La Nuova Sardegna

Olbia

Tra passato e futuro

Olbia, vietato demolire l’ex cinema Astra: il vincolo della Soprintendenza complica l’acquisto del Comune

di Serena Lullia

	Il cinema ex teatro Astra si affaccia su Piazza Mercato
Il cinema ex teatro Astra si affaccia su Piazza Mercato

L’amministrazione Nizzi tratta con il privato. L’edificio è diventato bene culturale e l’offerta del 2022 non è più valida

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Olbia Sotto la facciata abbrustolita da tre roghi e quell’aspetto malconcio batte il cuore di un’opera architettonica di grande valore. Per chi guarda l’ex cinema Astra oggi viene un po’ in salita crederci. Ma la Soprintendenza e il ministero della Cultura non hanno dubbi. L’immobile uscito dalla virtuosa matita dell’architetto Ubaldo Badas negli ’50 del 1900 è un bene di interesse culturale da tutelare. Vietato quindi demolirlo e ricostruirlo ex novo, ma anche fare modifiche interne che snaturino i caratteri architettonici che racchiudono l’essenza dell’arte di Badas. Un vincolo che da un lato fa impennare il valore immateriale di quell’edificio, catalogato dagli occhi dei più come antiestetico e simbolo del degrado. Dall’altro cambia la trattativa del Comune con la famiglia Bagatti, proprietaria dell’ex cinema. Già nel 2022 il sindaco Settimo Nizzi aveva annunciato in Consiglio l’acquisizione dell’Astra. L’intenzione dell’amministrazione era demolire l’immobile e trasformarlo in un teatro moderno. A oggi il privato resta l’unico proprietario e il nodo è l’offerta economica. Due anni fa si parlava di un milione e mezzo di euro. Il vincolo di bene culturale ha inevitabilmente rovesciato il tavolo della compravendita. Il Comune non intende tornare indietro dall’impegno assunto con la città, nel frattempo però le condizioni sono cambiate e la cifra offerta è destinata a scendere. Serviranno poi diversi milioni di euro per il restyling.

La storia Nel 1951 Ubaldo Badas riceve l’incarico di disegnare il cinema teatro Astra. La struttura viene inaugurata nel 1953: ha mille posti a sedere e all’epoca compete con quelli di città più grandi di Olbia. «Per oltre 30 anni – si legge nella relazione storico artistica firmata dagli architetti Laura Lutzoni e Iunior Salvatore Zirano – è stato un luogo di ritrovo e di spettacolo per gli abitanti e per diversi anni fu scelto come sede per la “rassegna del film d’amatore”. Durante il carnevale le sedute in legno della platea venivano rimosse e veniva trasformato in sala da ballo. La struttura è stata attiva fino alla fine degli anni Ottanta, poi chiusa e dopo tre incendi, dichiarata inagibile».

Bene culturale perché Per la Soprintendenza l’ex Astra è una sintesi perfetta del linguaggio architettonico di Badas. Ma è anche custode della memoria, testimone «di un particolare periodo storico e movimento culturale, costituisce parte della memoria collettiva di Olbia». L’edificio tra via Padova, via Pisa e via Dettori racchiude il linguaggio architettonico di Badas «essenziale e privo di elementi decorativi, improntato verso un’estrema sobrietà e semplicità delle forme e geometrie». Al di là dello stato di conservazione, «il valore culturale del bene è conservato nell’articolazione planimetrica, nei volumi, nei prospetti, nell’impronta tipologica che identifica il rigore dell’edificio in relazione al ruolo detentore di una funzione culturale ancora identificabile».

Vincolo illegittimo I proprietari contestano il vincolo. Ritengono che non ci siano i requisiti soggettivi e oggettivi per dichiarare l’immobile di interesse culturale. E che il vicolo sarebbe illegittimo nel caso in cui non venisse consentita la demolizione e ricostruzione con modifica funzionale di prospetti e sagoma, il cambio di destinazione d’uso e la ridistribuzione di spazi interni ed esterni. La Soprintendenza ha già chiarito la sua posizione. Oltre a ribadire il valore dell’Astra come sintesi dell’opera di Badas, sottolinea che «l’intervento di demolizione e ricostruzione si porrebbe in contrasto con il principio alla base della relazione storico-artistica in quanto comporterebbe la perdita dell’oggetto stesso di tutela». Sul cambio di destinazione d’uso «non risulta essere pervenuta alcuna comunicazione» e apre alla redistribuzione interna degli spazi. «La volontà di attuare un intervento di restauro del manufatto con eventuale riorganizzazione degli spazi sarebbe oggetto di apprezzamento e massima attenzione da parte di questa Soprintendenza».

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