La Nuova Sardegna

La rapina

Sassari, il racconto dell'assalto Mondialpol: «Ci siamo barricati in palestra e nei bar, ora abbiamo paura»

di Luca Fiori
Sassari, il racconto dell'assalto Mondialpol: «Ci siamo barricati in palestra e nei bar, ora abbiamo paura»

Abitanti e commercianti di Caniga ancora sotto choc: «Abbiamo sentito una forte esplosione, poi gli spari»

01 luglio 2024
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Sassari «Abbiamo sentito i primi spari verso le 20.15. Sono corso fuori dal locale per capire cosa stesse succedendo e laggiù, vicino alla concessionaria, ho visto delle persone con il fucile in mano che sparavano ad altezza d’uomo, allora sono tornato al bar e ci siamo barricati dentro per più di un’ora».

Tre giorni dopo l’assalto armato alla sede della Mondialpol, negli occhi degli abitanti della borgata di Caniga, alla periferia di Sassari, sono rimaste nitide le immagini di un film d’azione che hanno vissuto da protagonisti e che ora - a mente fredda - fanno ancora più paura.

Marcello Idile, titolare del “Bar Le Vele” a metà mattina ripercorre i momenti drammatici di un’azione militare che da queste parti, prima di venerdì scorso, avevano già vissuto altre due volte. «Vada dentro, vada dentro, mi hanno gridato da quelle palazzine – racconta il barista – ho fatto in tempo a chiudere il cancello che abbiamo sentito un’esplosione fortissima, come una bomba carta. Abbiamo abbassato le serrande – prosegue – e quando una ventina di minuti dopo abbiamo provato a uscire dal retro, gli agenti della polizia locale ci hanno detto che uno dei rapinatori era scappato ed era meglio rimanere nel locale. Con noi c’erano quattro persone – conclude Marcello Idile – che come noi hanno avuto paura. È già la terza volta che succede, la gente di Caniga sta iniziando a non vivere più tranquilla».


A poche centinaia di metri da qui, all’interno della palestra “CrossTraining S1”, si sono vissuti gli stessi momenti di panico. «Una ragazza che era appena andata via dopo l’allenamento è tornata indietro – racconta l’istruttore Davide Martinez – e ci ha detto che stavano assaltando la Mondialpol, subito dopo abbiamo iniziato a sentire gli spari e allora abbiamo spento tutto e ci siamo chiusi dentro. C’erano diverse macchine dei nostri atleti nel piazzale, ma nessuno si è mosso da qui – prosegue – nel mentre abbiamo iniziato a ricevere telefonate e messaggi di amici e parenti che volevano nostre notizie. A un certo punto ho provato a salire sul tetto per capire cosa stesse succedendo – aggiunge Martinez – ma si vedeva solo fuoco. Sembrava veramente un film». Attilio Squintu, un avventore del Bar Le Vele ha vissuto invece l’assalto da dentro la sua auto. Stavo venendo verso Caniga – racconta – e quando ho imboccato il bivio per Porto Torres ho trovato la strada bloccata e quando ho sentito gli spari ho pensato di fare inversione e mi sono allontanato contro mano dalla stessa rampa. È la terza volta che assistiamo a queste scene – prosegue Squintu – io credo che la Mondialpol dovrebbe creare una barriere più consistente per difendersi, come magari un doppio muro in calcestruzzo, altrimenti ci sarà anche una quarta volta». Venerdì sera all’ora dell’assalto Claudio Migheli aveva già chiuso la falegnameria e non si trovava più a Caniga, ma ora ammette di avere un po’ di paura. «Dopo quello che è successo – racconta – è normale temere che possa ricapitare, però noi che abbiamo le attività qui dobbiamo andare avanti e cercare di vivere tranquilli. Quella sera ho saputo in diretta quello che stava succedendo dalle tante chiamate che ho ricevuto, sono felice di essermi trovato da un’altra parte della città». Per Costantino Enna che a poca distanza dalla Mondialpol possiede dei magazzini che prima ospitavano la sua officina è chiaro che qualcuno della zona ha dato una mano alla banda. «Io credo che senza un basista – spiega Enna – un’azione come quella di venerdì sia impensabile. Credo che gli inquirenti lo sappiano bene e spero che li prendano». Gabriella Pilo del supermarket Viro Sidis venerdì aveva finito di lavorare alle 19.30, mezz’ora prima dell’inferno di fuoco. «Grazie a Dio non eravamo qui – racconta – ma è chiaro che dopo aver visto quei video e sentito i racconti chi era qui un po’ di paura c’è». Il centro servizi auto di Marco Schintu è quasi confinante con la Mondialpol ma anche lui era appena andato via. «Mi ha chiamato mia madre che abita qui vicino – racconta – temeva che fossi ancora qui. I giorni precedenti non avevano notato niente di strano, diciamo che dopo il terzo episodio, ora c’è un po’ di paura».

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