La Nuova Sardegna

Olbia

Fuori dall’inferno

Budoni, la storia di Giovanni Maria Canu: «L’alcol ti annienta ma rinascere è possibile»

di Tiziana Simula
Budoni, la storia di Giovanni Maria Canu: «L’alcol ti annienta ma rinascere è possibile»

L’ex finanziere ora aiuta gli altri a salvarsi dalla dipendenza

27 ottobre 2024
4 MINUTI DI LETTURA





Budoni «Conosco bene i gusti e i piaceri che dà l’alcol, e ancora meglio conosco i suoi effetti devastanti: so quanto sia una sostanza subdola che piano piano ti porta all’autodistruzione». Aveva quarant’anni, Giovanni Maria Canu, di Budoni, ex finanziere, quando ha capito di essere finito nell’inferno della dipendenza. Una sofferenza che ha segnato profondamente la sua vita. Ma alla fine, la battaglia l’ha vinta lui. E oggi, a 67 anni, racconta il difficile percorso che l’ha portato a liberarsi completamente dall’alcol.

Trappola infernale «Ho capito che era diventata una dipendenza quando la mattina mi svegliavo e il mio primo pensiero era bere. Ho cominciato ad avere i primi problemi di salute. Allora ho provato a smettere. L’ho fatto tante volte. Credevo di essere più forte dell’alcol, ma era lui ad essere più forte di me. A dominarmi completamente. Ero caduto nella sua trappola, stava distruggendo la mia esistenza, e con essa la mia famiglia. A causa dell’alcol ho dovuto anche lasciare il lavoro prima del tempo», racconta Giovanni Maria. Che ricorda con grande amarezza un episodio. «Dopo aver costruito la mia vita con tanta dedizione credendo nei giusti valori, sono stati proposto come Cavaliere della Repubblica. Proposta che, purtroppo, giunse proprio nel momento in cui stavo vivendo i problemi più grossi legati all’abuso di alcol. E, infatti, le verifiche di rito evidenziarono la mia dipendenza, vanificando l’attribuzione di quella illustre riconoscenza. L’alcol ha annullato la mia personalità e demolito la mia immagine pubblica».

L’incontro col Cat La strada verso la salvezza è stata lunga e difficile. «Ci sono riuscito solo dopo un lungo calvario con l’aiuto dei miei familiari, degli amici veri e, in particolare, del Cat “Club alcologico territoriale” di cui ho fatto parte per anni quando vivevo a Livorno, per poi aprirne uno io, qui a Budoni, quando sono rientrato dopo la pensione. Ho seguito vari corsi e sono diventato servitore insegnante: dal Cat avevo ricevuto molto e gratuitamente, e volevo restituire il bene che mi era stato fatto». La rinascita Ora Giovanni Maria aiuta le altre persone a uscire dall’inferno della dipendenza. Un percorso che coinvolge tutta la famiglia e non solo chi beve, perché per sconfiggere l’alcol occorre cambiare letteralmente il proprio stile di vita, occorre svuotarlo dall’alcol e riempirlo di valori veri. Questo si impara nel Cat: una realtà permeata di condivisione, di amore e di forza che lega le famiglie che la frequentano. “Vida noa” Il “Cat Vida noa” (Vita nuova) così l’ha chiamato Giovanni Maria, nome che rappresenta la rinascita, è attivo dal 2014 nella frazione di Tanaunella, nei locali del “Centro culturale Valerio Zucchitta”, messo a disposizione dal Comune. «Il ruolo del club nel lasciare l’alcol è stato per me determinante. Per questo motivo, una volta ritornato a Budoni – racconta ancora – mi sono impegnato per dare vita a un club, dato che tutta la zona ne era sprovvista. Grazie all’aiuto del sindaco e del parroco di allora, e del Cat Redentore di Nuoro che riunisce tutti i club della provincia, ho potuto realizzare l’iniziativa, e oggi posso dire con soddisfazione che anche Budoni ha il suo centro, punto di riferimento anche per le comunità dell’alta Baronia e della bassa Gallura». Sono nove le famiglie che frequentano attualmente il club. «Nel corso degli anni abbiamo visto famiglie distrutte a causa dell’alcol ritrovare la pace, coppie sull’orlo del divorzio, riappacificarsi, giovani trovare un lavoro».

Parlare ai ragazzi Ora l’obiettivo è rivolgersi ai più giovani, raccontando loro la sua storia e spiegando i danni provocati dal bere. Lo ha fatto per la prima volta, nelle scorse settimane, con i bambini del catechismo di Budoni, grazie all’invito che gli è stato rivolto dalle catechiste Rita Canu e Dalmina Sparvieri e dal parroco don Antonello Corrias.  «Ero molto timoroso perché non avevo mai avuto un approccio con i bambini, ma è stata un’esperienza bellissima e spero di poter continuare a portare il mio contributo nel mondo dei più giovani: ritengo che uno degli obiettivi principali da perseguire sia quello di dare una giusta informazione sui danni causati dall’alcol, solo così si può fare prevenzione, e se noi riusciamo a comunicare con i ragazzi, faremo centro – dice Giovanni Maria –. Questa esperienza, per me tutta nuova, mi ha dato la possibilità di coronare una mia ambizione che spero possa trovare seguito nel mondo scolastico».

Le domande «Cosa ha provato quando ha visto che poteva farcela?», è stata una delle tante domande che i bambini gli hanno rivolto. «Ho provato una gioia immensa nel vedermi finalmente libero dall’alcol – ha risposto lui – Come se fossi uscito da un tunnel. Ora potevo guardare il mondo e vedere di nuovo i suoi colori, sentire i suoi profumi. Potevo guardare la gente negli occhi senza più nascondermi, o camminare a capo chino». Ormai è da molti anni che Giovanni Maria non fa più uso di alcol. «Nemmeno quello presente nei dolci o nelle caramelle – sottolinea lui – Lasciare l’alcol è dura. Oggi so con estrema certezza e per averlo vissuto sulla mia pelle che, per chi ha avuto seri problemi come me, non esiste il cosiddetto bere moderato. L’alcol non deve proprio esistere».

Primo piano
Novità nei cieli sardi

Continuità aerea, dopo le proteste ecco come cambiano gli orari dei voli da Alghero

di Andrea Massidda
Le nostre iniziative