fantasia dell’autrice, che lascia galoppare la libera creatività pur rimanendo comunque nei binari propri della documentazione d’archivio, già edita ma anche inedita. Classe 1974, ricercatrice appassionata di storia e storie di Lodè, Farris è alla sua seconda prova letteraria, dopo il romanzo d’esordio “Nient’altro che polvere”, pubblicato nel 2021.
Prima ancora, nel 2020, aveva dato alle stampe il saggio “Onomastica familiare a Lodè dal Cinquecento al Novecento. Indagine storica su trentasette ceppi familiari”. Nel 2016, inoltre, aveva curato insieme a Graziano Serra il libro “Per non dimenticare”, edito dal Comune-Biblioteca comunale, una raccolta di biografie dei soldati lodeini caduti nella guerra del 1915-1918.
Ora, Anna Cristiana Farris, torna al romanzo. E se con il precedente viaggiava nell’Ottocento lodeino, stavolta va un grande salto nel passato, nel basso medioevo. Anno domini 1355. L’ambientazione è tutta incentrata su un villaggio, la villa di Lotey. Luogo che rimanda chiaramente a Lodè e che diventa protagonista come protagonisti lo sono i suoi abitanti e tanti altri personaggi. «I loro petti ansimano dalla fatica, dall’affanno ma soprattutto dal terrore» si legge nelle prime righe. Figure misteriose, un signorotto straniero e sconosciuto, le epidemie da una parte. Dall’altra «i coraggiosi abitanti» che neppure la fame e la povertà riescono a fermare. «Venne anche la Pasqua del 1358 – va avanti Farris – e fu la festa più felice per la famiglia di Petru de Cherchi e la più amara per il majore de iscolca Mariane Devanu che fu sostituito da Dorgotori de Zori, uno dei figli del vecchio Iorgi che, orgogliosamente, si recò alla grande villa per prestare giuramento di fedeltà e iniziò con grande impegno il suo nuovo incarico». Ricco di mille sviluppi, di dialoghi e di coralità, il romanzo riempie oltre duecento pagine di storie e controstorie, con passaggi lineari e colpi di scena, con accelerazioni improvviste e passeggiate più rilassate. Sempre con un dato di fatto: “sono presenti al giorno d’oggi cento uomini d’armi”. Così recita un antico documento redato nel lontano 1358, quando la Villa di Lodè apparteneva all’Ospedale di San Giovanni...