La Nuova Sardegna

La civiltà nuragica varca ancora il Tirreno

di Paolo Curreli
La civiltà nuragica varca ancora il Tirreno

La mostra “Simbolo di un simbolo” approda a Firenze

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L’isola delle torri attraversa il mare e sbarca in Toscana, come migliaia di anni fa. Inaugura il 5 settembre a Firenze, nelle prestigiose sale del Museo Archeologico Nazionale, “La Sardegna nuragica. Miti e simboli di una civiltà mediterranea”, con gli importanti patrocini del ministero ai beni culturali, del Comune toscano, della Regione Sardegna, delle soprintendenze di Nuoro e Sassari e dei comuni di Ittireddu, Torralba, Teti e l’unione dei comuni del Lugudoro. Rete di piccole comunità con meno di mille abitanti che vince una sfida investendo in cultura. Nata ad Ittireddu nell’ottobre del 2012 come racconto della storia del nuraghe, da straordinario edificio a simbolo ed elemento aggregante della comunità, la mostra “Simbolo di un simbolo, i modelli di nuraghe” è andata crescendo arrivando al Museo Sanna di Sassari, arricchendosi di importanti reperti concessi dal museo archeologico di Cagliari, da quello di Nuoro e dai musei civici di Sorso, Perfugas e Irgoli e presentando alcuni modelli in pietra provenienti dall’eccezionale contesto di Mont’e Prama.

Migliaia di visitatori al mese sono il biglietto da visita che fa crescere ancora la mostra fino ad approdare a Roma, il 14 dicembre, nella meravigliosa cornice del Museo Etrusco di Villa Giulia. A maggio di quest’anno la civiltà nuragica arriva a Genova, anche qui accolta in una location formidabile: il Palazzo Reale. E anche in Liguria i visitatori sono migliaia. Il successo risiede anche nella visione divulgativa che il motore della mostra, l’archeologo Franco Campus e il suo staff hanno scelto.

Accanto ai reperti originali, riproduzioni di bronzetti, che si presentano lucidi e dorati come erano al momento della loro costruzione, oggetti che si possono guardare e maneggiare. Illustrazioni bellissime, che restituiscono a un pubblico più vasto, la realtà della vita di migliaia di anni fa. Approfondimenti sulle tecnologie e l’agricoltura, il ritratto di un popolo vivo che commercia e si muove in un Mediterraneo che è un mare di scambi e conoscenza. L’esposizione di Firenze, adattata ai nuovi spazi, presenta suggestive ricostruzioni quasi in scala reale, tra cui il pozzo sacro di Su Tempiesu (alto quasi sette metri), gigantografie di interni di nuraghi, e le copie dei giganti di Mont’e Prama in scala reale, mostrandoli come erano in origine e creando sicuramente interesse per una visita nei luoghi dove sono conservati gli originali.

Tra i numerosi reperti in mostra sono soprattutto quelli rinvenuti nelle tombe di Populonia e Vetulonia a suscitare il maggior interesse. Oggetti nuragici, tra cui i modelli di imbarcazione, che testimoniano gli intensi scambi tra l’isola e le popolazioni tirreniche, attratte già nel X secolo a.c. da una risorsa fondamentale come il ferro dell’Elba. Nelle parole degli amministratori dei piccoli, ma coraggiosi comuni, il senso di questa mostra. «Affinché la cultura attraverso i divieti, l' etnocentrismo, l'autosacralizzazione non chiuda le porte alla conoscenza vera è necessario andare, come Ulisse, oltre le colonne d'Ercole. In questo senso i nuragici sono stati maestri perché hanno investito in cultura ed in innovazione, hanno affrontato quel mare, hanno appreso e si sono confrontati con altre realtà».

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