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Il festival

Olbia, l’antico potere della fotografia nei volti di “Storie di un attimo”

di Carolina Bastiani
Olbia, l’antico potere della fotografia nei volti di “Storie di un attimo”

Le mostre sono visitabili fino all’8 dicembre. Appuntamento anche con il mercato al Civico 74

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Olbia La fotografia ha oltre un secolo e mezzo di età e qualcuno pensa che ormai non se la passi poi troppo bene. Soprattutto chi la sua storia l’ha fatta. «Circolano troppe orribili belle foto», ha dichiarato il celebre fotogiornalista Giorgio Lotti. Le fotografie, cioè, seppur belle da vedere, oggi non hanno più contenuti. Eppure, il potere di questa arte, nonostante l’inflazione di immagini, è, in qualche modo, intatto. Nelle fotografie tutto rimane, tutto è nitido, chiaro, messo a fuoco. Il passare del tempo non le intacca, ma anzi, accende in chi le guarda un ricordo, la sorpresa, un’emozione, una riflessione. E proprio questo è l’aspetto che “Storie di un attimo”, il festival popolare della fotografia organizzato dall’associazione Argonauti, fondata da Marco Navone, è tornato a celebrare per la tredicesima volta. Le mostre di questa edizione, tra la Società dello stucco, il museo archeologico e l’istituto Deffenu, raccontano di viaggi, di riti e celebrazioni religiose, di malattie, di migrazioni e di grandi eventi e personaggi immortalati negli scatti dei grandi maestri. Le numerose esposizioni sono visitabili fino all’8 dicembre, quando, al Civico 74, ci sarà anche l’atteso appuntamento con il mercato delle macchine fotografiche usate e da collezione. Domani, invece, alle 19.30, sarà proiettato, al Politecnico Argonauti, “Ritratto di Pablo Volta” di Giovanni Columbu.

Messaggi. Sono tutti lì, fermi nel tempo. Un serio e pensieroso Enrico Berlinguer e un sorridente Vittorio Gassman. Andy Warhol tra i suoi fiori e i grandi ballerini della Scala di Milano. Negli scatti di Giorgio Lotti, però, non mancano nemmeno le persone comuni. Quelle colpite dal disastro del Vajont o dal terremoto del Friuli. Chi non si dà pace per la morte di padre Pio, ma anche chi, negli anni ‘90, spinto dalla speranza e richiamato dal “sogno italiano”, ha attraversato l’Adriatico dall’Albania. La stessa speranza che si accende negli occhi e nei sorrisi dei migranti del Mar Mediterraneo, quando gli viene tesa la mano che finalmente li soccorre, immortalati negli scatti del fotogiornalista Francesco Malavolta, che con i migranti ha anche viaggiato dalla Libia. Quello di speranza è anche il messaggio lanciato da Giusi Scanu: nel suo progetto sull’Alzheimer, tutto costruito con il bianco e il nero, l’autrice ha scelto di lasciare l’ultimo scatto a colori, da cui si sente anche una melodia: è Bella d’estate di Mango.

Esperienze. Portare l’osservatore lontano quando non può andarci. O quanto meno, trasportarlo in luoghi a lui vicini, ma che non è solito frequentare. O meglio, raccontargli attività che non è abituato a fare o vedere. Il potere della fotografia è anche questo. E allora ecco che dalle terre esotiche del Marocco di Tiziana Fusiello e dall’affascinante via della seta nell’Uzbekistan di Luca Altera, si torna in Sardegna, a Olbia, dove nella chiesa ortodossa della città, Cristian Csinko ha raccontato la messa della domenica. E sempre dalla Sardegna arrivano i racconti del carnevale, con le maschere di Piero Pes o della tosatura delle pecore: con Tundhimentas, Francesco Pintore, ha voluto documentare un rito che nell’isola ha radici antichissime e che, dagli anni ‘80, è andato incontro ad una rivoluzione antropologica e tecnologica. E di un paese che muore, invece, nonostante la sua storia sia di recente tornata sotto le luci della ribalta, ha parlato Marco Loi. Nei suoi scatti c’è Pratobello, luogo simbolo della protesta in Sardegna, che oggi si trova in uno stato di completo abbandono. Ed è su questo che l’autore si è concentrato: la fierezza della lontana vittoria, celebrata dai murales, sembra destinata a svanire come le pitture. Se non fosse per lo scatto.

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