Club Med a Caprera, viaggio nel tempio delle vacanze chiuso da 18 anni
Per 50 anni è stato il cuore del turismo internazionale. Gran parte dell’area versa in stato di abbandono
Inviata a La Maddalena Da glorioso villaggio delle vacanze hippy alla francese a tempio decaduto. Il rilancio dell’ex Club Mediterraneé di Caprera, con un numero di alta magia è entrato e uscito dall’agenda politica della Regione in modo bipartisan. Nessuno può dirsi assolto. Dal 2006, quando il colosso francese dell’accoglienza decide di sigillare i 450 alloggi dal tetto di paglia sperando di trasformarli in suite di lusso. Per poi restituire definitivamente le chiavi dell’area demaniale all’unica proprietaria, la Regione, nel 2013.
In questi 18 anni il silenzio, la natura e il degrado si sono impadroniti di quei luoghi in cui fino al 2005 c’erano feste di ogni tipo, eventi, cene a tema. L’anfiteatro che ospitava spettacoli e musical, dove si ballava e si cantava tutta la notte, adesso ha il pavimento sconnesso, ricoperto di aghi di pino e terra. La zona delle cucine e dell’area ristorante è quella in cui il tempo ha fatto i maggiori danni. Impossibile entrare per il pericolo di crolli. Gli ingressi sono sbarrati con grossi tronchi di legno.
Sono invece intatti molti dei tucul all’interno dei quali i turisti dormivano. Numerati e con targhette nominative: Lien, Limpide, Pack. Ben conservato l’arredamento minimalista che caratterizzava gli originali alloggi cilindrici con il cappello di paglia: letti spesso a castello, armadi, comodino. Sono ancora tutti lì, sistemati alla fine della stagione 2005 per quella successiva. Mai iniziata. Altri tucul, quelli più esposti ai venti si sono piegati su un lato, altri ancora hanno collassato. Nonostante gli anni di oblio si sono conservati anche i servizi igienici e le docce, come i lavandini, tutti en plein air.
Il tetto dell’angolo bar con vista panoramica su Cala Garibaldi si è inchinato all’abbandono. La grande terrazza sul blu da cui si vedono anche le banchine di cemento ha il pavimento in parte sventrato. Le auto della vigilanza pagate dalla Regione fanno la ronda 24 ore su 24. Un nastro bianco e rosso ormai diventato sottile e arricciato indica che nella zona è vietato entrare, a meno che non si abbia l’autorizzazione dagli uffici cagliaritani. Alcuni cartelli piantati sui tronchi dei pini avvertono “Vietato l’accesso pericolo” con tanto di logo della Regione autonoma della Sardegna. Eppure, anche se dimenticato dalle istituzioni, questo angolo di Caprera trasmette ancora una grande bellezza. Lo fa con i colori del mare di Cala Garibaldi che sotto il sole d’inverno hanno sfumature di cristallo. Lo fa con i pini, fatti piantare dai Savoia, che si arrampicano quasi a fare il solletico al cielo. Lo fa con i profumi della salsedine che si mescolano alla fragranza del mirto, del pino, del lentischio e del ginepro.
Tocca alla Regione fare uscire dall’oblio questo angolo dell’isola amata da Garibaldi, in cui nel 1954 il colosso francese dell’accoglienza debuttò con il “Village magique” anticipando il turismo della Costa Smeralda. Un modello di vacanze in costume e pareo che dava lavoro a 150 persone e ospitava oltre 1200 turisti stranieri, francesi, belgi, svizzeri.
Il futuro dell’intera area non potrà che essere ricettivo-turistico. Il Comune lo ha messo nero su bianco nel Piano urbanistico, adottato la scorsa estate in adeguamento al Ppr. E su richiesta della Regione ha messo al lavoro gli uffici per sanare gli abusi edilizi fatti dal privato, quelli compatibili con la normativa. Passaggio fondamentale per poter affidare in concessione l’area demaniale di sei ettari in cui il cemento c’è già. E non sono quattro palettate. Si tratta di un pacchetto di 10mila metri cubi che comprende le basi su cui sorgono i tucul più bar, ristorante, anfiteatro, bagni. Ancora da capire se la concessione ai privati comprenderà anche i moli fronte Cala Garibaldi. Oggi inagibili e inaccessibili.