La Nuova Sardegna

Eugenio Finardi: «La musica della Sardegna, patrimonio straordinario»

di Alessandro Pirina
Eugenio Finardi: «La musica della Sardegna, patrimonio straordinario»

Il cantautore milanese e il suo rapporto con l'isola: «Quella volta che mi chiamarono Efisio»

24 settembre 2012
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OLBIA. Conosce la Sardegna come se fosse casa sua. Forse anche meglio di un sardo. Basta nominargli una città, un piccolo paese e a lui viene subito in mente un aneddoto. A Uta rischiò di schiantarsi con l’auto, Santa Teresa la scoprì grazie all’amico De Andrè, il baretto della piazza di Luogosanto è una tappa immancabile quando passa in Gallura. Eugenio

Finardi, che sabato notte ha tenuto un concerto con gli Istentales a Olbia, nel santuario di Santa Mariedda, ha davvero centinaia di ricordi “made in Sardinia”. Tra i più curiosi due sono legati alla discoteca Biggest di Samassi. Fu qui che 35 anni fa sbarcò per la prima volta nell’isola con i Crisalide, la band che lo accompagnava all’epoca. «Un gruppo di ragazzi aveva esagerato con l’alcol _ racconta il cantautore milanese _. A un certo punto, scoppiò una rissa enorme e solo dopo un bel po’ di tempo il più grosso – un vero e proprio gigante – fu bloccato e cacciato fuori. E mentre lo portavano via di peso ricordo che si voltò verso di me e mi disse: “Efisio, sei bravissimo”. Insomma, appena arrivato nell’isola, fui ribattezzato con un nome sardo». Qualche anno dopo, nel 1983, sempre al Biggest

Finardi fu protagonista di una puntata di “Discoring”, la trasmissione musicale di Raiuno. Gli ospiti d’onore erano lui – era l’anno di “Le ragazze di Osaka” - e gli Imagination, mentre i due emergenti erano Bryan Adams e una Madonna alle prime armi. «Passammo quattro giorni tutti insieme al Jolly Hotel di Cagliari. C’era anche Roberto Benigni. Feci amicizia con lui e con Bryan Adams. Con Madonna, invece, no: se la tirava già da allora». Chi gli ha fatto da cicerone in Gallura è stato, invece, il grande amico Fabrizio De Andrè. «Grazie a lui ho conosciuto Tempio, Santa Teresa, Aglientu, Portobello, Luogosanto. Il mio rapporto con Fabrizio, come anche con Cristiano e Dori Ghezzi, va molto al di là della professione. Era come se fossimo parenti». Da quest’estate

Finardi ha iniziato un progetto musicale con gli Istentales, la band di Gigi Sanna. Un progetto che proseguirà nei prossimi mesi con il nome “Fra l’isola e la musica ribelle”. «Quando mi è arrivata la proposta non ci ho pensato più di tanto: se la Sardegna chiama io non mi tiro indietro. Soprattutto ora che l’isola sta vivendo la sua tempesta perfetta. L’anno scorso le bastonate ai pastori sul molo di Civitavecchia le ho sentite fisicamente. E quest’anno mi sento vicinissimo ai lavoratori di Porto Torres e ai minatori del Sulcis, che stanno lottando per salvare il lavoro. La Sardegna non merita queste umiliazioni».

Finardi invita i sardi a resistere e a preservare la cultura. «Come Firenze ha gli Uffizi, la Sardegna, possibilmente Nuoro, dovrebbe avere il museo della musica. Nell’isola ci sono una ricchezza e una memoria che nessun altro ha. Mi viene in mente il ballo sardo: è un ballo sociale, la celebrazione di una comunità. Oppure penso alle grandi canzoni della tradizione isolana. Una volta mi trovavo in Alto Adige e sentii un coro alpino intonare, con la pronuncia tedesca, “Non potho reposare”. Non volevo credere alle mie orecchie. Un esempio come questo sta a sottolineare l’importanza della musica sarda anche oltre Tirreno». Tra i progetti futuri di

Finardi, oltre a quelli legati alla Sardegna, anche un album che racconti i suoi 60 anni in musica. «Tutti i cantanti continuano a cantare l’amore come se ne avessero 13. Io, invece, lo vorrei fare da sessantenne».

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