La Nuova Sardegna

Olbia

Tavolara, scoperto il relitto dei misteri

di Alessandro Pirina
Tavolara, scoperto il relitto dei misteri

Nel 1950 il “Mamma Elvira” si era inabissato durante una tempesta con 800 tonnellate di barite e 40 di esplosivo

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OLBIA. Giace in fondo al mare dal 1950, da quando nel cuore della notte del 29 ottobre naufragò al largo dell’isola di Molara. Il suo equipaggio si mise in salvo su una scialuppa, ma della motonave “Mamma Elvira”, colata a picco facendo perdere le sue tracce, per 62 anni non si è saputo più nulla. Fino a qualche mese fa, quando Egidio Trainito, esperto naturalista e collaboratore dell’Area marina protetta di Tavolara, è riuscito a localizzarla a 47 metri di profondità e a immortalarla con il suo obiettivo. «In tutti questi anni avevo preso molte informazioni sul naufragio della “Mamma Elvira” – racconta Trainito, autore anche del volume “Relitti. Le migliori immersioni del mondo” –. Sapevo solamente che era affondata a un miglio a est di Molara. Troppo poco, però, per riuscire a localizzare il relitto. L’occasione si è presentata l’anno scorso quando un’equipe dell’agenzia Andromede ha iniziato a occuparsi della nuova cartografia sottomarina dell’area marina di Tavolara. I francesi avevano a disposizione apparecchi molto innovativi, io ho approfittato di queste nuove tecnologie e ho chiesto di visionare il fondale vicino a Molara. Dalla loro ricerca è emerso che molto probabilmente lì sotto c’era il relitto di una nave. A quel punto, non mi è rimasto che verificare la cosa di persona e il risultato è stato appunto il rinvenimento dell’imbarcazione affondata nel ‘50».

La “Mamma Elvira”, costruita a La Spezia e denominata “Elvira Madre”, nel 1944 fu vittima di un bombardamento aereo a Viareggio. Rimessa a nuovo, era stata ribattezzata con il nuovo nome e aveva ripreso a navigare il Mediterraneo. Il 28 ottobre 1950 la motonave, 39 metri di lunghezza e 316 tonnellate di stazza lorda, era salpata da Carloforte. A bordo ci erano otto membri dell’equipaggio, tutti viareggini, 800 tonnellate di barite e 40 di esplosivo. Ma nel cuore della notte, vicino a Molara, la “Mamma Elvira”, probabilmente a causa del brutto tempo, fu vittima di un naufragio. I suoi uomini riuscirono tutti a mettersi in salvo e a bordo di una scialuppa raggiunsero Punta Timone, sull’isola di Tavolara, ma lo scafo si inabissò, portandosi a fondo tutto il suo carico.

«Delle parti in legno della motonave non è rimasto più nulla – dice ancora Trainito –. Sono, però, ancora visibili quelle in ferro, le eliche e il motore». Il “Mamma Elvira” era uno dei quattro relitti mai rinvenuti dei nove naufragati nelle acque dell’area marina protetta di Tavolara. A mancare all’appello, dopo il suo rinvenimento, sono rimasti in tre: la nave “Palestina”, affondata vicino a Molarotto nel giugno 1915, il motoveliero “Amalia”, adibito allo sminamento, che il 18 luglio 1943 nei pressi della Cinta fu attaccato e affondato dal sommergibile inglese “Safari”, che poi riuscì a dileguarsi, e il peschereccio golfarancino “San Giuseppe”, che il 19 dicembre 1949 ebbe un’avaria al motore durante una tempesta. I due marinai e il capo barca raggiunsero a nuoto la Spiaggia di Levante, dove furono soccorsi dagli abitanti dell’isola, ma l’imbarcazione si inabissò all’altezza di Punta del Papa e da allora nessuno è mai riuscito a localizzarla in fondo al mare. I fondali dell’Amp, un po’ come tutta la Sardegna sottomarina, possono essere considerati dei veri e propri cimiteri di navi e barche. Tanto che oggi sono location ideali per il turismo subacqueo. Un esempio, sempre nelle acque di Tavolara, è dato dalla nave “Chrisso”, che nel 1974 andò a incagliarsi sugli scogli di Punta La Greca. Per vent’anni il relitto, rimasto alla deriva davanti a Porto Taverna e visitabile in molte sue parti, è stato una meta ambita dai sub, ma poi, negli anni ’90, una mareggiata lo ha spezzato in due tronconi e da allora è andato quasi tutto a fondo.

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