Mappe, oggetti e documenti: ecco l’Arzachena di cento anni fa
Nella chiesa di San Pietro la mostra “Le parole custodite” per ricostruire la storia del paese
Arzachena. Alla fine hanno ragione loro. Gli anziani del paese che sembrano storpiarne il nome, in realtà la sanno lunga, anche se l’origine del toponimo si è persa nel tempo. Chiamata “Turibulum” per la roccia a forma di fungo in un lontanissimo passato forse dagli Arcana – l’avanguardia dell’esercito romano – potrebbe addirittura aver ereditato il nome proprio da queste truppe: “Arcaena”. Nessuna certezza in proposito, tranne che, negli anni ‘20 del Novecento, Arzachena si chiamava “Arsaghena”, proprio come talvolta si sente dire ancora oggi. Ma quindi da cosa deriva il nome moderno? Probabilmente da un errore di trascrizione, che risalirebbe al momento in cui Arzachena è diventata un Comune autonomo, distaccandosi da Tempio.
La risposta alla domanda, dunque, si trova nei documenti d’archivio del Comune, le cui riproduzioni – 55 per l’esattezza – frutto delle fotografie del geometra Bastiano Sotgiu, sono esposte insieme anche ad alcune mappe nella chiesa di San Pietro, all’interno della mostra “Le parole custodite”. L’iniziativa, realizzata dall’associazione La scatola del tempo, presieduta da Mario Sotgiu, con il sostegno finanziario dell’amministrazione comunale, racconta l’evoluzione del Comune a partire dalla sua nascita nel 1922 e fino al 1930, quando “Santa Maria d’Arsaghena” era una comunità giovane e povera che aveva ancora tutto da fare, ma che, anche grazie ai fratelli Ruzzittu, da quel momento poteva decidere per sé stessa.
E allora ecco il provvedimento del maggio 1922 che determinava l’acquisto del chinino di stato, per combattere la malaria. O l’atto amministrativo di giugno, che deliberava in materia edilizia – con la costruzione di una chiesa – e di sicurezza – con la costituzione di una stazione di carabinieri a cavallo. O, ancora, l’atto che ha cambiato per sempre i connotati del centro cittadino: piazza Risorgimento, infatti, così com’è oggi, è nata grazie ad una decisione presa nel dicembre del 1923, che ha stabilito la demolizione di una casa parrocchiale situata proprio lì nel mezzo, come si evince da una planimetria della “borgata di Santa Maria d’Arzaghena”– qui scritto con la “z” – firmata da un tecnico di Tempio nel lontano 1901.
E quando non c’erano le strade, le altre città dell’isola erano più facilmente raggiungibili via mare: da Cannigione, dunque, si andava a Palau, a Terranova e a La Maddalena, tratte locali alle quali nel 1926 vennero aggiunte quelle per Bonifacio. La neonata amministrazione arzachenese, perciò, si trovò a gestire tutto in autonomia: dovette aiutare i poveri del paese e dell’agro, per esempio, comprando farmaci e calmierando i prezzi della carne. E ancora, dovette acquistare strumenti di ultima generazione per stare al passo con i tempi, come la macchina da scrivere, richiedere al Ministero una linea di trasporto Arzachena-Terranova, indire un concorso per una farmacia, della quale, nel 1928, ne era ancora sprovvista. C’è anche un provvedimento che riguarda un asinello addetto alla nettezza pubblica. Una mostra profondamente identitaria, insomma, che racconta di fatti e decisioni prese cento anni fa e che è in grado di soddisfare parecchie curiosità. Per saperne di più, è possibile visitarla gratuitamente tutti i giorni dalle 8 alle 19 fino al 31 dicembre.