La Nuova Sardegna

Olbia

Lo strappo della Gallura contro il governo del Pd

di Giampaolo Meloni

«La riforma degli enti locali mette ai margini un’area già impoverita di servizi» «Pigliaru e Soru sappiano che si rischia una ferita profonda con questo territorio»

27 novembre 2015
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OLBIA. La giunta regionale e la direzione regionale sapranno presto, attraverso un documento, che c’è un popolo del Pd, dentro il Partito democratico, che vive la grande frustrazione dell’abbandono: il proprio e quello del territorio. La Provincia che si dissolve in una entità amministrativa tutta da costruire, la mutazione della sanità in un sistema amputato e parzialmente risucchiato da un Mater Olbia di cui a tanti sfugge la prospettiva, il tribunale dal futuro incerto, l’Autorità portuale inghiottita da quella di Cagliari. La responsabilità della scarnificazione gallurese? Per un verso la Regione guidata da Francesco Pigliaru e da una coalizione di centrosinistra, per l’altro dal vertice regionale del partito diretto da Renato Soru. «In sostanza, il Partito democratico, quello che tanti cittadini non capiscono più e nel quale noi stessi stentiamo a riconoscerci e che, se questa distanza non sarà annullata, potremmo non votare più».

È il grido di rivolta che tanti militanti, e non gli ultimi iscritti, ma sindaci e dirigenti provinciali e locali del Pd hanno ribadito nel pomeriggio riuniti dal segretario provinciale Tomaso Visicale proprio il giorno in cui la Gallura si vede sfilare di mano l’autonomia amministrativa. «Non c’è un criterio equo – ha detto Visicale –, ad alcuni danno, quelli che hanno già tanto, ad altri tolgono, quelli che hanno poco e continuano a prendere calci nel c.».

Nella mattinata la Commissione autonomie locali del consiglio regionale aveva votato e approvato il testo della riforma degli enti locali, ma Giuseppe Meloni, esponente gallurese del Pd che ne fa parte, ha votato no con altri due componenti dell’organismo (si vedano le cronache regionali). «Con grande sofferenza ho votato contro la mia maggioranza, ma su questo Disegno di legge non ho visto nessuna apertura. Abbiamo fatto male a non andare in massa alla direzione regionale del partito che si è tenuta di recente a Oristano. Questa riforma dovrebbe avviare una fase di transizione ma temo che quando questa finirà, se finirà, non si farà nulla per la nostra autonomia». Il Ddl approderà probabilmente il 10 dicembre in aula: «Diciamo chiaramente, perché lo intendano, che c’è il rischio serio di uno strappo con questo territorio, sarebbe una ferita senza senso e difficilmente cicatrizzabile», incalza Meloni dopo avere sottolineato la «tanta confusione», generata con le previste unioni dei Comuni, area vasta, città metropolitane.

Ragionamenti condivisi dall’assemblea, dalla quale con numerosi interventi salgono anzi toni ancora più determinati. Ilario Pisciottu, sindaco di Santa Teresa di Gallura, parla di «situazione disarmante» e prefigura che «la prossima volta sarà difficile sostenere questa maggioranza». Tante le ragioni che spingono in basso la passione e l’entusiasmo politico. «Abbiamo il dovere di fermare questa china», dice Marino Achenza. «Devono smettere con queste proposte chiuse da prendere o lasciare», commenta Alessandro Casu. «Minacciano di dimettersi? Sappiano che se continuano così saremo noi a dimetterci. Molti già stanno andando via», sancisce Piero Usai. Sarà Rosina Niola, che già ne fa parte per la Gallura, a portare nel partito gli umori che saranno impressi nel documento della rivolta nelle prossime ore.

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