Se la Sardegna non è Milano
Sui temi più importanti la Sardegna non fa squadra, ma le tante emergenze non possono aspettare
Scoprire che un aeroporto rispetti i tempi di consegna della pista a fine lavori è certamente una notizia. Stupisce, certamente, come ha scritto ieri Marcello Fois. Tutto questo non avviene in Sardegna ma a Milano Linate. Si può e si dovrebbe fare ovunque. Perché l’uomo ambrosiano non è migliore del sardo. Né dipende dalla forza economica. Si fa e basta. Lì, a Milano, non è una questione di destra o sinistra perché la classe dirigente punta a un obiettivo comune: lo sviluppo. Politici e dirigenti della macchina amministrativa. Tutti. Dunque Albertini e Moratti, poi Pisapia e Sala. Il risultato rimane identico. Qui da noi la parola chiave di tutte le campagne elettorali è “cambiare”. Spesso vuol dire distruggere quello che è stato fatto prima e ripartire verso nuove strade, avviare lo spoil system. Ma non fai in tempo a percorrerla che la legislatura è finita. Dunque, produci poco e non arrivi mai alla meta. Il motivo è semplice: non esiste più l’elaborazione di una politica, i programmi sono una sequela di titoli con poco contenuto.
Una volta c’erano centri di studio e ricerca ora ci si affida ai guru della comunicazione e ai sondaggi. La gente, molto ingenua o esasperata, spera che accadrà qualcosa di diverso. E qualcuno (sindaci in particolare) crede di essere unto dal Signore e assicura che farà tutto da solo. Non sarà mai così. Le campagne elettorali si nutrono di slogan. Dopo il voto svanisce quasi tutto. Si annunciano grandi riforme ma quelle non si faranno mai. Sarebbe importante sui temi di fondo (sanità, istruzione, ambiente, sviluppo urbanistico, trasporti, entrate e accantonamenti) individuare un filo comune che consenta di varare leggi di lunga durata. Tranquilli, non succederà. Unica eccezione, per ora il tema dell’insularità. Il fronte è comune.
Una nobile battaglia (la Nuova la condivide in pieno) che vede schierati dalla stessa parte ambientalisti, sinistra, destra, centro, movimenti vari, sindaci, comunità, ordini professionali. Tutti. Benissimo. Ma sommessamente mi chiedo se e quando ci saranno effetti benefici per la gente. Non vedo grandi sensibilità all’esterno della Sardegna. In teoria compatti. Nei fatti la forza d’urto è debole. Basta ricordare che da quasi un anno la petizione per inserire questa parola magica nella Costituzione, è in lista d’attesa in Parlamento. E allora mi chiedo: possono aspettare tanto a lungo le emergenze che abbiamo? Non le chiamerei neppure emergenze, ormai la precarietà è fisiologica, fa parte della nostra vita quotidiana. Perché questa unità di fatto (se fosse autentica) non si trasferisce automaticamente su tutte le priorità per superare le ambiguità dell’Europa e del governo nazionale e portare a casa risultati tangibili? Sento già le obiezioni “siamo diversi” “abbiamo politiche opposte” “gli ambientalisti dicono no a tutto” “lo sviluppo si fa col mattone”. Così non si ottiene alcun risultato. Non esiste una politica bipartisan. Chiamare un professionista (riconosciuto) su un fronte diverso dal suo costituisce un reato di lesa opportunità. Scegliere i migliori dei settori sopracitati per supportare chi governa non si può. Necessita una radiografia dell’appartenenza.
La Sardegna non è povera come tutti si ostinano a dire. In questa regione si muovono realtà aziendali importanti che hanno bisogno (per sfortuna) della politica per continuare a crescere. Penso alle cantine, ai produttori di olio, ai formaggi, alle aziende impegnate nel turismo a quelle dell’innovazione tecnologica. Spesso autentiche eccellenze. Mi spiace tratteggiare questi scenari. Ma proprio perché disprezzo il catastrofismo a buon mercato è giusto fare una operazione verità. Lunedì mattina ho incontrato un centinaio di ragazzi che partecipano al progetto La Nuova@Scuola. Li ho trovati entusiasti ma molto inquieti per il futuro. Ho spiegato che molto dipenderà da loro. Se da adulti perderanno per strada i valori che oggi li accompagnano la società rimarrà così com’è. Anzi peggiorerà. Ho ripetuto più volte: non fatevi omologare. Sapete perché la Sardegna non è Milano? Sui temi di fondo non riesce a fare squadra (pensate alla battaglia sull’Expo proposta da Letizia Moratti di Forza Italia e sostenuta da Prodi e Veltroni). Nel tessuto connettivo della nostra classe dirigente non compare un’idea condivisa di sviluppo. Se vuoi crescere non puoi farcela da solo. Né tantomeno cambiare strada a ogni tornata elettorale. Diceva Leonardo Sciascia, pioniere dell’impegno civile, che la sicurezza del potere si fonda sull’insicurezza dei cittadini. Non servono i proclami ma un progetto per migliorare la vita dei sardi.