Carne coltivata, la Coldiretti dice “no” e il re della griglia Roberto Pintadu dice “nì”: «Proviamola»
Le posizioni del presidente dell’associazione e dello chef sardo all’indomani dell’approvazione del blocco da parte del Parlamento
Sassari A termini come “cibo sintetico”, “carne coltivata” o “artificial food”, lui – forse perché anche nel suono risulta più inquietante – preferisce quello di “prodotto di laboratorio”. Fatto sta che, comunque si scelga di chiamare questo tipo di alimento al centro di mille polemiche, una cosa è certa: Battista Cualbu, presidente di Coldiretti nonché numero uno del Consorzio dell’Agnello di Sardegna Igp, davanti al disegno di legge appena approvato dal parlamento italiano che ne vieta produzione e commercializzazione su tutto il territorio nazionale, ha tirato un bel sospiro di sollievo. «Cibo? Veramente – dice storcendo il naso – nel mio immaginario il cibo è il risultato di un processo naturale. Per questo noi di Coldiretti vogliamo che la carne sia allevata in modo tradizionale, ma anche che il vino si continui a produrre dall’uva, l’olio dalle olive e così via. E tutto ciò – aggiunge – vale ancora di più per la Sardegna, dove abbiamo la prova provata che anche grazie al fatto di mangiare sano il nostro entroterra è una delle cinque “blue zone” al mondo dove si vive meglio e più a lungo. Non bisogna mai dimenticarsi che noi siamo il risultato di quello che mangiamo».
Invece non chiude la porta a quello che chiama il cibo del futuro Roberto Pintadu, 49 anni di Tula, titolare del Bifrò, il ristorante di carne più di tendenza a Torino. «Verso la carne sintetica io non ho alcun pregiudizio – dice – se dovesse essere buona, perché non cucinarla e mangiarla? Se invece è una schifezza, pazienza, ne faremo a meno. Ma non mi sento di chiudere le porte a un cibo del futuro, così, per partito preso. Prima proviamolo, e poi si vedrà. D’altronde ad assaggiare non è mai morto nessuno, io ho mangiato le cavallette fritte e sono sopravvissuto, e non posso provare la carne coltivata?».
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