Energia dai fanghi, una start-up pronta a operare anche in Sardegna
Sistema innovativo presentato all’evento Sae
Cagliari Potrebbe nascere in Sardegna il primo impianto industriale di recupero di acqua, ammoniaca, idrogeno e altri minerali, dai fanghi di depurazione.
Il progetto è stato presentato da Daniele Basso, fondatore e amministratore delegato di Hbi, società presente nel Triveneto che ha brevettato un originale sistema cosiddetto “integrato poligenerativo”, che con altissime percentuali di recupero ricava ammoniaca, e da qui idrogeno, acqua, fosforo, macro e micro nutrienti dai fanghi. Il processo ha già avuto il suo battesimo a Bolzano, dove Hbi, ha impiantato il primo modulo industriale che riduce quasi a zero i materiali da smaltire. Un modulo dalla capacità di 1000 tonnellate anno, che ha lavorato per sei mesi, prima di prendere la via di Venezia dove è attivo da quattordici mesi.
Il progetto e la ricerca che sta a monte sono stati illustrati da Basso nel corso dell’evento che Sae Sardegna, la società editrice della Nuova Sardegna, ha promosso giovedì alla facoltà di Ingegneria a Cagliari su rinnovabili, ammoniaca e idrogeno.
«La tecnologia Hbi è una piccola rivoluzione nel trattamento dei fanghi di depurazione, per i quali, tra l’altro, l’Unione Europea ha aperto una serie di procedure di infrazione nei confronti del nostro Paese. Ogni cittadino produce quasi 20 chili di fanghi all’anno e recuperare il “tesoro” racchiuso in questi fanghi, trasformandoli in risorsa, è un vantaggio strategico». Il processo illustrato da Basso, non è solo teorico ma pratico. L’applicazione interessa un prodotto che in Sardegna è presente ogni anno per circa 20mila tonnellate. Di questi 12mila vengono riutilizzati in agricoltura e altri 6mila vengono smaltiti o recuperati. Due le direzioni di questi ultimi: essiccazione e successivo incenerimento, o riuso in agricoltura.
I costi di trattamento e smaltimento dei fanghi possono raggiungere e superare le 200 euro per tonnellata. E qui entra in azione la Hbi. Nata come startup a Treviso nell’ottobre del 2016 da Daniele Basso e Renato Pavanetto, in questi anni ha portato avanti le attività di ricerca e sviluppo e di business development a Bolzano, grazie alle partnership con la Libera Università di Bolzano, collaborando poi col Politecnico di Milano e l’Enea.
La soluzione di HBI per i fanghi da depurazione trasforma i comuni depuratori delle acque in “bioraffinerie poligenerative”.Una caratteristica distintiva della tecnologia HBI è che il sistema poli-generativo si può aggiungere a impianti già esistenti, senza occupare spazi significativi: per un sistema di trattamento da 100mila abitanti necessita di una superficie di poche centinaia di metri quadri dove installare i box.
I vantaggi di questa nuova tecnologia possono essere così sintetizzati: riduzione del 90% dei fanghi, recupero dell’85% dell’acqua contenuta nei fanghi, processo in continuo, zero emissioni, zero odori, energeticamente autosufficiente.
La tecnologia Hbi, con la collaborazione dell’Istituto di Chimica della materia del Consiglio Nazionale delle Ricerche, è frutto di più di 5 anni di ricerca e sviluppo, con oltre 200 test e 3 brevetti. Si usa il platino, con una struttura impercettibile particolare che consente la separazione dei diversi componenti. «La tecnologia sviluppata e brevettata da Hbi trasforma un rifiuto come i fanghi di depurazione in materiali rinnovabili, nella completa assenza delle emissioni. La nostra tecnologia – aggiunge Basso – consente di separare, e quindi recuperare, materiali ad alto valore aggiunto dai fanghi di depurazione e la natura autotermica dei processi, combinata con la possibilità di produrre energia rinnovabile dai fanghi stessi, consente al sistema di essere totalmente autosufficiente dal punto di vista energetico. Il contenuto energetico potenziale del fango, inutilizzabile a causa dell’elevato contenuto d’acqua nei fanghi stessi (superiore al 70%), viene reso chimicamente utilizzabile dal sistema e quindi impiegato, sotto forma di energia elettrica e termica, per sostenere l’impianto».
Hbi ha, inoltre, sviluppato e brevettato un dispositivo mediante il quale il sistema integrato risulta essere completamente privo di emissioni. I materiali estraibili su cui oggi Hbi si sta concentrando sono l’ammoniaca e i nutrienti, quali il fosforo. In prospettiva, si potranno separare ed estrarre anche altri materiali, a tutti gli effetti rinnovabili totalmente sostenibili e a zero emissioni.
E qui entra in gioco la Sardegna. «Siamo interessati a operare anche nell’isola perchè vediamo un ambiente molto promettente: ottime università, un sistema di impresa vivace, attività complementari, come quelle illustrate dai vertici di Società Chimica Assemini, che proprio nel ciclo della ammoniaca e dell’idrogeno basano i futuri business. Crediamo – conclude Basso – che anche qui come nel Veneto si possa applicare il modello di partenariato pubblico-privato, che consente una vasta gamma di modelli di cooperazione».