La Nuova Sardegna

Turismo

Case per i turisti, in Sardegna sono 25mila: ma gli affitti brevi snaturano le città e spopolano i paesi

di Salvatore Santoni
Case per i turisti, in Sardegna sono 25mila: ma gli affitti brevi snaturano le città e spopolano i paesi

Le locazioni lunghe ormai sono impossibili da trovare

22 ottobre 2023
4 MINUTI DI LETTURA





Sassari Centri storici gonfi di umanità e movida che poi, quando la stagione finisce, ritornano a essere piccoli e vuoti. Oppure paesini che in inverno contano poche migliaia di abitanti e in estate, grazie alle case vacanza, assumono la stazza da capoluogo di provincia. È la turistificazione, bellezza. Che ogni anno impatta sulle comunità dell’isola come un’onda anomala, riempie le tasche di molti ma trasfigura comunità e tessuti economici locali. È questa la nuova era del turismo mordi e fuggi degli affitti brevi, che però fa rima anche con spopolamento.

Comunità stravolte Le comunità si plasmano in funzione dell’accoglienza turistica e poi, quando la movida sbaracca, si spengono. Quando aumentano le case per i turisti, infatti, cambiano morfologia anche i quartieri: crescono i bar, i ristoranti e i market per turisti, che col tempo vanno a soppiantare l’ecosistema commerciale esistente. Oppure, come accade nel caso di Comuni costieri, vengono costruiti decine di chioschi sul mare che però restano chiusi e abbandonati 9 mesi l’anno. I servizi e sottoservizi ne risentono: la raccolta dei rifiuti va in tilt, i depuratori non riescono a trattare le cascate di reflui fognari.

Affari facili Questo modo facile e veloce di diventare extralbergatori è stato sdoganato dai colossi del web degli affitti brevi, che hanno rivoluzionato il modo e i tempi dell’accoglienza turistica anche nell’isola. In pratica è un affare asettico tra privati: uno incassa; l’altro dorme e si fa la vacanza. E i costi di gestione dei flussi di persone che si riversano nella comunità viene scaricato sulla collettività, cioè anche sugli abitanti “regolari” che dai turisti non incassano un centesimo.

La mappa dell’isola Oggi la galassia dell’extralberghiero dell’isola può contare su 25.667 strutture sparse nelle varie categorie: alloggi privati, bed and breakfast, affittacamere, boat and breakfast, case vacanze, ostelli e altro ancora. Sono censite attraverso un identificativo numerico unico (Iun), obbligatorio per chi non vuole incappare in sanzioni. Il database è costantemente aggiornato in base alle richieste che arrivano all’assessorato al Turismo.

Alloggi privati al top I sardi che hanno scelto di ospitare turisti in casa sono sempre di più. Nel 2019 erano 6.704 le case private a disposizione della filiera turistica. Nel 2022 sono più che raddoppiate salendo a quota 15.963, e quest’anno sono salite ancora fino ad arrivare a 21.381. Questo significa che il paniere dell’extralberghiero sardo è formato per l’83% da alloggi privati. E c’è un motivo: affittare casa d’estate in modalità alloggio privato, infatti, è molto più facile rispetto a dover gestire un bed and breakfast. Quest’ultima tipologia di attività è disciplinata dalla normativa regionale e comporta più obblighi e paletti per i proprietari. Nell’altro caso, invece, basta semplicemente utilizzare la formula di affitto breve: si firma un contrattino senza obbligo di registrazione, si applica la cedolare secca e si è in ordine anche con il Fisco.

B&b in calo Sono cresciuti anche gli affittacamere, passando dai 723 del 2019 ai 1.147 nel 2022, fino ad arrivare ai 1.341 di oggi. I bed and breakfast hanno vissuto anni di alti e bassi, nel senso che nel 2019 le strutture erano 2.881, nel 2022 sono scese a 1.942 e ora sono risalite a 2.177. A questi numeri vanno aggiunti anche quelli della tipologia “case e appartamenti per le vacanze”, che sono cresciuti costantemente tra 2019 e 2023, passando da 379 unità a 624. Nel 2022 la categoria alloggi privati e bed and breakfast da soli hanno raccolto oltre 400mila arrivi e 1,9 milioni di presenze.

Affitti brevi Nella scelta tra locazione lunga o breve sono molti i fattori che spingono i proprietari delle case verso la seconda: non c’è il rischio di inquilini morosi, si può usare l’abitazione per alcuni periodi dell’anno e, ovviamente, si guadagna di più. D’altronde come dargli torto se in tre mesi è possibile incassare la stessa cifra, se non di più, che incasserebbero in un anno? La differenza rispetto a un affitto tradizionale è notevole. Se poi si tratta di una città o un Comune costiero, allora non c’è proprio partita.

Turistificazione Tanto turismo porta soldi ma anche un problema di tutela nei nuclei storici e dei loro residenti. Se in un centro cittadino le case che prima erano abitate da residenti ora sono diventate case in affitto per una popolazione in transito, quel centro rischia di cambiare volto. Questo fenomeno ha un nome: turistificazione. Il dibattito nazionale nelle grandi città è mirato a contenerlo, preservando l’offerta di case in affitto residenziale, che sono sempre meno e più care.

Centri svuotati Con l’avvento degli affitti brevi non si trova casa per mettere su famiglia manco a pagarla oro. E i paesi si spopolano. Le famiglie vanno a vivere altrove, si concentrano nelle grandi città. E tengono la seconda casa in paese per affittarla durante le vacanze. Questi temi stanno infuocando anche il dibattito nazionale tra i sindaci, soprattutto di quelle città ad alta intensità turistica. La discussione è nata attorno alla bozza del ddl Affitti brevi, portato avanti dalla ministra al Turismo Daniela Santanché. Tra i sindaci d’Italia c’è chi, come Giorgio Gori di Bergamo, vorrebbe poter bloccare le nuove concessioni per affitti brevi almeno nei quartieri già “colonizzati”, così da alleggerire la pressione.

In Primo Piano

Video

Alessandra Todde: «La maggior parte del territorio sardo classificato come non idoneo per gli impianti Rinnovabili»

Il dramma

Castelsardo sotto choc per la scomparsa di una 24enne

di Salvatore Santoni
Le nostre iniziative