Olbia. A nord di Pristina ci sono un cumulo di rottami e alcuni soccorritori attenti a non saltare su una mina. A 17 miglia dalla capitale del Kosovo è appena caduto un aereo: i morti sono ventiquattro e sono tutti operatori e volontari umanitari. Tra loro anche due olbiesi: Antonio Sircana, medico ortopedico di 44 anni, e Roberto Bazzoni, tecnico ortopedico di 37. È il 12 novembre del 1999 e la data è di quelle che Olbia non dimenticherà più. Il piccolo aereo targato Onu era decollato poco prima da Roma-Ciampino. Obiettivo: portare aiuto concreto a una popolazione colpita dall’ennesima guerra scoppiata nell’ex Jugoslavia. Sircana e Bazzoni, partiti come volontari della Caritas, si erano da poco rimboccati le maniche con l’idea di realizzare un centro di riabilitazione per bambini con gravi lesioni agli arti. Ma il loro aereo – un Atr-42 dato in noleggio al Programma alimentare mondiale delle Nazioni unite – precipitò qualche minuto prima di atterrare sulla pista dell’aeroporto di Pristina. Una tragedia che scosse profondamente la comunità olbiese. Così martedì 12 novembre, a 25 anni esatti dall’incidente aereo, Antonio Sircana e Roberto Bazzoni saranno ricordati nella loro città. La commemorazione, in programma alle 15 al museo archeologico, è organizzata dal Comune e dalla Caritas.
Chi erano. Entrambi erano molto conosciuti in città. Antonio Sircana, originario di Calangianus, padre di due figli, era un ortopedico piuttosto stimato. Volontario della Caritas, aveva preso a cuore la condizione dei bambini del Kosovo. Povere anime rimaste senza braccia, senza gambe, in balia dei signori della guerra. Sircana volò una prima volta nel paese balcanico. E così, dopo essersi reso conto della situazione, tornò a Olbia e raccontò ciò che aveva visto. Spiegò che c’era bisogno di calchi, di protesi, di altri prodotti sanitari. Convinse dunque l’amico Roberto Bazzoni, originario di Sassari, padre di una bimba, titolare di una importante azienda – tuttora attiva – che vende prodotti e attrezzature di tipo ortopedico. Insieme partirono da Olbia per Roma, dove, alla fine, si imbarcarono per il Kosovo con un bel po’ di materiale da mettere a disposizione degli altri. La mattina del 12 novembre, però, l’incidente aereo a 17 miglia a nord di Pristina. L’Atr-42 precipitò all’improvviso in un campo minato che, tra le altre cose, rese difficile le ricerche da parte dei soccorritori. Insieme ad Antonio Sircana e Roberto Bazzoni morì anche Paola Biocca, cagliaritana, anche lei operatrice umanitaria.
L’ultimo saluto. I funerali di Antonio Sircana e Roberto Bazzoni si tennero pochi giorni dopo. Parteciparono circa tremila persone. La messa fu celebrata nella basilica di San Simplicio dall’allora vescovo di Tempio-Ampurias Paolo Atzei, davanti ai vertici nazionali e regionali della Caritas e a una lunghissima schiera di volontari arrivati un po’ da ovunque. Poi le bare, riportate in città da una nave della Tirrenia, attraversarono lentamente le strade di una città interamente listata a lutto, fino al cimitero di via Roma. Lacrime, serrande abbassate, ricordi personali: un bagno di dolore collettivo che quel giorno non risparmiò nessuno. Alcuni anni dopo l’amministrazione comunale decise di dedicare ai due volontari morti in Kosovo una importante strada della città: è via Bazzoni-Sircana, che, non a caso, porta all’ospedale Giovanni Paolo II. Martedì al museo archeologico la città ricorderà ancora una volta i due olbiesi partiti per aiutare gli altri e tragicamente tornati dentro una bara. I dettagli della commemorazione organizzata dal Comune e dalla Caritas saranno comunicati nei prossimi giorni dagli stessi promotori dell’incontro.