La Nuova Sardegna

Olbia

Boom dell’acquatrekking ma l’ecosistema è a rischio

di Dario Budroni
Boom dell’acquatrekking ma l’ecosistema è a rischio

L’allarme del naturalista Marco Marrosu: «Ci sono troppi praticanti nei torrenti Occorre rispettare semplici regole per non danneggiare un ambiente delicato»

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OLBIA. Il fiume diventa come un sentiero. Gli escursionisti lo percorrono fino a valle. Camminano sul fondale, nuotano nelle piscine naturali, si tuffano dove l’acqua è più profonda. Si chiama acquatrekking ed è l’ultima frontiera degli sport outdoor. Una attività molto praticata anche in Gallura che vede come protagonisti numerosi appassionati, spesso accompagnati dalle guide. Ed è proprio questo nuovo interesse nei confronti dei fiumi a preoccupare Marco Marrosu, naturalista, con oltre trent’anni di esperienza nelle attività outdoor e consulente di enti e università. Marrosu non condanna l’acquatrekking e non chiede di limitare questa disciplina: agli escursionisti chiede però una maggiore attenzione e soprattutto il rispetto di poche ma fondamentali regole. Il motivo è questo: la presenza dell’uomo potrebbe mettere a rischio gli equilibri su cui si fonda la biodiversità. Basti pensare che nei torrenti della Sardegna vive l’euprotto sardo, un anfibio che esiste solo nell’isola, più raro e vulnerabile del panda.

Cosa succede. La Gallura, come il resto della Sardegna, è una terra ricca anche di torrenti che si prestano ad alcune discipline come l’acquatrekking e il canyoning. Il più famoso di tutti è lo spettacolare Rio Pitrisconi, a Monte Nieddu, nel territorio di San Teodoro, ormai una tappa fissa per chi cerca un’alternativa al mare. «L’acquatrekking è di sicuro appeal turistico e ci sono alcuni luoghi in Sardegna dove, un po’ per la facilità di accesso e un po’ per le guide che lo propongono continuamente, si registra un gran traffico di gruppi di persone – spiega Marrosu -. Le ricerche hanno però evidenziato che l’acquatrekking e gli sport simili, che prevedono la percorrenza dei corsi d’acqua, causano una riduzione della densità delle specie, un calo della biodiversità e una modifica della qualità ecologica dell’acqua. Il problema è legato al passaggio dei praticanti nel letto del torrente. Smuovere le alghe, la sabbia e i massi camminando sulle rocce e nel fondale distrugge il nutrimento e il numero degli invertebrati alla base della catena alimentare delle specie. Questo avviene in ambienti dove l’acqua si rinnova di continuo, ma cosa potrebbe accadere in Sardegna d’estate, dove il letto dei torrenti è ridotto e il flusso non permette il ricambio veloce dell’acqua dalle pozze?».

Le regole. Il naturalista Marco Marrosu sta sensibilizzando gli escursionisti affinché l’azione dell’uomo non interferisca con quella dell’ambiente. «Ogni volta che entriamo in un torrente bisogna cercare di osservare alcune regole – spiega Marrosu -. Per esempio, bisogna evitare il più possibile di calpestare il fondale preferendo quindi nuotare o camminare lungo le sponde. Inoltre bisogna muoversi in silenzio e avanzare in piccoli gruppi per evitare di disturbare l’ecosistema. E se in acqua c’è già un gruppo è sempre meglio non affollarsi negli stessi luoghi. Infine, evitare di andare dove l’euprotto potrebbe avere deposto le sue uova».

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