Turismo, l’economista Marcetti: «A Olbia non solo mare e spiagge»
L’analisi dello studioso: «Gli scenari sono tanti, la città è cresciuta e adesso offre tanti servizi»
Olbia. Un caffè di primo mattino al bar Bua, all’angolo tra via Roma e via Mameli. «Caffè d’orzo e un bicchiere di acqua metà gasata e metà naturale, grazie». Carlo Marcetti toglie zuccheriera e contenitore di fazzoletti per fare spazio sul tavolo. «Ecco, guarda qua». Stende pochi fogli, sopra ci sono tabelle e percentuali. L’indole da studioso non lo abbandona mai. Nemmeno stavolta, che è chiamato a commentare, più che a spiegare, com’è cresciuta una Olbia che sente anche sua. Economista, ha insegnato nelle università di Cagliari e Sassari, da anni è ormai il termometro dei flussi turistici in città con il “Meeting di Olbia” di cui presiede il comitato scientifico. Alle spalle, anche un’esperienza sulla poltrona del presidente del consiglio comunale.
Evoluzione. All’ingresso del bar, due foto nella stessa cornice, una a fianco all’altra. In una è ritratto l’esterno del locale in tempi recenti, l’altra è catapultata negli anni ‘50. Stessa visuale, molti cambiamenti. Prima era tutta strada bianca. Va bene, non così indietro nel tempo, ma com’è cambiata la città da prima a dopo i duemila? «C’è stata una evoluzione continua». Prima era una Olbia di passaggio, ora è – anche – una Olbia dove ci si ferma, dove passare le vacanze. «Si è evoluta a livello quantitativo, e questo è evidente». Ma il professore fa subito notare: «Non necessariamente la crescita quantitativa misura il successo di una località o la qualità della sua offerta turistica: ed è qui che dobbiamo continuare a giocare la prima scommessa». C’è una convinzione che si fa spazio lungo tutta la chiacchierata con Marcetti, che è quella che Olbia non sia semplicemente cresciuta come città turistica. Ma che attraverso il suo sviluppo, abbia quindi accolto anche la richiesta e l’esigenza turistica. Ma quella che si figura in mente non è certo la città solo spiaggia e aperitivo.
I settori. Numeri e tabelle, si diceva. Marcetti si rifà ad alcuni dati tra le imprese attive nei settori economici e iscritte alla Camera di commercio del Nord Sardegna. Nel 2011, ormai tredici anni fa, il settore al primo posto per incidenza era il commercio con 1.844 aziende. Al 2023, ultimo anno utile per avere una visione completa, è sceso di un gradino e di alcune unità (-75). Dato che si controbilancia con la crescita dei servizi saliti in cima dal solo terzo posto di tredici anni fa. Alloggio e ristorazione incidono pressoché allo stesso modo, dal 9,7 per cento all’11,1 per cento. Poi Marcetti evidenzia: «L’ambito delle Costruzioni è passato dal secondo al terzo posto ma è cresciuto in fatto di valori assoluti – e ancora –. Il manifatturiero è calato, sceso al sesto posto. Probabilmente era il settore delle grandi famiglie, di certe tradizioni che però anche nella nostra città sono cambiate. Ora ha numeri minori ma anche le aziende che ne fanno parte sono votate alla tecnologia, all’innovazione. Il concetto è quello della sostituibilità delle imprese e di una maggiore dinamicità in un mercato sempre più competitivo».
Arrivi e presenze. Sfila un ultimo foglio, Carlo Marcetti, ed è una lista dei primi trenta comuni per numero di presenze, con colonne di cifre. Tra gli arrivi, Olbia nel 2022 era terza, vale a dire dietro Alghero e Cagliari, con 254mila persone. Poi c’è il dato della gente proveniente da fuori che effettivamente ha frequentato la città e vi ha soggiornato. Qui Olbia si conferma tra le primissime mete. Dietro Alghero e Arzachena che superano a testa il milione, arriva Orosei outsider e quindi Olbia con 822mila presenze. «Il soggiorno medio è di 3,23 giorni. La permanenza non è da località turistica», ma Marcetti lo dice col sorriso perché rifiuta l’immagine tout court di città da spiaggia. Tra le località con soggiorni più prolungati, nella top 30 figurano infatti comuni piccoli che offrono la classica soluzione costiera. Trinità d’Agultu (6,41 giorni di permanenza), Siniscola (6,43), Badesi (7,60), Muravera (7,20), Budoni (7,13). «Il nostro dato è molto simile a quello di Cagliari, che è anche più basso, con 2,39 giorni. Cosa significa? – suggerisce Marcetti –, che a bilanciare ci sono anche le persone che vengono giusto il fine settimana o che vengono per affari».
«Non solo città turistica». Presenze che hanno un’incidenza nel conteggio complessivo. «Olbia è anche questa, una città che attrae lavoro e arrivi lungo gli altri mesi dell’anno, all’infuori dell’estate. Non siamo una città che si caratterizza solo per il turismo, ma che offre servizi, offre altro. E, mi si permetta, potrebbe offrire un’accoglienza diversificando l’offerta turistica ancora di più». In che senso? «A tutti noi brillano gli occhi solo a guardare il mare, è vero, ma abbiamo un eclave particolare che è composta da tutti i sardi venuti da altri paesi dell’interno. E dobbiamo guardare lontano dal mare. Il turismo rurale è una strada percorribile – riflette l’economista –, e ancora, abbiamo agriturismi che vivono in stretta relazione con la dimensione costiera. Per non parlare delle attività di enoturismo che stanno nascendo. È anche lì che si creano occasioni di accoglienza e ospitalità». Il turismo che prospetta Carlo Marcetti non è fatto di grandi masse sudate. «Ma è un turismo con rapporto stretto con la natura, lento, che mette a disposizione un rapporto diretto con i produttori e che – sottolinea – non è antagonista di un altro tipo di turismo. Ma fa da integrazione».