La Nuova Sardegna

Oristano

La storia

Aggredita dai suoi cani 12 anni fa: «Sono rinata dove tutto accadde»

di Enrico Carta
Aggredita dai suoi cani 12 anni fa: «Sono rinata dove tutto accadde»

Valentina Meloni racconta il lungo percorso di recupero fisico e psicologico. Il 30 marzo 2013 il dramma nella spiaggia di Sa Rocca Tunda: «Pensai di morire»

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Oristano Dodici anni e quella spiaggia dove si sdraiò convinta che il viaggio sarebbe finito pochi istanti dopo è ancora davanti ai suoi occhi. Si è fatta forza e oggi può guardare con un sorriso là, oltre la passerella del suo chiosco, dopo che ha vinto non i ricordi ma la paura dei ricordi. Il 30 marzo 2013, Valentina Meloni percorse le poche decine di metri che separano il terreno in cui gestisce il suo Saroccafè dalla riva del mare di Sa Rocca Tunda nella marina di San Vero Milis.

Con sé aveva Rubo ed Emma, due cani corsi, che stava conducendo a fare una passeggiata. Niente museruole, uno solo tenuto al guinzaglio, poi qualcosa andò male. Inutile chiedersi cosa a distanza di anni perché non c’è una risposta. In mezzo a questo tempo ci sono invece cinque giorni di coma, due mesi in rianimazione e ventuno interventi tra il 2013 e il 2019 per ricostruire, un millimetro dopo l’altro, un fisico pesantemente minato . E non è ancora finita, perché da sei anni, col lavoro dei chirurghi rimasto in sospeso, non ha potuto completare il lunghissimo ciclo di operazioni.

Quel giorno

Dodici primavere dopo, «era vigilia di Pasqua e vigilia del compleanno di mia mamma», Valentina Meloni è ancora lì davanti a quel mare: «Certo che ricordo. Tutto, sino al momento in cui mi sono lasciata andare sfinita pensando che sarei morta». Invece la sua storia, per una serie di coincidenze, è continuata ancora nello stesso luogo: «Con la mia socia ho comprato il terreno dove c’è il chiosco che gestivamo già allora e con l’aiuto di mia madre, delle mie sorelle Alice e Sara e dei tanti amici sono tornata».

Era un sabato pomeriggio e verso le 17.30 Valentina Meloni, che aveva 31 anni, andò in spiaggia per far giocare i cani su quella sabbia dove si divertivano ogni giorno. L’aveva fatto anche la mattina, ma la seconda volta fu tutto diverso. Rubo la aggredì, le stracciò i vestiti con i denti e con le zampe, li tirò sino a spogliarla quasi del tutto andando poi a segnare la sua carne. Emma, la madre di Rubo, cercò maldestramente di difenderla, ma forse involontariamente peggiorò la situazione. Valentina Meloni cercò la salvezza in acqua, sapendo che i due cani non amavano fare il bagno. Nonostante fosse fredda come lo è a fine marzo, le sembrò l’unica soluzione, ma quel giorno Rubo non si fermò. Alla fine lei tornò a riva e si lasciò andare.

Dopo il dramma

Fu salvata, per caso, da due ragazzi, Giulio e Fabio, che non dovevano essere lì. Avrebbero dovuto passare quella giornata altrove, poi la casa in cui dovevano andare non era più disponibile e ripiegarono su Sa Rocca Tunda. Allo stesso modo fu un caso che si trovassero in spiaggia verso le 8 di sera, quando ormai era buio. E sempre un caso fu il fatto che scelsero di percorrerla verso est, arrivando proprio dove Valentina Meloni giaceva, oltre che pesantemente ferita, in condizioni di quasi ipotermia – quando arrivò in ospedale la sua temperatura corporea era di 30 gradi –. Dal San Martino fu subito trasferita all’ospedale Marino: «A Oristano non avevano i mezzi di cui i medici potevano disporre a Cagliari e avrei rischiato l’amputazione del braccio». Poi furono cinque giorni di coma e infine l’inizio della rinascita grazie all’équipe del dottor Salvatore Burrai: «Rubo mi aveva strappato la carne di tutto il braccio arrivando a un centimetro dall’arteria ascellare. Mi prendeva al collo, alla testa ma fortunatamente non arrivò mai a stringermi sino uccidermi».

Per due mesi i medici non sciolsero la prognosi per il pericolo di infezioni che avrebbero compromesso tutto, ma la terapia avveniristica cui fu sottoposta, riuscì a salvarla: «Da allora ho effettuato ventuno interventi chirurgici che sono serviti per ricostruire il tendine e i muscoli del braccio sinistro che oggi ha ripreso quasi per intero la funzionalità. In testa ho recuperato tutti i tessuti del cuoio capelluto. Delle ventuno operazioni, ben sei sono state eseguite quando il cranio era ancora scoperto».

La rinascita

Poi la salita si è fatta meno ripida e la vita ha ripreso a scorrere pressoché normalmente: «Oggi nascondo la parte della testa rimasta senza capelli attraverso acconciature particolari, perché non ho la possibilità di reimpiantare i capelli». Non è stato però solo un problema di estetica o di salute visto che il fisico è delicatissimo in determinate zone e bisogna sempre prestare la massima attenzione perché non ci siano ricadute o infezioni. In ogni caso, quando c’era da decidere se tornare o meno lì dove tutto era avvenuto, Valentina Meloni si è fatta forza: «Sa Rocca Tunda è il mio luogo dell’anima, la adoro. Mi ero innamorata di questo posto e mi sono fatta forza. Paradossalmente, il fatto che tutto fosse accaduto proprio lì è stato uno sprone. Sento tutto ciò come una grande rivincita, anche se ancora ricordo tutto e a volte mi capita di sognare i due cani».

L’appello

È questo il vero solco che l’episodio di dodici anni fa ha lasciato nel cuore di Valentina Meloni che non si stanca di ripetere – recentemente l’ha fatto da ospite anche in trasmissioni tv – che bisogna «prestare la massima attenzione sui cani di grossa taglia e quando faccio notare questo aspetto vengo persino sbeffeggiata. Da quel giorno non vado più in spiaggia da sola e, ovunque mi trovi, ho terrore dei cani grandi. Ho paura che si accorgano del mio stato d’animo e che ciò possa suscitare una loro reazione. Non mi stanco di ripetere che serve la massima attenzione e che non bisogna sottovalutare il fatto di possederne uno. Ogni volta che la mia storia ritorna al centro dell’attenzione, ricevo anche tantissimi insulti e ci sono state persone che hanno persino scritto che sarei dovuta morire perché sicuramente li avevo trattati male. Certo, non ero esperta, ma non li trattavo male. La verità che non si vuole accettare è che bisogna farsi seguire dagli educatori e che, quando li si porta in giro, bisogna usare tutte le precauzioni possibili».

Intanto le giornate si allungano e, nell’attesa che arrivi la chiamata dell’ospedale per completare gli interventi alla testa, il chiosco aspetta la folla estiva che arriverà a Sa Rocca Tunda per percorrere quella passerella: «In fondo, qualsiasi cosa sia successa, è qui che mi piace stare. Guardare il mare e respirare quest’aria è il mio paradiso».

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