La Nuova Sardegna

Olbia

Lo scandalo

Olbia, non solo le navi andate distrutte: a rischio l’intero tesoro archeologico

di Dario Budroni

	Le casse abbandonate contenenti i resti delle navi romane nell'ex Artiglieria
Le casse abbandonate contenenti i resti delle navi romane nell'ex Artiglieria

L’area dell’ex Artiglieria è accessibile a chiunque. Gli antichi reperti tra furti, incendi e alluvione

21 marzo 2024
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Olbia. Le navi romane sono lì, in mezzo alle erbacce, trasformate dal sole e dalla pioggia in vecchi pezzi di legno marcio. Ma le cose, tutto attorno, non vanno poi così diversamente. L’ex Artiglieria di Santa Cecilia, in pieno centro, è una sorta di supermarket dell’antichità. È qui che è conservato il tesoro di Olbia, a parte gli ancora pochi reperti esposti nelle sale del museo archeologico. Ed è sempre qui che nei decenni è praticamente successo di tutto. Furti, occupazioni, incendi, blitz delle forze dell’ordine, tentativi di dare fuoco alle navi. Insomma, il patrimonio archeologico della città costantemente messo a rischio da un sistema multilivello che non è mai riuscito a trovare una sistemazione diversa per il prezioso deposito della Soprintendenza.

Le navi perdute. Decenni di spada di Damocle sulla testa fino allo scandalo delle navi romane e medievali andate perdute. Vennero trovate tra il 1999 e il 2001 durante lo scavo per il tunnel. Tre quelle finite al museo, mentre le altre 21 furono inscatolate e conservate per lunghi anni nei vecchi capannoni della Soprintendenza, all’interno dell’ex Artiglieria. Tre o addirittura quattro anni fa, però, i resti delle antiche imbarcazioni vennero sistemati all’esterno, forse per permettere i lavori di ristrutturazione e di trasformazione in polo espositivo di alcuni dei capannoni. Il cantiere è tuttora in corso e si basa su un finanziamento da 700mila euro ottenuto in passato dalla stessa Soprintendenza. Ma il problema, e non si conosce il motivo, è che le navi non sono state più messe al riparo, almeno al coperto. Il risultato è drammatico: nel giro di qualche anno i resti delle vecchie navi, conservati dentro grandi casse di legno, sono praticamente andati distrutti. Nel migliore dei casi i legni millenari annegano in mezzo all’acqua sporca, alla melma e alla plastica maciullata, nel peggiore, invece, gli antichi fasciami si sono trasformati in pezzi di legno putrefatto. La fine delle antiche navi è stata raccontata ieri dalla Nuova Sardegna. Contattata, la Soprintendenza di Sassari e Nuoro, a cominciare dal soprintendente Bruno Billeci, non ha voluto commentare il caso Olbia.

Il resto del tesoro. Le navi, dunque. Ma non solo. Da tempo i capannoni dell’Artiglieria custodiscono migliaia di reperti trovati nei decenni nel sottosuolo della città. E quindi vasi, resti umani, corredi funerari, pezzi di statue, frammenti di mosaici. C’è praticamente di tutto. Per anni i pochi archeologi della Soprintendenza locale hanno dovuto fare i conti con un luogo sicuramente non adatto a ospitare un tesoro di questo tipo. O meglio: con una area che non si è mai riusciti a mettere in sicurezza. Sì, il cancello principale è chiuso, ma l’accesso non è certamente impossibile. L’area non è sorvegliata e basta percorrere un sentierino di venti metri, e poi scavalcare uno dei piloni della sopraelevata che passa sopra l’area, per ritrovarsi dentro l’ex Artiglieria. E quindi a contatto con i resti della storia millenaria della città. Gli indizi, sul fatto che la zona è davvero accessibile a tutti, sono sparsi ovunque: bottiglie di birra, cartoni di vino, fazzoletti e anche graffiti sulle pareti esterne del magazzino che custodisce i resti della Olbia antica.

Vita tribolata. Le navi e tutti gli altri reperti se la sono sempre vista brutta. L’ex Artiglieria, dove si trovano i magazzini della Soprintendenza, vanta un lungo curriculum di disastri e sciagure sventate. Partiamo dal 2002. Qualcuno si intrufolò in un capannone e con un coltello lacerò il cellofan per far defluire l’acqua che serviva per tenere umido il legno delle navi romane. Ben 17 le casse sventrate. Infine il tentativo, per fortuna non andato a segno, di dare fuoco ai legni delle navi con l’utilizzo di una bottiglia di liquido infiammabile. Nel 2007 un ampio servizio della Nuova Sardegna raccontava tutto ciò che accadeva all’interno dell’ex Artiglieria, in area demaniale: diversi capannoni occupati da un esercito di senzatetto e un successivo blitz da parte delle forze dell’ordine per sgomberare la zona. Nel 2009 un nuovo blitz per allontanare i disperati dai preziosi reperti archeologici. Nel 2011 ancora un servizio del giornale sul caso archeologia e senzatetto: «Per sfrattarli e salvare le navi da un futuro come legna da ardere sono dovute intervenire le forze dell’ordine». Un altro grande rischio è stato poi corso il 18 novembre del 2013, il giorno dell’alluvione che devastò mezza città: l’ex Artiglieria venne travolta dall’ondata di piena del ciclone Cleopatra e il fango invase anche i magazzini della Soprintendenza. Risultato: 300mila euro di danni. Le navi romane, però, riuscirono in qualche modo a salvarsi. Il duro lavoro degli archeologi permise al fasciame conservato nelle casse di legno di tornare nuovamente al suo posto, con la speranza di un futuro intervento di restauro. E poi il 2014, quando i carabinieri riuscirono a sventare il furto di un ricco bottino fatto di reperti archeologici: la bellezza di 18 casse piene di ceramiche e altri resti del passato millenario della città. Nel settembre del 2021, invece, un vasto incendio scoppiò sempre dentro l’ex Artiglieria di Santa Cecilia: colonne di fumo, gli abitanti della zona attorno costretti a lasciare le loro case per precauzione. Anche in questo caso le navi riuscirono a non finire tra le fiamme. Infine la scoperta di due giorni fa, quando gli antichi relitti sono stati fotografati e filmati nel loro stato attuale. Abbandonati in mezzo all’erba e ai rifiuti, ormai tristemente in rovina.

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