La scomparsa di Michela Murgia sulla stampa italiana
Ampio spazio alla morte della scrittrice sarda nei quotidiani nazionali
Sassari Ampio spazio sulla stampa italiana alla morte di Michela Murgia. «Addio guerriera – scrive Chiara Di Clemente sul Resto del Carlino –. Michela Murgia è morta a 51 anni, stroncata dal tumore ai reni che, aveva rivelato in un’intervista nel maggio scorso, era al quarto stadio, con metastasi “già nei polmoni, nelle ossa, al cervello”. Aveva detto, la scrittrice, in occasione del lancio del suo ultimo libro-testamento “Tre ciotole”, che un’operazione non avrebbe avuto senso, che ha ormai aveva pochi “mesi di vita”».
«In questi mesi – scrive Loredana Lipperini su La Stampa – Michela Murgia ha fatto sì che nessuna parola altrui sopravanzasse le sue: prima che questa notte di San Lorenzo la portasse via, ha scelto come raccontare la sua morte, nei libri, nelle storie Instagram, nelle feste di addio nel suo bellissimo giardino incantato conquistato con la forza e la testardaggine che erano parte integrante di lei, lo sono sempre stati. Lei si è raccontata da sola. Lo diceva, infatti, lo aveva detto sempre: se non si è in grado di sognare, si vive nel sogno degli altri».
«Nel 2010 – ricorda Francesco Rizzo sulla Gazzetta dello Sport – aveva vinto il premio Campiello con il suo romanzo più noto, “Accabadora”, ovvero la “sacerdotessa” della buona morte, opera che intreccia riflessioni sulla vita, la fine e la maternità nella Sardegna rurale. Ma Murgia ha scritto molto, lungo percorsi diversi, passando da temi spirituali a polemiche politiche. Dall’autobiografico debutto “Il mondo deve sapere”, sulle disavventure di una telefonista da call center (ispirò una commedia di Paolo Virzì), a saggi come Ave Mary (2019), riflessione critica sulla rappresentazione della figura femminile nella religione cristiana, fino a romanzi come “Chirù” (2015) e pamphlet come “Istruzioni per diventare fascisti” e “Stai zitta e altre nove frasi che non vogliamo sentire più”. Era schierata, Murgia, scrittrice femminista, dalla parte dei diritti civili, portatrice di una visione della società che, non solo a parole ma negli atti, tuteli e promuova la parità di genere e l’uguaglianza da ogni punto di vista (definì per esempio “agghiacciante” la politica dell'attuale governo in tema migranti)».
«La scrittrice – scrive Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera – era convinta che la sua fosse una terra colonizzata dagli italiani. Si era anche candidata alla presidenza della Regione: il programma era l’indipendenza, e aveva preso il 10% contro tutti i partiti. La ribellione contro le servitù militari imposte ai sardi era una delle cause della sua celebre polemica contro il generale Figliuolo, l’idea che affidare la campagna di vaccinazione a un militare rappresentasse una violazione delle libertà».