Muntoni (Delphina): «Fiduciosi per la prossima stagione turistica»
Il direttore generale di Delphina intervistato dopo aver ricevuto a Torino il premio come “Impresa Vincente” da Banca Intesa
Cagliari «Buone sensazioni». Così sintetizza la missione al Travel Experience di Rimini, Libero Muntoni, direttore generale di Delphina, la società premiata il 19 ottobre da Banca Intesa a Torino. Muntoni conferma che solo un hotel del gruppo, quello di Cala di Falco, rimarrà aperto per tutto ottobre. Gli altri hanno appena chiuso e riapriranno ai primi di maggio. Delphina nasce nel 1992. Oggi la sua collezione di attività alberghiere è composta da 12 hotel, 6 centri thalasso, due residence e 24 ville. L’azienda può contare, caso emblematico, su un suo tour operatore interno “Amica Delphina” che commercializza tutte le strutture del gruppo. Nell’amministrazione operano circa 80 persone a pieno regime, quasi tutte sarde, mentre durante la stagione estiva, in condizioni ordinarie, il numero dei dipendenti raggiunge il migliaio.
Rimini può essere l’occasione per fare un bilancio della stagione appena trascorsa e per ipotizzare la prossima.
«Ipotizzare è il verbo giusto. Con l’aria che tira meglio andare cauti in previsioni. A Rimini, che è una fiera per operatori abbiamo notato un grosso fermento, ma come questo si tradurrà in prenotazioni è ancora presto per dirlo. Di certo c’è che avremo a breve le prime verifiche perché raccogliendo in azienda le tre figure cardine dell’offerta (proprietà, gestione e commercializzazione) sapremo prima di altri che cosa succederà per la nuova stagione. Se riuscissimo ad archiviare il covid definitivamente e se le altre due variabili impazzite, guerra e aumenti incontrollati, ci facessero respirare, potremmo prepararci a una stagione coi fiocchi. La mia prudenza, per rispondere alla prima parte della domanda, è dovuta a cosa è successo in questi mesi: sino a luglio-agosto le premesse erano più che buone, poi il caro bollette, che per noi significano costi quadruplicati di milioni di euro, ha fatto sterzare la coda di stagione. Basta un nulla e rischiamo di perdere il buono che abbiamo fatto nei mesi precedenti. E tutto questo se guerra e inflazione non peggioreranno».
Il settore alberghiero e turistico in generale è uno dei più penalizzati dal caro-bollette. Molti operatori, per ammortizzare il costo dell’energia prospettano di far pagare l’aria condizionata a parte o valutano i consumi dei clienti per cercare di scaricare su di loro parte degli extracosti.
«Noi non lo faremo. Nessuna quota sul caro energia, magari un ritocco impercettibile sui listini, ma il cliente che viene da noi deve ricevere tutto ciò che i nostri alberghi promettono, nulla di meno. Il nostro obiettivo di essere il più possibile ecosostenibili rimane intatto, anche se ci costa e ci costerà di più. Da sette anni compriamo energia verde certificata, che ha un costo, ma consente anche di presentarsi con un bel biglietto da visita. Dall’anno scorso abbiamo avviato una piccola produzione di energia, ma il nostro obiettivo è rendere alcune strutture il più possibile autonome sul fronte dei consumi. Stiamo pensando di usare le pensiline dei parcheggi per il fotovoltaico, ma dobbiamo andare molto cauti per no avere alcun impatto paesaggistico e urbanistico. Se tutto andrà per il verso giusto il prossimo anno installeremo i pannelli nelle pensiline nell’hotel di Badesi, alle Dune.
Come avete cambiato in questi anni il rapporto con il territorio? Un resort del resto è quasi una isola autonoma da tutto ciò che la circonda....
«Fatta questa premessa il nostro obiettivo è esattamente agli antipodi. Vorrei tanto che i nostri clienti stessero più in giro e meno in spiaggia. La nostra azienda cresce solo se il territorio ne beneficia. Vogliamo spingere i nostri clienti a visitare il territorio e non a rimanere dentro il resort, anche se ci stanno benissimo. Il nostro vero valore aggiunto sono i luoghi dell’interno, la loro gente, i loro prodotti. Come Delphina abbiamo introdotto una “selezione Delphina”, con prodotti locali che promuoviamo e facciamo conoscere ai nostri clienti, che bevono birra di Tertenia ad esempio. Oltre il 70 per cento del nostro food proviene da locali. Una percentuale che dobbiamo elevare ancora».
Uno dei temi emersi nei recenti “stati generali del turismo” di due settimane fa a Cagliari è quello legato alla carenza di personale, anche qualificato nel settore turistico. Vogliamo far crescere il settore ma ci troviamo con poco personale e con i vertici delle strutture quasi tutti non sardi. Secondo voi quali sono le cause le quali le possibili soluzioni.
«Non credo che la ragione di questa difficoltà, enorme e gravissima, sia una, semmai si tratta di concause che preoccupano: alcune sono superabili, ma altre no. Comincio con le prime; più che il reddito di cittadinanza, che certo non ha aiutato, credo che i nostri giovani siano stati colpiti in questi mesi come da uno shock emotivo post-covid. Lo testimonia l’elevato numero di chi è volontariamente uscito dal mercato del lavoro, o ha definitivamente cambiato settore. Ma poi c’è un altro aspetto, secondo me sottovalutato ma grave, perchè non ricomponibile: c’è una modifica demografica irreversibile a breve nei nostri territori: i giovani in Sardegna stanno diminuendo drammaticamente. Lo vediamo nei nostri paesi della Gallura. I giovani non è che se ne sono andati: è che non ce ne sono proprio più, e si tratta di un fenomeno che si vede in una sola generazione. Con queste premesse trovare collaboratori sarà sempre più difficile».
E voi come avete fatto per arrivare a coprire i quasi mille dipendenti nei periodi di punta?
«A giugno abbiamo avuto qualche difficoltà nel trovare le persone giuste, poi li abbiamo trovati attraverso i canali tradizionali, agenzie comprese. Ma non è questo il nostro modo di operare. Tendiamo ad avere un turn-over molto basso, perchè puntiamo a fidelizzare il personale, riducendo i costi di formazione e mantenendo uno standard sicuro e già conosciuto. Non è sempre facile, ma è la nostra strada, che vogliamo continuare a percorrere».
Ultima riflessione sui vostri bilanci. Dal baratro del 2020 dovuto al lockdown con ricavi scesi a 26 milioni, rispetto ai 71 del 2019, siete risaliti nel 2021 a quasi 50 milioni. Una proporzione che si riflette anche nell’utile, negativo per 1,3 milioni nel 2020 rispetto ad un dato positivo di 2,6 nel 2019, e nel personale, dimezzato nel 2020 rispetto agli anni precedenti e oggi tornato quasi a valori standard. Il dato che emerge tra i tanti è il valore basso di oneri finanziari, rispetto ai ricavi.
«È una scelta che abbiamo fatto sin dall’inizio. Mio zio e mio padre hanno sempre voluto reinvestire i ricavi nella stessa azienda. Per questo motivo non abbiamo avuto necessità di aprire significative linee di credito. Non credo che sia una politica che cambierà nel futuro».
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