La Nuova Sardegna

Il processo

La maxi piantagione di marijuana non era sua: assolto

di Enrico Carta
La maxi piantagione di marijuana non era sua: assolto

Contestato il possesso di 163 chili ritrovati in un casolare vicino a Marrubiu

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Marrubiu Da coltivatore illegale di marijuana col pollice particolarmente verde a innocente. Di fronte agli elementi portati all’attenzione del tribunale, anche il pubblico ministero Paolo De Falco si convince delle prove presentate dall’avvocato difensore Gianfranco Siuni ed è il primo a chiedere l’assoluzione per Nino Vacca, il coltivatore di 70 anni originario di Ovodda ma residente e lavoratore a Santa Giusta dove aveva la sua azienda. Era finito sul banco degli imputati perché si riteneva fosse uno dei due proprietari della maxi piantagione scoperta nella zona di Is Bangius, nelle campagne di Marrubiu, nell’ottobre del 2021.

In quell’occasione fu arrestato un allevatore che nella borgata aveva la sua attività agro-zootecnica, dove vennero ammassati 163 chili di cannabis illegale, di cui 113 di sole infiorescenze, che gli agenti della Squadra mobile della questura ritrovarono in un casolare. L’indagato della prima ora patteggiò poi la pena, ma le indagini non si fermarono, anzi il sequestro parve essere solo un punto di partenza perché gli inquirenti qualche giorno dopo effettuarono un secondo blitz arrestando in flagrante a Santa Giusta alcune persone che stavano caricando su dei tir una quantità di marijuana ancora maggiore.

Furono due sequestri di droga tra i più ingenti mai effettuati in Sardegna e in entrambi i casi venne coinvolto anche Nino Vacca. Quest’ultimo era stato già processato per la vicenda di Santa Giusta, ma i suoi guai con la giustizia non erano ancora terminati, almeno sino a ieri, quando il giudice per le udienze preliminari Salvatore Carboni l’ha assolto al termine del processo celebrato con rito abbreviato. La procura riteneva infatti che vi fosse il collegamento tra l’episodio di Marrubiu e quello di Santa Giusta fosse proprio Nino Vacca. Il punto di unione sarebbe stato dato da una serie di telefonate e dal fatto che gli investigatori ritenessero contigui i terreni che l’allevatore di Marrubiu e il coltivatore di Santa Giusta gestivano autonomamente.

La difesa ha però smontato entrambe queste prove, dimostrando per prima cosa che tra le due proprietà c’erano parecchi chilometri di distanza e che alle telefonate che arrivavano dal numero sospetto Nino Vacca non avesse mai risposto. Essendo caduti questi due elementi, era pressoché impossibile dimostrare l’intreccio malavitoso tra i due imputati. È stato dunque per primo il pubblico ministero a fare il primo passo, ribadito poi con forza dall’avvocato difensore Gianfranco Siuni che ha visto accolte le sue tesi da parte del giudice. L’assoluzione per l’imputato è arrivata con formula ampia cioè per non aver commesso il fatto contestato.