La Nuova Sardegna

Elezioni comunali, tre segnali di allarme per la destra sarda - IL COMMENTO

Luca Rojch
Elezioni comunali, tre segnali di allarme per la destra sarda - IL COMMENTO

La vittoria di Soddu a Nuoro ribadisce che l’alleanza sardo-leghista ha perso il suo appeal. Stop ai 5 stelle Le elezioni certificano la dissoluzione dei grillini che hanno dilapidato il patrimonio di voti

10 novembre 2020
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Balli e ballottaggi, per il governatore Christian Solinas è una giornata orribile. L’estate stroboscopica della maggioranza tra discoteche riaperte e folle festanti di turisti infestanti rischia di travolgere la sua maggioranza. Come i risultati delle tre sfide: Nuoro, Porto Torres e Quartu. Su tutti il governatore ci ha messo la faccia e ha partecipato alla scelta. E in tutti e tre i casi il centrodestra ha perso. Un segnale che la maggioranza in Regione deve valutare con grande attenzione.

Perché il voto delle amministrative è molto più politico di quanto si pensi e segna un preciso orientamento degli elettori. Il centrodestra perde anche dove sembrava più forte, come a Quartu. E con uno degli uomini più vicini a Solinas. E il successo schiacciante di Soddu a Nuoro ribadisce che l’alleanza sardo-leghista ha perso tutto il suo appeal. Il felpismo salviniano non fa più presa. I pastori aspettavano la soluzione alla crisi del prezzo del latte, che non è mai arrivata. Il “Prima i sardi” gridato da coordinatori lombardi per qualche strano motivo non convince più. L’esasperata caccia al migrante alla lunga non funzione in una terra che ha fatto della emigrazione una sua triste e rassegnata costante.

Il trumpismo di Sardegna è crollato. E la gestione dell’emergenza covid sembra non giovare alla popolarità della giunta e del centrodestra. Ma questo voto segna anche altri due aspetti fondamentali. Il Pd con la solita flessibile interpretazione del reale dirà di avere vinto, ma a parte Porto Torres gli altri due sindaci nascono in antitesi al Pd e al suo cerimoniale di partito. Soddu e Milia hanno sconfitto un candidato ufficiale del Pd. Hanno rifiutato le primarie, strumento sempre più obsoleto, hanno rifiutato l’investitura da vassalli Dem. Da subito si sono detti pronti a fare posto nella loro iniziativa civica di sinistra anche al Pd, ma non hanno voluto cedere il timone a un partito che sembra avere fatto della sua assenza di identità il suo tratto distintivo. Come un volto senza lineamenti.

La vittoria di Soddu e Milia dovrebbe diventare uno spunto per i Dem, sia per la scelta dei candidati, che per la costruzione di una maggioranza. Già perché queste elezioni hanno certificato anche la dissoluzione dei 5 Stelle. Il movimento che aveva cannibalizzato gli avversari alle Politiche è scomparso. Oscilla con percentuali quasi imbarazzanti. Segno che il governo del Paese non ha fatto molto bene ai grillini. La normalizzazione del movimento lo ha trasformato in partito. Come tutti gli altri. La spinta ribellista è venuta meno. Un segnale che dovrebbe far riflettere il maggiore alleato dei 5 Stelle: il Pd. Ma anche il centrodestra da questo voto esce ridimensionato. I suoi leader da tempo sostengono di essere la maggioranza del Paese, per ora sono la minoranza in tre grandi Comuni dell’isola, anche dove sembrava quasi scontata una vittoria del candidato a trazione sardo-leghista. Il voto sembra avere dato peso non solo alle emergenze della città, ma anche alla situazione nazionale. Perché chiusi in casa e senza lavoro non si bada più alla buca nella strada.

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