La Nuova Sardegna

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L’aeroporto

Olbia, da Venafiorita al Costa Smeralda: «Il polo Atitech salvi la tradizione»

di Dario Budroni

	Il tecnico Gavino Degortes (a destra) in una foto di Giancarlo Trevisan
Il tecnico Gavino Degortes (a destra) in una foto di Giancarlo Trevisan

La storia della manutenzione aerea in città nei ricordi del tecnico Gavino Degortes

29 giugno 2024
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Olbia. La manutenzione aerea affonda le radici in aperta campagna. Altro che Avio 1 e Avio 2: il primo hangar dove ci si è sporcati le mani di grasso è uno scatolone di lamiera ancora in piedi lungo la strada che porta a Loiri. A Venafiorita è nata Alisarda e insieme a lei anche la lunga tradizione di un polo manutentivo tra i migliori in circolazione. Finito al capolinea con la scomparsa di Air Italy, e con centinaia di lavoratori mandati a casa, risorgerà nei prossimi mesi sotto le insegne del colosso Atitech. Non più aerei di linea ma business jet. Insomma, una vecchia storia che riprende in qualche modo vita e che apre nuovi scenari in termini di sviluppo e di occupazione. Gavino Degortes, olbiese, una delle colonne storiche di quella che fu Meridiana Maintenance, stavolta non indossa la tuta da meccanico ma i panni dello spettatore. E sorride davanti all’accordo tra Geasar e Atitech che punta a riattivare il polo manutenzioni sul bordo della pista dell’aeroporto Costa Smeralda. «Spero proprio che sia una vera rinascita – dice Degortes, in pensione da una quindicina di anni –. Perché è giusto che Olbia abbia di nuovo il suo polo manutentivo. È una tradizione che doveva essere salvata. Il mondo dell’aeronautica è molto affascinante e sono convinto del fatto che esistano anche tanti giovani pronti a mettersi in gioco».

A Venafiorita. Il principe Karim Aga Khan aveva fondato Alisarda da una manciata di anni quando Gavino Degortes, classe 1951, della famiglia Pinzellu, finì per la prima volta all’ombra di un aereo. «Studiavo alle professionali – racconta – e cominciai a lavorare in una officina. Realizzavo ringhiere e ferravo asini e cavalli. Tutte cose che mi sono servite. Poi si presentò la possibilità di andare a lavorare per Alisarda. Era il 1971 e l’aeroporto Costa Smeralda sarebbe stato aperto tre anni più tardi. Quindi la nostra base era l’aeroporto di Venafiorita e noi tecnici lavoravamo dentro l’hangar oggi dismesso ma ancora al suo posto. Altri tempi, comunque. Mi affascinavano i ricordi di un mio zio che pilotava gli idrovolanti e, per me, lavorare per Alisarda era davvero il massimo. Eravamo tutti amici: tecnici, piloti e assistenti di volo. Crescevamo insieme, la stima era reciproca. Era tutto ben organizzato, lavoravamo e studiavamo. La formazione era fondamentale e ricordo ancora la figura di Giancarlo Buraggi, un nostro insegnante. Da qualche parte devo ancora avere le sue dispense. Una persona squisita che ci insegnò tutto, a cominciare dall’aerodinamica. Ricordi bellissimi, almeno per me».

L’eccellenza. Nel luglio del 1974, mezzo secolo fa, venne dunque inaugurato il Costa Smeralda. Per un primo periodo, però, i tecnici di Alisarda continuarono a operare ancora dentro l’hangar di Venafiorita. Infine il trasloco definitivo nel nuovo aeroporto. È qui che il polo manutentivo olbiese, che sarebbe più tardi diventato Meridiana Maintenance per poi essere fagocitato da Air Italy prima della drammatica chiusura, divenne presto una eccellenza a livello anche internazionale. Al lavoro diverse centinaia di tecnici ultraspecializzati. «Eravamo in tanti e anche molto legati tra noi – ricorda Degortes –. Lavoravamo bene e il nostro polo fu per tanti anni un fiore all’occhiello. Eravamo scrupolosi. La fretta, come diceva un nostro ingegnere, è nemica dell’aeronautica. Svolgevamo interventi che nessun altro in Italia faceva. In quattro ore cambiavamo il motore di un aereo. Girai il mondo, da New York all’Europa passando per l’Africa».

Fine e rinascita. Quando nel 2020 Air Italy fallì, travolgendo anche l’ex Meridiana Maintenance e tutti i suoi lavoratori, Gavino Degortes era in pensione ormai da diversi anni. «Alcuni colleghi mi inviarono dei video – dice –. Si vedevano gli aerei tagliati e scarnificati. Fu doloroso. Ancora oggi non riesco a capire come sia stato possibile distruggere una eccellenza di quel livello». La speranza, dunque, adesso ricade tutta sul progetto targato Atitech. «Le strutture ci sono, le competenze anche – conclude Degortes –. Le carte in regola per fare bene ci sono tutte».

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