La Nuova Sardegna

Olbia

La storia perduta

Olbia, in Consiglio lo scandalo delle navi romane: «Salvate il nostro patrimonio»

di Dario Budroni

	Il consigliere Eugenio Carbini durante il suo intervento
Il consigliere Eugenio Carbini durante il suo intervento

Anche la maggioranza vota la mozione del gruppo Liberi. Carbini: «Tre mesi di silenzio». Nizzi si rivolge al ministero

12 giugno 2024
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Olbia. Le navi romane piene di melma e di muffa approdano per la prima volta in consiglio comunale. Eugenio Carbini, consigliere di minoranza del gruppo Liberi, legge la sua mozione e impegna la giunta a chiedere aiuto anche al ministero della Cultura pur di mettere al sicuro i reperti abbandonati nell’ex Artiglieria di Santa Cecilia. La maggioranza, dopo una ripulita concordata al testo della mozione, alla fine vota sì. Il segnale è insomma politico e il consiglio comunale – sullo scandalo delle navi romane abbandonate – risponde in maniera più o meno compatta. Il sindaco Settimo Nizzi non si sbilancia troppo, ma dice di aver già avviato una interlocuzione con il ministero e lascia intendere che, in questi mesi, tutto ciò che è di competenza comunale è stato realizzato. Il resto – e cioè la custodia degli antichi relitti – è infatti da sempre nelle mani della Soprintendenza. Sul caso è stata aperta anche una inchiesta da parte della Procura, che, per svolgere tutti gli accertamenti, ha affidato la delega al nucleo speciale dei carabinieri che si occupa della tutela del patrimonio culturale. Al momento non ci sono indagati.

La mozione. Sono passati quasi tre mesi da quando La Nuova Sardegna aveva raccontato lo stato di abbandono (e di distruzione) dei numerosi relitti all’interno dell’ex Artiglieria. Legni millenari per anni dimenticati all’aperto, sotto il sole e sotto la pioggia, come fossero vecchi rifiuti. Ieri in Consiglio è così approdata la mozione del gruppo Liberi, firmata da Eugenio Carbini, Davide Bacciu, Paola Tournier e Diego Sanciu. «Mi risulta che a oggi la situazione sia rimasta invariata, se non per quanto fatto dal sindaco per sua competenza» dice Carbini, riferendosi agli interventi svolti dal Comune. Poi il consigliere entra nel cuore della questione: il trattamento riservato a un patrimonio che può tranquillamente essere considerato unico al mondo. «È come se si venisse a scoprire che la Gioconda è stata dimenticata in una cantina e che, purtroppo, alla fine è marcita – prosegue Carbini –. La proporzione è quella. Lo scandalo è scoppiato quasi tre mesi fa e la mia mozione sarebbe potuta risultare obsoleta. Invece, per quanto io sappia, quei reperti sono ancora lì». Poi Carbini domanda al sindaco se in questi mesi sia stato avviato un dialogo con il ministero. E infine: «Ciò che mi avvilisce è che uno scandalo duri quasi tre mesi e che ad accompagnarlo sia solo un silenzio assordante. Suppongo che ci siano dei responsabili. Non sono un inquisitore e non voglio esserlo, ma allo stesso tempo mi farebbe piacere capire cosa è successo. Su questo argomento non indietreggiamo di un solo centimetro».

Il sindaco. Dopo l’inchiesta della Nuova, il Comune ha fatto pulire l’ex Artiglieria negli spazi di sua competenza e ha messo in sicurezza le recinzioni per scongiurare intrusioni. Ieri il sindaco Nizzi ha comunque optato per una linea soft. Forse perché è in corso un’inchiesta da parte della Procura o forse per evitare imbarazzi diplomatici con un’altra istituzione, la Soprintendenza. In ogni caso Nizzi ha detto: «Abbiamo fatto tutto quello che c’era da fare e abbiamo interloquito con il ministero dei Beni culturali. Le cose che devono essere fatte, saranno fatte». Infine il sindaco ha chiesto a Carbini di eliminare dalla mozione alcune parti – in cui si parlava per esempio di «scandalo» e «scempio culturale» – e il documento è stato così messo ai voti: 21 sì e 4 astenuti. Con la mozione di Liberi il Consiglio impegna dunque il sindaco, tra le altre cose, a chiedere «agli enti competenti un intervento immediato per la salvaguardia dei beni culturali» conservati nell’artiglieria.

Cosa è successo. Con esattezza non si sa. Una spiegazione su come sia stato possibile mandare in rovina un patrimonio unico al mondo non è stata mai data. Si sa solo che i circa venti relitti trovati durante lo scavo del tunnel – a parte i tre esposti al museo – erano stati conservati per anni all’interno di un capannone dell’ex Artiglieria. Le navi erano state poi sistemate all’esterno, circa quattro anni fa, per permettere un intervento di restauro nello stesso capannone. I lavori, però, non sono mai partiti e le navi, da allora, sono rimaste in mezzo alle erbacce.

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