Addio al carbone nel 2025 ma l’alternativa non c’è
di Giuseppe Centore
Il vertice con la Todde non chiarisce le strategie, Regione e sindacati perplessi Sul metano ribadito il no alla dorsale: esultano gli ambientalisti
01 febbraio 2020
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CAGLIARI. Da riunione tecnica su come garantire l’addio al carbone per la Sardegna, a incontro sui massimi sistemi dove non si è deciso nulla, nemmeno un calendario di incontri, il passo è breve. Ma è quello che è andato in scena ieri a Roma alla molto affollata riunione al Ministero dello sviluppo economico. Istituzioni (compresi i rappresentati dei territori interessati) parti sociali e associazioni ambientaliste si sono riunite in quello che doveva essere un incontro propositivo per capire come il sistema energetico sardo possa rinunciare al carbone tra cinque anni senza andare in tilt e mandare in tilt la rete nazionale. Eppure passi avanti non ce ne sono stati. Anzi secondo l’assessore all’industria Pili «profondamente delusa» dall’esito dell’incontro, si è messo in discussione pure il Piano energetico recentemente approvato e inviato all’Unione europea. Piano che ha valore di legge e che non può essere ignorato.
Lo scenario. Al 2025 il carbone bruciato a Fiumesanto e a Portovesme dovrebbe sparire. Ma le due centrali producono una ampia quota dell’energia sarda. E con le infrastrutture attuali di rete non è possibile sostituire quei megawatt, oltre 1000 in tutto, con le rinnovabili, nè importarle dal Continente. La nuova rete transtirrenica se va bene nascerà tra dieci anni. Rimane quindi il metano. Ma per essere utilizzabile il sistema del metano sardo deve essere interconnesso, sicuro e conveniente, a meno che qualcuno non pensi ad alimentare le centrali a gas con i carri dai piccoli depositi costieri, oggi previsti a Oristano e a Cagliari. Ma Enel ed Eph vogliono un sicuro sistema di trasporto, assicurato dalla dorsale.
Lo scontro. Ed è sulla dorsale, progettata da Enura, la joint-venture di Snam e Sgi, che si sono scontrate i rappresentati al tavolo, con i sindacati, uniti, nel chiedere tre cose al governo: tempi certi sui progetti, percorsi chiari nelle strategie, risposte univoche a imprese e istituzioni. «Il confronto è stato utile ma non ha fatto registrare alcun passo in avanti – ha detto Michele Carrus, segretario della Cgil – la decarbonizzazione è obiettivo indispensabile e raggiungibile solo con il metano, su cui sono tutti d’accordo, ma occorre anche chiarirsi sulle modalità con cui si porta e si usa, perché, per noi, deve arrivare a tariffe perequate col resto del Paese ed essere distribuito nel modo più efficace, conveniente e sostenibile». Analoga posizione è stata espressa da Luigi Loi e Giovanni Tavera della Uiltec. «Il governo non ha dato certezze sui tempi e sul futuro reale del settore rimandando il tutto a prossimi incontri. È necessario l’uso del metano per riconvertire le centrali esistenti, ma serve la dorsale, infrastruttura essenziale. La Sardegna non può essere l’unica regione italiana, elemento che contrasta con i dettami costituzionali, che subisce la mancanza del metano con le sue ripercussioni economiche, imprenditoriali e sociali. Serve una presa di posizione governativa certa sull’arrivo del metano in Sardegna e dei suoi costi, che siano in linea con i costi del resto d’Italia, per dare certezze ai lavatori interessati e alle aziende che rimangono in attesa di certezze politiche e strategiche». I sindacati hanno avuto una sponda dalle due imprese interessate. Secondo i resoconti e in assenza di posizioni ufficiali di Enel ed Eph, entrambe hanno ribadito che non sono interessate a costruire alcun rigassificatore o deposito nelle loro aree, ma solo a usare il metano quando arriverà. Eph pensa a riconvertire solo uno dei due gruppi di Fiumesanto, lasciando l’altro a biomasse (ipotesi non gradita al ministero), ma soprattutto entrambi hanno detto che rimarranno fermi sino a che il governo non farà scelte chiare e definitive.
Gli ambientalisti. Entusiasti invece gli ambientalisti che con Legambiente vedono nei depositi costieri (ma quelli oggi in progettazione e in costruzione a pieno carico assicurerebbero se collegati da Oristano o Cagliari a Portovesme e Porto Torres pochi giorni di autonomia alle centrali a gas) la soluzione per dire addio al carbone. Italia Nostra invece è convinta che il cavo transtirrenico si possa fare (Terna parla di progetto “ab origine”) in cinque anni e che le autorizzazioni della commissione di Valutazione di Impatto ambientale del ministero dell’Ambiente alla dorsale, già emesse, rappresentino solo la volontà di alcuni dirigenti e non quella del ministero.
