La Nuova Sardegna

Mostra a Milano

Tra fiabe, miti e leggende: le “Tracce di un dio distratto” di Maria Lai

Tra fiabe, miti e leggende: le “Tracce di un dio distratto” di Maria Lai

MILANO. Dopo il successo negli Stati Uniti con la mostra "Le mappe stellari" di Miami, Maria Lai viene proposta ora a Milano dalla Nuova Galleria Morone di via Nerino con la personale “Tracce di un...

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MILANO. Dopo il successo negli Stati Uniti con la mostra "Le mappe stellari" di Miami, Maria Lai viene proposta ora a Milano dalla Nuova Galleria Morone di via Nerino con la personale “Tracce di un dio distratto" curata da Manuela Gandini. "Tracce", soltanto tracce perché segnano, con delicatezza, il passaggio dai fili e dai nodi, alla laicità di una teologia che lascia il sovrannaturale per diventare umana, reale. «L'uomo - scrive Maria Lai - ha bisogno di mettere insieme il visibile e l'invisibile perciò elabora fiabe miti, leggende, feste, canti, arte».

Nel catalogo Gandini scrive: «Partendo dalla semplicità delle cose, sentendo i battiti del pianeta, l'artista tesse geografie che si sfilacciano, planisferi bui pieni di stelle, mondi sopra e sotto di noi con meridiani e paralleli che disorientano e rimangono incompiuti come la vita».

Nata a Ulassai, allieva di Arturo Martini e Alberto Viani all'Accademia di Belle Arti di Venezia, Maria Lai sperimenta in Sardegna nuovi materiali, «s'addentra nella poesia della terra e crea mondi fatti di stoffe, di fili, di pane, di legno, di tela». Dopo il successo nella capitale, durante gli anni Sessanta, Lai decide di tornare in Sardegna per liberarsi dalla mondanità. Crea libri di stoffa, nei quali sono scritte "parole illeggibili, con fili che si intricano ed escono come cascate dalle pagine, oppure illustra, con leggerezza e dedizione, leggende sepolte nell'inconscio collettivo facendole rifiorire". A Ulassai realizza opere ambientali, di land art, con l'obiettivo di legare il quotidiano all'Universo e l'asprezza del territorio alla dolcezza della poesia, perciò - tra le altre opere - trasforma una scarpata in una superficie fatta di frammenti specchianti che portano il cielo in terra.

Suo padre Giuseppe, veterinario, le soleva dire: «Sei una capretta ansiosa di precipizi». E le caprette sono uno dei tratti essenziali delle opere dell'artista novantenne. Le usa, le esalta collegando anche le caprette alla tradizione femminile sarda del cucito, del telaio, della famiglia, delle storie delle janas (le fate). Scrive ancora Manuela Gandini: "Maria Lai sovverte i punti di vista, non è addomesticabile e, con garbo, rovescia le convenzioni riflettendosi ogni giorno nella vastità dell'altrove». La mostra milanese verrà inaugurata il 7 febbraio alle 18 e potrà essere visitabile fino al 27 aprile. (g.m.)

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