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Il fotografo dei re e degli emiri è il sardo Antonio Saba

di Salvatore Santoni
Il fotografo dei re e degli emiri è il sardo Antonio Saba

Partito da Cagliari, adesso vive a Dubai e lavora per la famiglia reale. Scatta per grandi marchi e la sua ultima antologia è stata curata da Sgarbi

12 settembre 2024
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Sassari C’è un fotografo sardo – che in realtà ai suoi livelli bisognerebbe definire artista – che viaggia da un capo all’altro del mondo e ha piantato la bandiera dei Quattro Mori negli ambienti più altolocati del globo. Si chiama Antonio Saba, è nato a Cagliari ed è tra i professionisti più apprezzati soprattutto in Arabia. Vive a Dubai ma è difficile che dorma nello stesso letto per troppo tempo. La sua vita è dappertutto, tra famiglie reali, marchi globali della ristorazione e della ricettività extra lusso, personaggi di caratura internazionale, campagne pubblicitarie e progetti artistici ai massimi livelli.

Maestro, parliamo subito dei suoi clienti più illustri: le famiglie reali. Ci può dire chi sono e che tipo di lavori le hanno commissionato?

«Ho un rapporto di amicizia e collaborazione da diversi anni con una delle persone più importanti della famiglia reale di Dubai. Sono persone straordinarie e di grande cultura. Le mie collaborazioni con loro sono riservate e non posso raccontarle nel dettaglio, posso comunque dire che si tratta di progetti artistici e fotografici ai massimi livelli».

Ci racconti un po’ il suo percorso artistico e professionale.

«Ho preso la mia prima reflex in mani a 15 anni, sottraendola a mio padre. Ho coltivato la passione come tanti altri stampando in casa in b/n etc… Ho poi avuto la fortuna che lo Ied aprisse a Cagliari proprio nell’anno del mio diploma. Questo mi ha permesso di studiare Fotografia Pubblicitaria a livello universitario e acquisire la forma mentis di un professionista della fotografia, e quindi iniziare a esserlo dai 21 anni in poi».

Quanti anni aveva quando ha cominciato a girare il mondo?

«Ho iniziato a viaggiare in maniera seria intorno ai 24 anni, andando spesso negli Stati Uniti. Nel 1995 ho lasciato la mia società in Sardegna per un’esperienza a Los Angeles, dal quel punto in poi ho iniziato a viaggiare in tutto il mondo per riviste di viaggio, di food e di interni. Queste esperienze mi hanno formato per approdare definitivamente al mercato del lusso, settore in cui svolgo ancora oggi la maggior parte della mia fotografia commerciale».

Annovera fra i suoi clienti alcune delle più importanti catene alberghiere a livello internazionale. Ci può parlare di qualche suo lavoro?

«Sono uno specialista raccomandato da Waldorf Astoria, Peninsula, Hilton e ho lavorato per tutte le più importanti catene incluso Marriot, Shangri-la, Intercontinental, tra le altre. Faccio in particolare tanti servizi per le aperture dei nuovi hotel, progetti in cui realizzo tutte le immagini pubblicitarie che vengono poi utilizzate dalle strutture per la promozione. Ho realizzato davvero tanti di questi servizi».

Il suo curriculum è sconfinato, ma se dovesse scegliere uno dei lavori della sua lunga carriera, qual è quello che ricorda con più emozione?

«Ci sono due lavori straordinari. Uno è del 2004, anno in cui sono stato un mese e mezzo in Costa Rica per realizzare le 10 fotografie per la campagna pubblicitaria mondiale del loro Paese. Da allora vado in Costa Rica quasi tutti gli anni, è senz’altro uno dei posti che chiamo casa. La seconda, invece, è l’ultimo lavoro realizzato quest’anno per una nuova apertura del Waldorf Astoria Platte Island, una remota isola selvaggia delle Seychelles, lavoro che ha preso quasi due mesi di lavoro con una crew di 12 persone».

Come funziona il suo lavoro: come sceglie i soggetti, come matura un’idea?

«Riguardo la fotografia commerciale ricevo un briefing dal cliente, si individuano i punti di forza e i selling points del prodotto, mi viene quindi chiesto di elaborare un progetto che visualizzi queste caratteristiche col tono di voce adatto alla tipologia di offerta. Segue un sopralluogo, definizione di luce e inquadrature per le foto di architettura. Invece nel lifestyle la preparazione è più complessa, con casting dei modelli, moodboard per i vestiti e il make up. Per le mie produzioni fine art invece in genere vengo ispirato dai luoghi che incontro in giro per il mondo, dove immagino possa accadere qualcosa di straniante. Il processo creativo dura qualche mese o qualche anno, sino alla definizione dell’idea e alla realizzazione vera e propria. Sono dei veri e propri film dal singolo fotogramma».

Qual è la richiesta più bizzarra che ha ricevuto per un lavoro fotografico?

«Qualsiasi richiesta di fotoritocco esagerato, a cui dico sempre di no». A cosa sta lavorando ultimamente? «Al momento sto completando la postproduzione del mio lavoro per Hilton Seychelles, inclusa una immagine hero che verrà utilizzata in pubblicità sui billboards. In questo caso ho realizzato un’immagine onirica e il cliente se ne è innamorato eleggendola come immagine simbolo della presenza Hilton in Seychelles. Sto anche curando un libro fotografico non mio per un importantissimo publisher di New York e come photoshoot ho avuto un’estate pienissima con lavori in Europa e a Dubai».

Anche lei ha pubblicato dei libri.

«In carriera ho pubblicato diversi libri monografici. L’ultimo in ordine di tempo è uscito qualche anno fa, è un’antologia personale degli ultimi 15 anni, curato da Vittorio Sgarbi e Cristina Mazzantini. Si intitola Chasing Beauty, distribuito da Mondadori. Il libro svolge un percorso: dalle immagini della memoria, agli anni dei viaggi sino alle produzioni oniriche degli ultimi anni che ho esposto con la mia mostra personale “Oneirism” a Bangkok, a Dubai e, spero l’anno prossimo, anche a Milano in versione complete».

Lei parla di “fotografia dei sogni” ci può spiegare cosa intende?

«Come dicevo prima il mio progetto Oneirism è composto da immagini stampate in grande formato che hanno come soggetto dei frammenti di sogno, o comunque di coscienza alterata, dalla Dea del fiume che nel suo patio fa il bagno in una vasca col suo amante pescegatto, alle Naiadi nel lago sotterraneo di Grotta Giusti, ai miei astronauti viaggiatori del tempo, sino ad un’immagine ispirata da Sergio Atzeni e ambientata in una grotta di Oliena 5000 anni fa. Invito tutti a dare uno sguardo a queste immagini nella sezione conceptual del mio sito www.antoniosaba.com».

Cosa ne pensa dei selfie, e dell’epoca della condivisione massiva di immagini sul web?

«Lo trovo un fenomeno divertente, tante persone hanno trovato il gusto di fotografare e fotografarsi perché il telefonino ha azzerato le difficoltà tecniche, tanti si esprimono concentrandosi solo su composizione e qualcuno fa anche delle immagini gradevoli. Ovviamente nei selfie Narciso la fa da padrone, ma non la trovo una cosa negativa, anzi…».

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