Le conclusioni. Il sottosegretario Alessandra Todde, ha ribadito che l’isola merita il migliore del progetti energetici possibili, e che «l’operazione di abbandono del carbone sarà portata avanti con interventi mirati, in grado di mantenere in condizioni di sicurezza il sistema elettrico nazionale. Il Ministero dell’Ambiente, presente al tavolo, ha espresso in maniera chiara che ad oggi non è stata data nessuna autorizzazione sulla dorsale e che gli unici pareri favorevoli sono quelli delle commissioni VIA che non appartengono al Ministero. È emerso che gli unici progetti approvati in fase di realizzazione sono i depositi ad Oristano e che di conseguenza non esiste alcun progetto di rigassificatore. Inoltre, il Pniec ribadisce che il metano è fonte energetica di transizione per le aree produttive sarde». Sconcerto da Regione, imprese e sindacati. Percorso ancora lungo, incerto e tortuoso. E il tempo si riduce.
@gcentore. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
Lo scenario. Al 2025 il carbone bruciato a Fiumesanto e a Portovesme dovrebbe sparire. Ma le due centrali producono una ampia quota dell’energia sarda. E con le infrastrutture attuali di rete non è possibile sostituire quei megawatt, oltre 1000 in tutto, con le rinnovabili, nè importarle dal Continente. La nuova rete transtirrenica se va bene nascerà tra dieci anni. Rimane quindi il metano. Ma per essere utilizzabile il sistema del metano sardo deve essere interconnesso, sicuro e conveniente, a meno che qualcuno non pensi ad alimentare le centrali a gas con i carri dai piccoli depositi costieri, oggi previsti a Oristano e a Cagliari. Ma Enel ed Eph vogliono un sicuro sistema di trasporto, assicurato dalla dorsale.
Lo scontro. Ed è sulla dorsale, progettata da Enura, la joint-venture di Snam e Sgi, che si sono scontrate i rappresentati al tavolo, con i sindacati, uniti, nel chiedere tre cose al governo: tempi certi sui progetti, percorsi chiari nelle strategie, risposte univoche a imprese e istituzioni. «Il confronto è stato utile ma non ha fatto registrare alcun passo in avanti – ha detto Michele Carrus, segretario della Cgil – la decarbonizzazione è obiettivo indispensabile e raggiungibile solo con il metano, su cui sono tutti d’accordo, ma occorre anche chiarirsi sulle modalità con cui si porta e si usa, perché, per noi, deve arrivare a tariffe perequate col resto del Paese ed essere distribuito nel modo più efficace, conveniente e sostenibile». Analoga posizione è stata espressa da Luigi Loi e Giovanni Tavera della Uiltec. «Il governo non ha dato certezze sui tempi e sul futuro reale del settore rimandando il tutto a prossimi incontri. È necessario l’uso del metano per riconvertire le centrali esistenti, ma serve la dorsale, infrastruttura essenziale. La Sardegna non può essere l’unica regione italiana, elemento che contrasta con i dettami costituzionali, che subisce la mancanza del metano con le sue ripercussioni economiche, imprenditoriali e sociali. Serve una presa di posizione governativa certa sull’arrivo del metano in Sardegna e dei suoi costi, che siano in linea con i costi del resto d’Italia, per dare certezze ai lavatori interessati e alle aziende che rimangono in attesa di certezze politiche e strategiche». I sindacati hanno avuto una sponda dalle due imprese interessate. Secondo i resoconti e in assenza di posizioni ufficiali di Enel ed Eph, entrambe hanno ribadito che non sono interessate a costruire alcun rigassificatore o deposito nelle loro aree, ma solo a usare il metano quando arriverà. Eph pensa a riconvertire solo uno dei due gruppi di Fiumesanto, lasciando l’altro a biomasse (ipotesi non gradita al ministero), ma soprattutto entrambi hanno detto che rimarranno fermi sino a che il governo non farà scelte chiare e definitive.
Gli ambientalisti. Entusiasti invece gli ambientalisti che con Legambiente vedono nei depositi costieri (ma quelli oggi in progettazione e in costruzione a pieno carico assicurerebbero se collegati da Oristano o Cagliari a Portovesme e Porto Torres pochi giorni di autonomia alle centrali a gas) la soluzione per dire addio al carbone. Italia Nostra invece è convinta che il cavo transtirrenico si possa fare (Terna parla di progetto “ab origine”) in cinque anni e che le autorizzazioni della commissione di Valutazione di Impatto ambientale del ministero dell’Ambiente alla dorsale, già emesse, rappresentino solo la volontà di alcuni dirigenti e non quella del ministero.
Le conclusioni. Il sottosegretario Alessandra Todde, ha ribadito che l’isola merita il migliore del progetti energetici possibili, e che «l’operazione di abbandono del carbone sarà portata avanti con interventi mirati, in grado di mantenere in condizioni di sicurezza il sistema elettrico nazionale. Il Ministero dell’Ambiente, presente al tavolo, ha espresso in maniera chiara che ad oggi non è stata data nessuna autorizzazione sulla dorsale e che gli unici pareri favorevoli sono quelli delle commissioni VIA che non appartengono al Ministero. È emerso che gli unici progetti approvati in fase di realizzazione sono i depositi ad Oristano e che di conseguenza non esiste alcun progetto di rigassificatore. Inoltre, il Pniec ribadisce che il metano è fonte energetica di transizione per le aree produttive sarde». Sconcerto da Regione, imprese e sindacati. Percorso ancora lungo, incerto e tortuoso. E il tempo si riduce.
@gcentore. ©RIPRODUZIONE RISERVATA