Nubifragio a Bosa, dopo la paura conta dei danni e polemiche
Il sindaco Alfonso Marras: «Stato di calamità naturale». Il comitato Non ti Temo: «Pessima gestione del territorio»
Sassari Non solo la conta dei danni dopo il nubifragio di Bosa e la dichiarazione di “stato di calamità naturale”. Ma anche le polemiche per le eventuali responsabilità. Il comitato Non ti Temo prova a dare una lettura di quanto successo il pomeriggio del 19 agosto. Nessuno punti il dito contro il fiume e sui suoi affluenti, “colpevoli” a suo dire di aver solo cercato la naturale via per defluire tra canali tombati e occlusi. Il vero problema secondo il comitato e l’associazione Generazione mare è la cattiva gestione del territorio.
Canali tombati e occlusi Sul tavolo degli imputati finiscono per primi gli ostacoli e le ostruzioni dei corsi d’acqua. «La massa d’acqua arrivata dalle montagne di Montrestra, anziché defluire per gli antichi canali di sbocco al fiume, ha trovato mille ostacoli e ostruzioni. Assente o non funzionante il sistema di deflusso delle acque che pertanto ristagnano e allagano. E poi canali di scolo mancanti, tombati o occlusi, tombini e caditoie insufficienti o ostruiti da rifiuti e detriti che hanno ostacolato il normale deflusso delle acque al fiume».
Fiume da dragare Nel mirino anche il mancato dragaggio del fiume che non verrebbe fatto da oltre 20 anni. «Il letto del fiume che non ha più la portata naturale di un tempo. Il risultato è che le strade si sono trasformate in veri e propri torrenti che riversavano nel fiume enormi quantità di acqua sporca e detriti. Un allagamento che pertanto non è dovuto ad un supposto ‘nubifragio’, ma a una perpetrata errata ovvero mancata gestione del territorio».
Numeri e polemiche Il livello del Temo, secondo i dati forniti dal Comitato, non avrebbe mai superato i 30 centimetri. «Ciò ha fatto sì che l’acqua che scendeva dalle strade, dai giardini e dalle campagne scorresse senza creare nessun danno e allagamento. Il problema pertanto non è il fiume, ma la storica cattiva amministrazione del territorio. La soluzione non può essere la costruzione di un muro e di opere che canalizzerebbero il fiume creando un ulteriore impedimento allo scorrere e defluire naturale delle acque, causando un ulteriore importante pericolo per la città di Bosa, che potrebbe essere completamente sommersa dalle acque in piena. È importante sottolineare che gli studi che hanno portato alla progettazione della contestata opera di arginatura sono datati e non più attuali, in un contesto profondamente modificato sia per il territorio sia per gli eventi climatica».
La richiesta di incontro Il Comitato chiede di affrontare subito questi temi con l’amministrazione locale e con la Regione «nella persona del Commissario per il dissesto idrogeologico e presidente della Regione Alessandra Todde, per discutere possibili soluzioni che siano realmente efficaci per la salvaguardia dei Bosa dai gravi impatti quali quelli dell’evento di ieri e alternative alle “opere di difesa del rischio idraulico”».
Stato di calamità naturale «Abbiamo assistito a una perturbazione eccezionale, la protezione civile ci aveva comunicato allerta gialla. La città ora si trova in grandissima difficoltà a causa dei danni – aveva commentato qualche ora dopo il nubifragio il sindaco Alfonso Marras –. Siamo intervenuti attivando immediatamente il Coc, mettendo in campo tutte le forze di protezione civile per cercare di venire incontro ai cittadini e agli operatori pesantemente colpiti. Appena sarà possibile, la giunta dichiarerà lo stato di calamità naturale. Occorre accelerare i tempi per realizzare le opere di mitigazione».